Da alcuni mesi, se non anni, il dibattito pubblico della nostra comunità è letteralmente monopolizzato dalla questione seggiovie. Si tratta di un tema alquanto complesso, in cui le parti in causa non hanno mancato di esporre dettagliatamente le loro posizioni. Parlare oggi del Laceno significa rischiare di scadere in frasi fatte e concetti già espressi centinaia di volte. Con questo articolo vogliamo tentare una narrazione diversa. Al di là dell’epico scontro tra i grandi protagonisti, al di là di speranze e di sogni infranti: il lago, i prodotti tipici e i panorami del Laceno sono ancora lì. Nonostante tutto e tutti, a sette chilometri da Bagnoli Irpino esiste ancora un’incantevole altopiano! Ebbene, con quest’articolo ci ripromettiamo di riaccendere i riflettori su tre temi dimenticati e di lasciarvi con una piccola riflessione.
Prima di tutto, vogliamo affrontare il tema della monorotaia. Anche in questo caso è difficile non essere trascinati nel dibattito e nella faziosità politica di turno. Nonostante ciò, oggi abbiamo un’opera di cui è stato terminato il primo lotto e poi se ne sono perse le tracce. Come ben si nota dal castello, la montagna ha subito una profonda modifica e ingenti risorse economiche sono state spese. Da anni abbiamo una struttura inutilizzata ed esposta alle intemperie. C’è chi sale e chi scende nel toto-elezioni, ma è quasi ora di decidere il futuro della monorotaia. Il non decidere significa lasciare un danno ambientale, oppure perdere un’infrastruttura e la sua utilità economica. Non vogliamo ritornare sulle polemiche del passato: sicuramente avrebbe funzionato a meraviglia in caso tutte le attrazioni previste per il Laceno fossero state operative. Quindi valutandone i pro e i contro si potrebbe decidere di terminarla, come si potrebbe pensare di bonificare l’area e ripristinare il bosco. Infine, nulla nega la possibilità di una terza via: una riconversione.
Negli scorsi mesi molti dei paesani hanno condiviso video di monorotaie usate per adrenaliniche scorrazzate giù per le Dolomiti. Perché non pensarci? L’area si presta bene per un settore dedicato agli sport estremi. In primis, termina nelle prossimità del “bike park”. Come se non bastasse, a pochi passi è possibile cimentarsi in mozzafiato escursioni sull’orlo del burrone: tra le grotte del Caliendo (quindi anche spazio a percorsi speleologici) e la cappella rupestre di San Pantaleone. L’area del burrone è di per sé un’attrazione: c’è la possibilità di organizzare discese nella gola per gli amanti del “climbing” e di posizionare un “bungee-jumping”. Chi non vorrebbe invitare i propri nemici (forse anche il sottoscritto) ad andarsi a buttare in tutta sicurezza “a Calienti”? Tra i boschi di “Chianizzi” non disdegnerebbe un parco avventura per grandi e piccini, oppure un’area per il soft-air o il paint-ball. Troviamo ponti tibetani o “volo degli angeli” in località con molte meno potenzialità del Laceno, perché restare ancora alla finestra? (Tra altopiano, lago, grotte e seggiovie: non è patriottismo, ma un dato di fatto!) Solo strategie di ampio respiro possono sostenersi a vicenda, ma singole opere sparse sono destinate a fallire. Quando il visitatore termina un’attività deve averne subito un’altra da fare; ovviamente bisognerebbe integrare anche le attività sportive/ludiche già presenti da anni.C’erano una volta le grotte del Caliendo, si parlava di lavori e di una loro parziale apertura. Poi all’improvviso ne abbiamo perso le tracce e anche questo argomento è caduto nel dimenticatoio. Non si sente più parlare di prossimi interventi, di prossime aperture o di esposizioni/musei permanenti sulle stesse. (Se alcune aree non potranno mai essere accessibili, si possono ricreare in un museo multimediale) Bagnoli piange la perdita delle seggiovie, ma ha smesso di sognare nelle grotte e nel suo indotto. Tuttavia, bisogna segnalare come quest’estate siano state finalmente riorganizzate le escursioni dal gruppo speleologico e dal “Consorzio Laceno”. Infine, vorrei raccontarvi un’esperienza reale. Quest’estate è venuto a trovarmi un amico di ritorno dalle località balneari; in quanto gli avevo assicurato di vivere in una località turistica. Ebbene, ci siamo messi alla guida del suo camper ed ad agosto abbiamo constatato come a Laceno (“località turistica”) nel 2017 non ci sia un’area caravan/camping attrezzata. Sul web si definisce tale quella piazzola dirimpetto i residence, mentre la possibilità di scaricare le acque/avere energia, ecc… è rimessa al funzionamento della stazione di servizio. Nel mezzo di un’area incontaminata (tra la Lucciola e l’Acernese) troviamo, abbandonata a se stessa, una struttura: doveva essere l’area attrezzata del Laceno, ma oggi al massimo possiamo definirla un monumento all’incontinente ignoto. Non c’è posto migliore per campeggiare, ma non abbiamo eventi degni di nota per il ferragosto e neanche un’area decente per accogliere tende e camper. Essendoci una forte vocazione, forse, è giunto il tempo di decidere se puntare sull’area di fronte ai residence o se urbanizzare quell’area incontaminata. Per il momento restiamo un’ottima sosta per i caravan che nel contro esodo di ferragosto risalgono la penisola verso il Nord, ma non sappiamo venderci.
Tirando le somme il Laceno è ancora lì, ci sono ancora rosee prospettive. Possiamo ben dire come il meglio deve ancora venire, se avremo la volontà e il coraggio di crederci. Dal punto di vista economico il fallimento di una località non è del tutto un male: è semplicemente il libero mercato a punire un sistema non efficiente e a lasciare spazio a nuove iniziative. Un’economia funzionante è dinamica: muta nel tempo ed è costantemente aperta a nuove idee. Politiche paternalistiche e la chiusura del mercato in se stesso, portano al venir meno di nuove idee e al concentrarsi di troppe attività sullo stesso settore. Un modo per far sviluppare la località è procacciare idee e investimenti anche fuori dal paese. In fin dei conti, fu questa la politica di sviluppo degli anni d’oro (con villette e seggiovie). Una politica di sviluppo che ebbe il coraggio di pensare in grande, ma anche di rischiare e fallire (i progetti del circuito o di terminare i residence non sono mai riusciti). Sono ancora tanti i settori su cui mancano investimenti: basti pensare a quanto sia difficile trovare materiale per campeggiare o per escursioni, fino all’assenza di grandi strutture per matrimoni, di spa, di sport invernali diversi dallo sci, d’impianti sportivi, di campi da golf, di grandi concerti, di competizioni motoristiche, della valorizzazione della storia di Bagnoli e neanche la possibilità di volare sul Laceno (mongolfiere o deltaplani). Madre di tutti i mali resta però l’assenza di una strategia di marketing e l’oblio in cui sta sprofondando la località. Tutte queste sono mere farneticazioni volendosi confrontare con quelli che sono i gattopardismi della politica meridionale. Infatti, per riuscire nello sviluppo locale non c’è semplicemente bisogno di scaricare ogni responsabilità su singoli e confidare in altri enti. La politica locale deve saper giocare di squadra e fare lobby negli ambienti giusti. In poche parole il potere deve andare a prenderlo senza giri di parole: deve andare a prenderlo in quelli che sono i ruoli chiave del progetto pilota e della Regione. Una comunità ambiziosa deve saper tessere le sue reti e non dover dipendere da nessuno, altrimenti non sarà mai tale. In fin dei conti, come fece Michele Lenzi ad ottenere la ferrovia e tutte le altre opere per il progresso della nostra comunità? Historia magistra vitae!
P.S. Nonostante ciò, l’economia di una comunità non può basarsi esclusivamente su un unico settore. Bisogna anche diversificare e puntare su altro: altrimenti si è troppo esposti ai rischi del mercato (come vedete oggi). Inoltre, nel puntare solo sul turismo bisogna rammentare come non potremo mai essere tutti imprenditori. Si vanno a creare molti lavori subordinati a poco valore aggiunto: posizioni che non permettono il proliferare di nuove famiglie sul territorio. E’ bene pensare anche alle opportunità economiche del futuro e alla nostra area industriale. Grazie al web possiamo superare l’ostacolo dell’isolamento geografico e sfruttare le opportunità della digital economy. I fondi europei possono essere usati anche per riqualificare la forza lavoro locale e per attirare nuovi investimenti.
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