La nostra vita di cavatori al profumo di tartufo

Il Quotidiano del Sud

Lorenzo e Antonio Nicastro sono dei cavatori per hobby e per passione e non per lavoro, come meglio chiariscono a margine di questa intervista (ndr): “Abbiamo scelto di stare nel nostro paese e sfruttare tutte le opportunità che ci offre il nostro territorio per crearci un futuro”.


Lorenzo e Antonio Nicastro sono due fratelli di Bagnoli Irpino rispettivamente di trenta e ventisei anni. Sono cercatori di tartufi per passione.

Come è nata questa passione?
Sin da bambino vivendo qui a Bagnoli è quasi naturale affezionarsi alla montagna ed ai cani, insieme a mio fratello Lorenzo decidemmo di addestrarne due per cercare tartufi. Una parte fondamentale del merito è di nostro zio, che era un bravo cavatore. Così si chiama il cercatore di tartufi, ci incuriosiva molto quello che faceva lo zio e così iniziammo a crescere il primo cagnolino, man mano ci siamo sempre più appassionati fino a quando non è diventata una vera e propria, tra virgolette, occasione di lavoro.

Come si chiamano i cani?
Il beagle si chiama Nuvola e l’altro più piccolo si chiama Lula ed è un cocker.

Come si veste un cercatore di tartufi?
La prima cosa è avere le adatte per poter camminare in montagna in terreni impervi, pantaloni e maglie pesanti, in montagna fa freddo, bisogna proteggersi. Il “tascapane”, ovvero la borsa dove mettere i tartufi che vengono cavati con una paletta per aiutare eventualmente il cane nello scavare il tartufo e poi ricoprire il fosso, che è un’operazione fondamentale perché così si conserva l’habitat perché si riproduca un nuovo bulbo; da non dimenticare il berretto.

Quando si diventa bravi cavatori?
Bisogna avere molta passione e pazienza, poi i risultati vengono

Ci sono leggi che disciplinano la cavatura?
C’è bisogno di un’apposita qualifica che abilita alla ricerca, quindi viene rilasciato un tesserino che deve essere sempre in possesso del cercatore ed esibirlo ad ogni richiesta delle autorità competenti. In Campania il periodo di ricerca del tartufo, nome scientifico Tuber Mesentericum Vitt. , dal nome del botanico milanese Carlo Vittadini, che lo inserì nel volume “Tutti i tartufi d’Italia” nel 1835, va dal primo settembre al quindici aprile, salvo variazioni climatiche che non consentono il regolare svolgersi della ricerca, per cui si proroga di qualche settimana. Va inoltre rispettato l’orario giornaliero, da un’ora prima dell’alba ad un or dopo il tramonto.

Quali rischi si corrono?
Come tutti i mestieri ci sono i pro e i contro, il rischio maggiore di andare presto in montagna, dimora degli animali. Ci si può imbattere in qualche cinghiale, lupi… m basta essere attenti per evitare spiacevoli incontri.

Quando è prevedibile un’annata buona?
Si considera un’annata buona quando abbiamo un’estate piovosa e, secondo la tradizione degli anziani, anche quando fa tanta neve, così il terreno riposa e ci sono più opportunità.

I tartufi possono essere coltivati?
Attualmente si. Mediante tecnologie si è riusciti a micronizzare delle piante e così vengono fatte le tartufaie per renderle tartufigene.

C’è un periodo della giornata che si presta di più alla ricerca?
Penso che ogni momento è buono, un poco la bravura un poco la fortuna, però un vero cavatore preferisce andare la mattina presto.

Quanto è importante il rapporto tra il cane e il cavatore?
È fondamentale, inizia si dà quando si comincia ad addestrare, nei suoi primi mesi di vita, diciamo dai tre mesi. Tutto parte come se fosse un gioco, sappiamo che i cani in piccola età amano giocare e man mano che crescono, attraverso vari metodi, si perfezionano sempre di più fino a che non diventano dei veri campioni.

Qual è la differenza tra tartufo e scorzone?
Il nostro tartufo, il Nero di Bagnoli si trova nei faggeti, nelle pinete, invece lo scorzone è un tartufo estivo, Tuber aestivum, che ha la corazza molto più dura, e viene trovato nelle querce, nei vigneti, negli uliveti e si trova in periodi diversi. Quello che dà lustro alla nostra zone è il tartufo.

Cosa si prova quando il cavatore capisce che il cane ha trovato l’oro nero?
La sensazione più bella è l’attesa di sapere che cosa esce fuori, è un’emozione ogni volta che il cane cava.

È importante il tartufo nell’economia di Bagnoli?
Negli anni passati il paese era famoso per il tartufo e le castagne, questi due prodotti della terra consentivano di vivere sulla base di questo reddito, ma il fenomeno di cercar tartufi si sta diffondendo molto e i quantitativi si riducono

C’è competizione…
Direi di sì, ma come in tutti i mestieri, l’importante è il rispetto reciproco.

Il tartufo più grande che avete trovato?
Nel 2012 noi due abbiamo cavato un tartufo di quattrocentosettanta grammi, un’emozione indescrivibile, la ricordo ancora e mi auguro di ripeterla.

Il tartufo ha prodotto economia per Bagnoli?
Certamente se si pensa ad uno degli eventi più importanti della Campania, la sagra del tartufo e della castagna, che si tiene qui in paese da oltre quarant’anni, nell’ultimo week end di ottobre. vi partecipano migliaia di persone facendo registrare il pienone in tutte le strutture locali e dei paesi limitrofi.

Programmi futuri?
Il presupposto è che bisogna offrire continue novità e rendere interessante la permanenza dei visitatori. Detto questo, stiamo allestendo qui a Laceno, nella piazzetta dei Residence, una sala museale che raccoglie tutti gli attrezzi degli antichi mestieri che si svolgevano da queste parti. Vogliamo raccogliere la storia e testimoniare la trasformazione che si è avuta negli anni, al museo abbiamo dato questo nome: Laceno natura e storia a cura dell’associazione People Laceno.

Il tartufo come si conserva?
Il consiglio è mangiarlo fresco, invece per conservarlo lo si avvolge in un pezzo di carta da cucina e lo si ripone in frigorifero in un barattolo ermetico. Bisogna cambiare spesso la carta in modo da togliere l’umidità, oppure in un barattolo di riso che assorbe l’amido e non lo faccia marcire.

Come è preferibile mangiarlo?
Per esaltarne il gusto va grattato sull’uovo all’occhio di bue, ovviamente sui nostri ravioli ripieni di ricotta di pecora bagnolese, sulla tagliatella casereccia.

Vedete un futuro per questo mestiere?
Il nostro oro nero ha una grossa gamma di potenzialità se il territorio fosse ben gestito si potrebbe evitare che i giovani abbandonino il paese.

Il Quotidiano del Sud 27.01.2020
(di Pellegrino La Bruna)


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