Il Museo di San Francesco a Folloni

FAI Giovani Avellino

Il Museo di San Francesco a Folloni, istituito all’indomani del sisma del 1980, ospita una ricca pinacoteca di opere risalenti ai secoli XVI-XIX. Dopo il sisma del 1980 gli ambienti del chiostro cinquecentesco e dell’antico refettorio del Convento divennero il centro di raccolta di numerose opere d’arte della zona, molte delle quali bisognose di restauro.

Il Museo quindi, oltre a essere concepito come spazio espositivo, fu dotato di laboratori di restauro per le opere d’arte in transito che, una volta ripristinate, sono ritornate ai loro luoghi d’origine.

Entrando nella sala espositiva principale, corrispondente all’antico refettorio del Convento, si viene colpiti dall’affresco ottocentesco che occupa tutta la parete di fondo: “Il miracolo del sacco”, di Raffaele Marinari. Dal Museo è possibile accedere agli scavi archeologici dell’antico romitorio dei frati, risalente al primo insediamento francescano (1221-22).

Esso si innesta su un precedente edificio in muratura: lo storico Scandone ipotizzó che si trattasse delle rovine di un tempio pagano, trovandosi nel luogo in cui sorgeva la Montella romana, ma la tradizione francescana ha da sempre attribuito le rovine al ricovero dei briganti convertiti da san Francesco.

Gli scavi effettuati nel 2007-2008 sul lato sinistro del chiostro settecentesco, nella zona antistante il romitorio, hanno portato alla luce numerose sepolture terragne e una tomba a camera rettangolare, alcune delle quali risalenti ai sec. XII-XIII, che attestano l’esercizio di una pratica religiosa in situ prima dell’arrivo dei frati.

Recentemente il Museo è stato impreziosito dall’esposizione permanente degli abiti del Conte Diego I Cavaniglia (1453-1481), e di una croce astile in legno e lamina d’argento attribuita Paolo da Roma, risalente al 1457.

La giornea e il farsetto del Conte, rinvenute insieme allo scheletro nel 2003, le rappresentano il più antico e meglio conservato esempio di abbigliamento quattrocentesco italiano.

L’eccezionale restauro effettuato in dieci anni di lavoro dalla professoressa Lucia Portoghesi su resti che, al momento del ritrovamento, «avevano la consistenza della carta per effetto della disidratazione», ha restituito la magnificenza di questi abiti che sono l’orgoglio del museo francescano. L’unicità di questo rinvenimento è costituita dalla presenza della giornea della quale fino ad oggi non è stato reperito alcun altro esemplare, né in frammenti né integro.

La croce astile quattrocentesca, in legno e lamina d’argento, è invece attribuita a Paolo di Roma, orafo milanese attivo alla corte aragonese di Alfonso il Magnanimo.

Nel lato frontale riporta il mistero della passione e morte di cristo: al centro il Cristo crocifisso spirante, in alto l’angelo che incorona il Cristo, ai lati la Madonna addolorata e San Giovanni Evangelista, in basso San Bernardino da Siena. Sul lato posteriore della croce è invece rappresentato il mistero della Risurrezione: al centro il Cristo risorto benedicente, in alto la colomba dello Spirito Santo, in basso San Francesco stigmatizzato.

Una leggenda racconta che san Francesco, giunto a Montella, dopo aver chiesto ospitalità per la notte, fu scacciato e costretto a rifugiarsi nel bosco di Folloni, all’epoca infestato dai briganti, insieme ai suoi confratelli, passando la notte sotto un leccio. Quella notte nevicò abbondantemente e «quantunque non avesse cessato, in tutto quel tempo, di far assaissima neve, nulladimeno non toccò quella né l’albero, né il luogo ove i frati dormivano». Tutta la popolazione accorse la mattina dopo, e assistito al miracolo, chiese al Santo di lasciare nel luogo due frati affinché realizzassero un convento. Il leccio del miracolo fu conservato come reliquia sotto l’altare della chiesa per lungo tempo.

FAI – Fondo Ambiente Italiano
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