Il cielo sopra Avellino

di Antonio Cortese

Ad Avellino vi sono strade attigue intitolate Lenzi, Palatucci, Cione; in vicinanza di campi di nocelle ancora intatti, vergini e ingenui, che resistono ad alberghi, pub e stazioni di servizio. La terra sembra polvere di cioccolato dolce come il rimando alle vette dell’Irpinia che ne custodisce le genealogie predette.

Da piccolo nella periferia della città andavo a rubare le nocelle e il contadino mi seguiva sparando col fucile; poi si calmò e permise anche di costruire le casette di legno sugli alberi. Le terre poi lasciarono spazio a campi di calcio circondati da zolle di argilla e siepi di more selvatiche, dove sarebbero cresciuti bei palazzi.

Ritrovare queste macchie campestri che hanno ricalcato i ricordi con colori più intensi e vivi e che rimandano ad una estranea ma platonica parentela di Montella e Bagnoli, ha chiuso un cerchio della mia esperienza, da dove ricominciare sempre più a credere in determinati disegni delle stelle.

Antonio Cortese

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