Tommaso Aulisa e il Laceno d’Oro

di Antonio Cella

ll Laceno D’oro, senza Tommaso Aulisa, non sarebbe mai nato! Grazie alla sua lungimiranza e al suo cervello dalle capacità intuitive e operative fantastiche, al di fuori della norma, e al suo carattere disinvolto, vivace, riusciva a risolvere casi di difficile soluzione, senza mai far ricorso a suggerimenti esterni: agiva d’impulso. Tommaso teneva già stampato nei suoi programmi mentali cosa fare per portare sulla ribalta del successo le bellezze della sua terra, delle sue montagne, dei suoi prodotti naturali, delle sue ricchezze nascoste e, come sviluppare la prospettiva di benessere del suo paese, di cui era Sindaco, e dell’entroterra irpina che viveva in povertà.

Sindaco per più lustri; ispiratore e promotore di opere di urbanizzazione cittadina di notevole importanza sociale che, nei primi anni ’50 del secolo ventesimo, hanno dato nuova immagine e servizi efficienti al paese e alla comunità, tanto da farlo additare quale esempio di sviluppo e progresso sociale.

Ma ciò era poca roba. LUI voleva molto di più. Mirava d’investire sul binomio cultura-turismo per aprire le porte del successo della zona e per garantire alla moltitudine di disoccupati un’avvenire meno amaro. Ed ecco nascere i primi insediamenti negli chalet del Pianoro di gente di provenienza non soltanto campana; ed ecco nascere i primi ristoranti a gestione familiare diventati punto di riferimento di giovani sposi per allietare l’evento; e, ancora, l’avvento degli amanti della neve che, profittando delle comodità che loro offriva il paese, sostavano per lunghi periodi in alberghi locali. Insomma, l’economia del paese aveva cominciato a dare segni positivi.

L’incontro tra Tommaso e Pasolini avvenne per la prima volta, il 6 di settembre 1959 presso l’Albergo al Lago che, da quell’anno, ospiterà uno dei festival cinematografici più originali e importanti d’Italia. Ricordo che, in quella occasione, firmò anche a me, a Carlo Moscariello e a tante altre persone una copia del suo libro “Una vita violenta”. Ricordo, altresì, che in quella stessa giornata Pasolini ritirò per conto di Michelangelo Antonioni il primo premio del Laceno D’Oro. E, sempre in quella occasione, si intrattenne col Sindaco Aulisa per definire i dettagli organizzativi della seconda edizione.

Nei giorni della premiazione sono arrivati a Bagnoli il fior fiore dei registi e degli attori di ogni nazionalità: Carlo Lizzani, Cesare Zavattini, Alberto Moravia, Sergio Leone, Ettore Scola, Lina Wertmuller, Nanni Loy, Gillo Pontecorvo, Mario Monicelli, Tinto Bras, Luigi Zampa, nonché una molteplicità di attori che nel tempo sono diventati dei veri divi dello schermo: Claudia Cardinale, Gian Maria Volontè, Stefania Sandrelli, Ingrid Tulin, Valeria Moricone, Giancarlo Giannini, Vittorio Gasmann, Franco Nero, Gigi Proietti, Domenico Modugno, Milva e tanti altri. Il Festival aveva assunto la stessa fama e importanza di quello di Venezia.

Qualche giorno fa, ho letto un articolo riportato da Palazzotenta39 che mi ha fatto molto incazzare. Uno dei tanti articoli che ancora una volta magnificava, quali “fondatori” del Laceno D’Oro, Pier Camillo Marino e Giacomo d’Onofrio, intellettuali illuminati e progressisti, direttore, il primo, della rivista CINEMASUD e, collaboratore della rivista medesima, il secondo, senza fare alcun riferimento al vero fondatore della kermesse. Non prendetemi per un esagitato, ma credo proprio che la storia sia poco attendibile. A me fa tanto male e, credo, anche a tutti quelli che mi leggono, il notare che la figura del nostro compianto Tommaso venga messa da parte quando si tratta della titolarità (il marchio di fabbrica che, come una poltrona di incomparabile valore, venne abilmente sfilata da sotto il culo dei bagnolesi) di una “iniziativa” che, ancora oggi, viene imputata a personaggi che pur avendo notevoli pregi (non scordiamoci che il Marino era un valente critico cinematografico, sceneggiatore, attore e giornalista, vero ispiratore del cinema neorealista) debbano apparire come ideatori di un “sogno” non loro, maturato anni prima nella testa di un patito amante della montagna. Sogno, che nemmeno Pasolini avrebbe potuto vivere, se non fosse stato chiamato in causa da Tommaso per dare l’imprimatur alla nascita dell’ente culturale di che trattasi, e per fornire allo stesso garanzie riconducibili alla copertura finanziaria della manifestazione.

Lui, il poeta, il cineasta, lo scrittore di fama, aveva intravisto nei nostri monti, nei nostri boschi, nella nostra gente, le stesse genuine radici della civiltà contadina del suo Friuli: “…Ora, in un paese tra il mare e la montagna, dove scoppiano i grandi temporali, d’inverno piove molto, in febbraio si vedono le montagne chiare come il vetro, appena al di là dei rami umidi, e poi nascono le primule sui fossi inodore, e d’estate gli appezzamenti, piccoli, di granoturco, alternati a quelli verde-cupo dell’erba medica, si disegnano contro il cielo sfumato, come un presagio misteriosamente orientale…un paese di sogno, formicolante di gente contadina…buon vino, buona tavola, gente educata”.

Sono certo che oggi, se Pasolini fosse ancora tra noi, avrebbe fatto di tutto per evitare la sottrazione della titolarità del sodalizio al nostro paese.

Il 31 luglio 1960 Pasolini ritornò a Laceno, per la seconda volta, per presenziare la seconda edizione del Premio. Quell’anno fu molto proficuo per noi giovani. Fummo chiamati dal Comune per attrezzare, dietro compenso, una vasta area del pianoro di sedie e sedili vari per consentire alle autorità e a migliaia di avventori il comodo ascolto di un cantante che tuttora è molto amato in Italia e all’estero: Domenico Modugno.

Antonio Cella

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