Quasi giornalmente sempre con fede e devozione mi reco alla cosiddetta Prima Cappella, situata ai piedi del monte che porta al Santuario del Santissimo Salvatore di Montella.
Costruita nei primi anni del 1900, a devozione di un benefattore con la collaborazione di fedeli montellesi si erge su una piccola altura circondata da alberi, con un piccolo piazzale con al centro un croce in pietra (la croce re li Carmini) che prima era situata all’incrocio della strada che sale verso la chiesa della Madonna del Carmine (nei pressi dell’attuale stadio Guido Basile); quando poi fu costruita la strada per il Santuario (anni 30), fu fissata in prossimità della Prima Cappella.
Mi siedo sui gradini in pietra sotto la croce e di fronte come in un incantesimo ammiro con tutto il suo splendore il santuario, con la strada e i suoi tornanti che accarezzano la montagna sacra e riesco a notare anche la Seconda Cappella, immerso in questo scenario misto di fede e bellezza unica, riaffiorano nella mia mente i ricordi che come la strada, mi portano sul sacro monte.
Il primo pensiero va verso tutti quelli, che con fede e devozione hanno realizzato la strada: per un attimo è come se sentissi le loro voci, i canti di gioia nel raggiungere la meta. Immagino poi, i pellegrini scalzi che con fede e devozione e amore, con passo spedito e sicuro, cantando gli inni al Salvatore, raggiungevano la vetta e tanti in ginocchio, facevano i gradini della chiesa , fino all’altare per ringraziare il Santissimo.
Ricordo del racconto che mi fece il vescovo Mojaisky, per un periodo risiedeva presso il santuario, ed una volta in piena notte bussarono alla porta dove alloggiava con insistenza, ed era una famiglia di immigrati montellesi, che dalla Svizzera, tornavano al proprio paese. Nel viaggio con la macchina erano usciti indenni da un gravissimo incidente stradale, la prima cosa, non appena arrivarono a Montella fu quella di salire nel buio della notte, sul sacro monte, per ringraziare in ginocchio Gesù Salvatore. Fu un momento di commozione indimenticabile, pieno di fede e gratitudine verso il Salvatore.
Questo episodio mi fa collegare alla mente, a proposito di cittadini montellesi emigranti, con una esperienza diretta.
Mi recai negli USA, ospite di una famiglia montellese residente a Philadelphia e appositamente mi feci costruire una statuetta in gesso del Salvatore dal bravo ora sacerdote Don Gildo. La statuetta era bellissima da vedere ma preoccupati che nella valigia per il trasporto si potesse rompere. Giunto a destinazione, aperto la valigia, con gioia presi la statuina intatta e la posai con grazia sul tavolo: ecco come d’incanto un raggio di sole ne illuminò il volto, tutti i presenti scoppiarono in un pianto misto di felicità e commozione che durò qualche minuto, una scena incredibile. Nei giorni successivi, la statuina , divenne meta dei vicini e dei parenti (una processione).
Il Santissimo Salvatore, è ormai il simbolo, sempre presente nel cuore dei montellesi, sparsi in ogni parte del mondo. Seguendo i ricordi ad un tratto, sento il suono soave e melodioso della campana santa, i suoi rintocchi penetrano nel cuore e nell’anima, divenuti ormai tradizione con una melodia inebriante per tutta la vallata (quante mani spellate!).
I pensieri, in seguito sfumano, con tristezza e rammarico, sento solo l’abbaiare dei cani, il rumore assordante dell’escavatore nella cava di fronte, non vedo più i pellegrini che con fede e devozione inneggiavano al Santissimo, mentre salivano, attraverso i tornanti sul Monte.
Come vorrei tornare indietro e non mi resta che sperare che il Santissimo, ci faccia ritrovare la nostra fede, non lasciandoci soli, volgendo il suo sguardo benevolo verso di noi e in modo che porga la sua mano potente e ci risollevi dalle cadute….. Abbi pietà di noi amabile Salvatore.
Ne approfitto per fare un grosso saluto agli amici di Bagnoli e ai lettori di Palazzo Tenta 39.
Carmine Marano ’60
(da Fuori dalla Rete Marzo 2024, anno XVIII, n. 1)
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