Ci sono stati anni peggiori nella storia del mondo? Certamente, ma la maggior parte di noi, oggi in vita, non ha mai visto nulla di simile. Dovremmo avere più di 100 anni per ricordare la devastazione della prima guerra mondiale e circa 80 per conservare un ricordo della seconda guerra mondiale e dei suoi orrori.
Questa è la storia di un anno che non vorrei mai più rivivere.
Il mio maledetto 2020 è incominciato il 21 gennaio con la rottura del femore…e terminato inizio dicembre quando il coronavirus ha fatto visita al mio corpo.
SI, questo 2020 è stato il peggiore anno mai vissuto dalla stragrande maggioranza di persone, a causa di un maledetto virus originato, FORSE, da un pipistrello, che ha sconvolto praticamente tutto il pianeta e fatto morire circa 1,5 milioni di persone in tutto il mondo.
Se il 2020 fosse un film distopico, probabilmente lo spegnerei dopo 10, 15 minuti.
La minaccia più debilitante, quest’anno, è stata il senso di impotenza contro un nemico vigliacco che colpisce a morte i più deboli, riuscendo a separarci purtroppo con successo.
Abbiamo trascorso innumerevoli ore, giorni, racchiusi nei nostri solitari globi, guardando un mondo che sembrava andare in pezzi.
Abbiamo visto nei notiziari, equipe di operatori sanitari, infermiere addormentarsi stremate, dottori con i loro volti segnati, i loro occhi pieni di stanchezza… a volte incapaci di trattenere le lacrime, descrivere la loro triste routine quotidiana: guardare i pazienti morire quando non potevano più tenerli in vita.
Ogni sera, a un orario prestabilito, molti di noi si affacciavano alle finestre, armati di pentole e cucchiai di legno o semplicemente della nostra strana cacofonia di voci umane, e sollevavano un putiferio a sostegno di quegli “eroi”.
Era il minimo che potessimo fare, solidali in un momento in cui eravamo disarmati di fronte a una pandemia, non avendo nessuna idea di come affrontarla, se non isolarci per evitare di essere contaminati.
Siamo a fine pagina di questo strano calendario, e chissà, ci domandiamo se forse abbiamo imparato qualcosa in questo 2020.
Nelle nostre città, nei nostri villaggi, quando ci veniva detto che non dovevamo uscire per niente, tranne che per qualche esercizio occasionale, le passeggiate al sole sono diventate la cosa più preziosa.
Quanto siamo stati fortunati a poterlo fare, almeno!
In periferia le nostre routine ristrette hanno aperto nuove strade alla creatività: ci siamo allontanati dalla nostra superficiale quotidianità per sorprenderci ad ammirare un tramonto spettacolare, o finalmente affrontare un sentiero escursionistico che avremmo sempre voluto esplorare.
Quando poi, finalmente i musei e le biblioteche hanno riaperto, limitando con cura la capacità, siamo stati in grado di riprendere conoscenza con qualche buon libro e i dipinti che amiamo.
Avvicinarsi ed esaminare una pennellata vecchia di 400 anni ti connetta con l’umano che l’ha data. Vale la pena ricordare che il Rinascimento è nato proprio quando la peste nera ha decimato gran parte dell’Europa. Michelangelo e Rembrandt dipingevano alla sua ombra; la peste ha preso la vita di Tiziano.
Dopo una piccola luce di speranza di questa estate, una seconda ondata di Covid, ancora più cattiva, ci ha svuotati delle restanti energie… Siamo stanchi, siamo ansiosi, ma non possiamo arrenderci. Sappiamo esattamente cosa vogliamo: continuare a rimanere sani e vivi, e lo stesso deve valere per i nostri vicini per i nostri cari.
Le terribili immagini dei giorni peggiori della pandemia, quando il numero di morti continuava a salire… Come cancellare quei camion refrigeranti che si mettevano in fila per impedire ai cadaveri di marcire, non avere nessuna idea di come, o se, questo orrore potesse essere arginato.
Quanti nipoti cercano ancora i loro nonni; quanti figli piangono le loro mamme, i loro papà…I più fortunati hanno dato loro l’ultima carezza su uno schermo di telefonino.
Tutte le regole e restrizioni alla lunga ci hanno stancato. La voglia di abbracci e baci, si fa sentire ancora di più in questo periodo Natalizio, ma è primordiale essere vigili, non abbassare la guardia.
L’italiano è intrinsecamente ottimista. Siamo una nazione con i pollici perennemente bloccati nelle nostre bretelle. Il nostro ottimismo è forse il nostro tratto più debole, ma è anche il più grande.
Forse l’inizio della fine di questa terribile pandemia s’incomincia a intravvedere con l’arrivo dei vaccini… Almeno ci offre la speranza che presto tutto ritornerà come prima.
Gino Di Capua
(da Fuori dalla Rete, Dicembre 2020, anno XIV, n. 6)