Dagli Appennini alla Francia, impianti fermi e previsioni choc. Idee e soluzioni.
Le montagne senza neve d’inverno che si vedono risalendo l’Appennino emiliano fino all’arco alpino francese ci ricordano che il cambiamento climatico è purtroppo una scelta impopolare. Esistono tecnologie che possono aiutarci a ridurre la nostra impronta carbonica, ma non c’è nessuna tecnologia che possa sostituirsi a una inconvenient truth, una scomoda verità come la chiamava un documentario del 2006 scritto da Al Gore: l’ambiente richiede scelte difficili ed è impermeabile agli slogan. La non-neve sugli Appennini ma anche sulle Alpi che ha rovinato la stagione natalizia appena chiusa è un caso per certi versi ideale per rendersene conto: appare locale ma è globale. Sembra interessare solo gli sciatori e invece colpisce tutti.
Senza un fiocco
Le piste brulle e senza un fiocco di neve a dieci gradi centigradi sono un problema, senza dubbio. Non tanto per noi sciatori che non possiamo goderne visto che esistono altre opzioni, ma per le economie locali che vivono e spesso sopravvivono grazie al turismo bianco. L’Abetone, storica località legata a Tomba, ha chiesto al Governo lo «stato di calamità». Nessuno può negare che dopo gli anni del Covid un inizio di stagione così non ci voleva proprio, non solo in Emilia Romagna.
Météo France ha previsto che con queste condizioni tra venti anni l’innevamento artificiale non basterà più a compensare la carenza di neve. E secondo l’Università di Basilea a metà del secolo non ci sarà più neve sotto i 1.800-2000 metri.
I cannoni
Perché allora non puntare a usare i «cannoni high tech» capaci di produrre neve anche ad alte temperature come si è domandato per primo, aprendo il dibattito, il governatore della Regione tra le più colpite Stefano Bonaccini?
In Italia lo sta sperimentando Bolbeno, la località sciistica più bassa (575 m.). Dal punto di vista scientifico esistono diversi ottimi motivi per non farlo. Il primo è quello che impariamo tutti a scuola: per la neve servono temperature, almeno notturne, dal grado zero in giù. Non esistono veri «cannoni» capaci di invertire il corso del meteo e il destino del clima. Sarebbe fantascienza, non scienza. Quelle di cui si parla per gli Appennini si chiamano «fabbriche per la neve» e c’è un motivo dietro la scelta lessicale: stiamo parlando di container che producono di fatto del ghiaccio al proprio interno e che dovrebbero essere posti sulle piste a breve distanza l’uno dall’altro. Talvolta uno sopra l’altro come un piccolo condominio.
Immaginate una processione di frigoriferi giganti sul bordo della pista come una lenta ma inesorabile fila sull’autostrada. Uno scempio per chiunque ami la montagna. Non possiamo distruggere l’ambiente per sciare a tutti i costi come ha detto l’ex ministro di Romano Prodi, Giulio Santagata, che sugli Appennini ci è nato. Le stesse società che li producono sottolineano che non sono dei sostituti dei cannoni, ma possono servire per innevare le «pistine» dei bambini, quelle di raccordo o lo spiazzo di arrivo.
Il secondo motivo è che, anche se è vero che gli sviluppi tecnologici stanno permettendo di ridurre il consumo energetico dei cannoni se li confrontiamo con quelli delle passate generazioni, produrre neve a dieci gradi è quello che ci sembrava quando si parlava di piste di sci nei Paesi arabi: una follia climatica. Sebbene questo «ghiaccio» abbia una maggiore resistenza della neve, dieci gradi rimangono dieci gradi. Vuole dire continuare a tenere accese le macchine giorno dopo giorno per cambiare il corso della natura. Il consumo di energia rimarrebbe un costo enorme per il bilancio del cambiamento climatico così come lo spreco d’acqua. È una soluzione adatta a problemi circoscritti.
Conversione economica
Parliamo di abbattere la CO2 per l’industria, figuriamoci se ha senso produrla per sciare. Certo, rimane il tema della conversione economica delle località montane, con tutte le incertezze: il trend del cambiamento climatico è chiaro ma questo non vuole dire sapere se non nevicherà il prossimo anno. Clima e meteo non coincidono. E nei prossimi giorni finalmente è attesa la neve. Il punto è che nel cambiamento climatico non esistono soluzioni win-win in cui tutti vincono, ma purtroppo non possiamo escludere scenari in cui tutti perdiamo.
Ps. Chi scrive, a scanso di equivoci, è un accanito sciatore.
di Massimo Sideri – Corriere della Sera 07.01.2023