Monte verdazzuro,
tatuato da viottoli d’argento,
ingioiellato da fiori d’oro di ginestra
e da rocce di zaffiro e d’ametista;
tu che svetti nel cielo di cobalto,
solenne e maestosa
l’immensa piramide animata
dei tuoi mille alberi annosi,
tu m’insegnasti a salire,
a scalare le vette;
tu m’insegnasti a gioire.
Perciò t’amo!
Tu m’insegnasti a fuggire
dai miasmi appestanti,
delle iniquità
dei relitti umani,
nelle città brulicanti.
Perciò t’amo!
Dalla tua sommità
respirai l’aria purificante
il corpo e lo spirito;
e a nuova luce
la vista aguzzai
per scoprire e distinguere
le cose più lontane,
che solo dall’Alto guardate,
d’ogni bruttezza si nettano
e di mistica bellezza s’ammantano.
Perciò t’amo!
Nel silenzio profumato
della verde pace
del tuo altopiano,
costellato di margherite bianche,
in riva al placido laghetto
dove il Salvatore
apparve al figlio
di San Benedetto,
richiami sublimi
e melodie di Paradiso
ascoltò l’anima mia,
mentre l’eco della voce di Dio
mi risuonava nel cuore.
Tu, dunque,
anche la vera ragione d’essere
M’insegnasti, montagna diletta!
Perciò ora e sempre, più che mai,
t’amo, t’amo, t’amo!
Onorio Ruotolo
(da Fuori dalla Rete, Marzo 2022, anno XVI, n. 2)