Anatomia di un comizio (rancore che non morirà mai)

di Antonio Cella

Nell’anno di grazia 2008 ho potuto soppesare, grazie ad un comizio elettorale, ciò che ancora restava nel nostro paese della ipertrofica massa di fedelissimi demitiani che, per più lustri, da quando l’eclettico uomo politico di Nusco ha mosso i primi passi       verso la conquista del Parlamento italiano, lo hanno supportato col “voto di scambio”. Per arrivare a tanto, ho dovuto pronunciare un discorso provocatorio: frecciatine allusive, pizzicotti urticanti, lontani anni luce da quelli che una volta si lanciavano, senza risparmi di inenarrabili epiteti, da palchi e balconi addobbati all’abbisogna con bandiere rosse e scudi crociati. Comizio, il mio,  assai tranquillo, per niente arrabbiato, fuori dalla serie di cui si serviva l’on. Angrisani (socialdemocratico) quando schermagliava contro l’on. Sullo (democristiano), persona di tutto rispetto, quest’ultimo: colto, onesto, serio, munito di pazienza serafica e spiccata professionalità.  Nel corso del comizio, che di seguito vi riporto pedissequamente, non ho mai pronunciato il nome del più famoso politico italiano che, non scordiamolo, ha ricoperto incarichi di prestigio che hanno inorgoglito finanche i suoi più viscerali avversari.

La figura dell’uomo DE MITA, giudicata col senno di poi, è tutt’altra cosa. E’ un misto di intelligenza, di sapienza, di capacità di analisi, di indole politica intuitiva, di invidiabile sagacia e, direi anche di una grande carica di altruismo come ho potuto osservare dallo scandaglio del suo essere verso chi gli invocava aiuto. Ultimamente, quando già la soglia degli ottant’anni era stata abbondantemente superata, grazie ai pregi sopra menzionati, lui, per un innato senso di sopravvivenza, riusciva a far convergere nel suo harem gran parte di elettori di estrazioni politiche assai lontane dalla democrazia cristiana. Ora vi chiederete: cosa c’entra il comizio e l’anonimato di De Mita in tutto questo. C’entra! E vi spiego il perché. Premetto, intanto, che a Nusco di Sant’Amato ce ne sono sempre stati due, entrambi distributori di grazie e di benefici. Quello cui mi riferisco, appartiene al secondo tipo.

Ritornando al comizio, nel momento clou dello stesso, mi lasciai prendere dal bisogno di dire come funzionassero realmente le cose: misi sotto accusa famiglie locali, con abbondante rispetto dell’anonimato, che, grazie al voto, avevano usufruito benefici di vario tipo. Non l’avessi mai fatto! Immediatamente scattò nei miei confronti la molla dell’ostracismo (accettato, beninteso,  con nonchalance) e con esso anche la certezza della loro attinenza partitica.

La durezza del De Mita politico verso alcuni bagnolesi caparbi nasceva dalla mescolanza surrettizia, tendenziosa, di opinioni e fatti inventati che gli trasmettevano i suoi consigliori (gelosi del loro idolo, considerato di loro esclusiva “proprietà”) i quali, a distanza di molti anni, ancora creano scompiglio nella conduzione amministrativa del paese e, anche oggi che non c’è più, riescono a trascinare il pensiero pulito, onesto, di quell’uomo, in piccoli conflitti partitici di basso conio.

Leggetevi, per favore, quanto di seguito riportato. Non sono un essere antropocentrico, né tanto meno un narcisista intellettuale. Non lo sono mai stato. Appare utile ricordare, pertanto, che la verità, in politica, non paga e, come declama il saggio cinese, “meglio una bugia detta bene che cento verità” anche se spesso sono causa di rotture dei rapporti intimi, famigliari, che investono la complessività dei sentimenti, delle delusioni e dei desideri.

Bene. Ora ritorniamo insieme nel 2008, per la rivisitazione del comizio incriminato. Buona lettura.

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Nel ripresentarmi su questo palco, alieno da ambizioni e interessi personali, ho semplicemente obbedito ad un dovere civico, così come feci qualche anno fa quando, senza tener conto del target politico e della formazione mentale di alcuni elementi che componevano la mia lista elettorale, mi calai in una competizione scialba, piuttosto estranea, impropria, caratterizzata da un imprinting che non mi entusiasmava più di tanto, al solo fine di non abbandonare voi tutti nel momento in cui Bagnoli mostrava le sue ferite.

Sapete bene come finì quell’avventura.

Stasera mi presento a voi dallo stesso palco, in piena campagna elettorale. Essa, per me, rappresenta un’opportunità, quella che mi consentirà di discutere, di ascoltare tra uomini liberi la voce del paese, per mettere insieme le nostre forze per la necessità di ricondurlo nello splendore degli anni passati quando, per operosità,  per spirito di  iniziativa, per ricchezza di interventi e di costruzioni di opere di varia natura, ha fatto parlare di sé, quasi con invidia, con meraviglia, i paesi che lo circondano, additandolo come esempio di sviluppo, di progresso e di civiltà.

Il mio paese, oggi, non è più come prima: è stato calato in un buco nero, in un oscurantismo dal quale difficilmente riuscirà a liberarsi.

 Svegliatevi, giovani! Datevi una mossa! Non svendete la vostra intelligenza ai manipolatori di false prospettive!

Il mio progetto per la gioventù bagnolese è stato ed è quello di combattere ciò che caratterizza la politica del baratto. Politica che ha le sue scaturigini sulla collina di Sant’Amato: è giunta l’ora di far valere diritti e meriti. Politica che, per una infinità di anni, ha miracolato sempre e soltanto i soliti noti. A fronte di tante problematiche che affliggono i nostri giovani, la risposta è stata completamente sbagliata. Anzichè stare qui a romperci le corna, disseminati in più liste elettorali, sarebbe stato meglio se avessimo fatto uno scatto, una svolta per gettare insieme le basi per dare vita ad una nuova, diversa politica. Nuova, soprattutto negli uomini e diversa anche nella metodologia. Ci sarebbe dovuto essere un vero e proprio “patto per Bagnoli” che ci consentisse di affrontare le negatività e le problematiche che lo affliggono, spiegando le migliori risorse, fisiche e intellettuali, negli schieramenti partitici e coinvolgendo, nel contempo, in maniera trasversale la società civile, cioè VOI.

Si sono costruiti schieramenti in assoluto disprezzo di qualsiasi ricerca di unità e con una corsa forsennata ad occupare, o rioccupare, tutte le caselle del potere. Non avendo fatto dette scelte, le liste contrapposte alla nostra, sicure di essere premiate dall’elettorato, si sono impregnate di personaggi i quali, per aver rivestito ruoli diversi nelle amministrazioni pregresse e abbracciate scelte sciagurate che hanno inciso, concimato, la genesi dello scempio attuale, non avrebbero mai più dovuto osare di aspirare ad un ruolo determinante nell’esecutivo che guiderà nell’immediato il nostro Comune.

E, prima di scendere nei particolari riconducibili alle liste appena accennate, credo sia cosa buona consumare insieme quattro passi nella storia del nostro Comune per rivivere, con uno sguardo retrospettivo, l’operato dei Sindaci e dei componenti degli esecutivi che si sono susseguiti a far data dal 1946 ad oggi, non fosse altro per soddisfare la voglia di capire qual è stata la molla che ha fatto scattare, nonostante i tempi di vacche magre, quel meccanismo (sicuramente da imitare) che ha sprigionato l’energia, la spinta propulsiva, che ha proiettato Bagnoli verso il progresso, che già negli anni sessanta veniva preso a modello nell’intera Regione Campania. 

Esse, complessivamente, sono state 23, comprese alcune che si spensero nel giro di poche settimane di attività.

Per motivi di spazio, mi limiterò a citare soprattutto quelle che si sono distinte per operosità, non considerando, ovviamente, la matrice politica delle stesse. 

 Il 14 novembre del 1946, in concomitanza col Referendum Istituzionale e le elezioni dell’Assemblea Costituente, svoltasi il 2 giugno dello stesso anno, i Bagnolesi furono chiamati alle urne per eleggere l’Amministrazione Comunale. RODOLFO CIONE, insegnante elementare, fu il primo sindaco del periodo post-bellico. Il suo ufficio durò pochissimo, circa 8 mesi. Era, il maestro Cione, espressione dell’elemento notabilare del paese. La sua Giunta, piuttosto eterogenea, comprendeva un miscuglio di sostenitori democratici cristiani, di monarchici e comunisti. Ma, si sa, in quell’epoca più delle idee contavano gli uomini e i mezzi per governare, in assenza dei quali l’Esecutivo del Cione ha potuto dare quasi niente alla comunità bagnolese. Va riconosciuto, tuttavia, allo stesso di aver fatto tutto il possibile per consentire ai bagnolesi, attraverso il dissodamento di una parte del Pianoro Laceno, di poter coltivare una zolla di terreno per uso famigliare.

Dal 1946 al 1952 si sono cimentati nell’amministrazione della cosa pubblica 4 esecutivi, guidati dai seguenti Sindaci: Scolavino Tobia, Bettua Aniello, Trillo Michele e Meloro Alfonso. Esponente di spicco, tra i quattro, fu sicuramente il farmacista Trillo che capeggiò la lista del Partito d’Azione. La sua “equipe” ebbe il merito di avviare la costruzione dell’acquedotto comunale, captando le acque della sorgente Tronola, e la costruzione delle palazzine popolari del Rione San Vito. Grazie al Trillo e alla sua Giunta i bagnolesi si sono potuti vantare di avere avuto l’acqua nelle loro case già nei primi anni cinquanta. Un traguardo irraggiungibile per tanti paesi dell’Irpinia e, direi quasi, d’Italia, alcuni dei quali a tutt’oggi hanno carenze strutturali e di approvvigionamento. Grazie, dott. Trillo.

Dal 1962 al 1964 e, ancora, dal 1970 al 1975, per diciassette lunghi anni, è TOMMASO AULISA il deus ex machina. Nel 1952, tanto per citarne una, scesero in campo due raggruppamenti: il primo, formato dal Partito Comunista e dal Partito Socialista, sotto il simbolo della “tromba”; il secondo, formato dalla Democrazia Cristiana, dal partito Socialista Democratico, dal gruppo Monarchico e dai nostalgici del fascismo, sotto il simbolo del “cigno”. La formazione capeggiata da Tommaso Aulisa ebbe la meglio, sia pure per pochi voti di scarto. Poi, fu tutto un crescendo rossiniano: le sue vittorie sono sempre state nette, pulite. Sotto la sua guida, si è potuto assistere alla trasformazione radicale del paese, grazie alla sua fervida mente, che molti notabili del paese hanno osteggiato per l’impronta riformista.

Imponenti opere pubbliche furono eseguite coi fondi comunali, tra cui: l’apertura della variante per il Laceno; il serbatoio per l’acquedotto; la costruzione di altre case popolari e la costruzione della rete fognaria su tutta l’area urbana. In quell’eccezionale periodo amministrativo, Bagnoli e Laceno si trasformarono in permanenti cantieri di lavori. Nacquero, allora, i gabinetti pubblici in Piazza Leonardo Di Capua e i bagni pubblici in Via Abiosi; la copertura del vallone San Vito e la costruzione della chiesetta a Laceno; le cupole dell’Istituto Tecnico e il progetto (con relativo finanziamento) per l’ampliamento del cimitero ed altre opere che non cito, dovendo fare spazio agli oratori che parleranno dopo di me. Ma le opere che rappresentano il fiore all’occhiello delle amministrazioni ad impronta aulisiana furono: la cessione gratuita ai cittadini di suolo pubblico edificabile in località Vigna dei Monaci; la cessione di suolo pubblico edificabile sul Laceno per la costruzione dell’attuale villaggio; l’istituzione del Laceno d’Oro, che ebbe un successo internazionale e la realizzazione del Piano di Assestamento boschivo sotto la guida del prof. Generoso Patrone dell’Università di Firenze, grazie al quale tutte le famiglie poterono usufruire, con una minima spesa per il trasporto, l’approvvigionamento della legna da ardere per diverse invernate. Mi impegnerò personalmente, nel caso dovessi essere eletto, di dedicare l’intestazione di una strada del paese, di una piazza, al Sindaco più prolifico di opere e di pensiero, morto dodici anni or sono. All’eclettico Tommaso Aulisa vanno aggiunte, inoltre, le capacità organizzative, la formazione culturale di stampo illuministico, la fantasia e il coraggio di rischiare.

Grazie soprattutto a te Tommaso.

Non va taciuto, inoltre, il contributo dato al progresso di Bagnoli dall’Amm/ne democristiana in carica nel periodo 1964-1970 retta dal Sindaco ins. Ermenegildo PARENTI. Amministrazione attiva, la sua, quanto quella dell’Aulisa, sotto cui nacquero la costruzione dell’acquedotto Fontanarosa-Bagnoli, l’anello stradale del Pianoro Laceno, la strada Laceno Lioni, la bitumatura della strada Laceno-Pianomigliato e la strada Colle Mulella-Vallepiana. Tutte opere di grande importanza sociale e di collegamento della nostra zona con i paesi del salernitano e delle zone confinanti con la Puglia.

Un cenno di merito va riconosciuto anche all’Amm/ne capitanata da Alfonso Meloro, che ha gestito gli anni difficili del post-terremoto. Buona parte del merito va ascritta, peraltro, alla mente dell’esecutivo: prof. Aniello VIVOLO, che dedicò anima e corpo alla soluzione delle problematiche del momento, sottraendosi all’affetto dei familiari in tenera età. Uomo d’impegno e di parola, sempre presente e disponibile in ogni momento delle sue lunghe giornate. Era LUI che promuoveva e seguiva da vicino le cose più importati da realizzare, tra cui la difficile opera di ricostruzione delle abitazioni cittadine, grazie ai finanziamenti disposti dal Governo Centrale.

 Anche la Giunta di centrosinistra, di Federico LENZI, è passata agli onori della storia locale. Nell’arco temporale 1983-1988 ha edificato opere di primaria importanza quali: il piano regolatore del paese, la costruzione degli alloggi IACP e, dulcis in fundo, la grande opera di conduzione del gas metano nelle abitazioni del paese.

Le amministrazioni che seguirono, infine, non credo che abbiano brillato per operosità: hanno fatto più male che bene, facendo scivolare il nostro Comune nella graduatoria dei paesi meno progrediti della nostra regione.

In questa breve carrellata, vi ho presentato gli uomini che hanno fatto grande Bagnoli. Gli stessi uomini che, (con le casse comunali quasi sempre vuote) senza nuotare nell’oro, hanno saputo trasformare un paesino in una ridente cittadina; un ranocchio in una splendida regina. E noi faremo tutto il possibile per emulare il loro modo di amministrare il denaro pubblico, operando con la stessa oculatezza e determinazione.

Il 1988 è l’anno che segna l’inizio della conquista del Comune da parte dei fedelissimi di Sant’Amato e, purtroppo, segna anche l’inizio del degrado del paese da imputare, come dicevo dianzi, esclusivamente a classi dirigenti incapaci, pressappochiste, che per anni hanno scaldato gli scranni del municipio.

 Nello stesso anno, avvenne il debutto politico del Signor “X”.

Premetto che, fino a qualche giorno fa, non avevo nei confronti del candidato, adombrato dalla lettera “X”, né pregiudizi né livori. Anzi, lo consideravo un signore perbene. Oggi, però, dopo quello che ha tentato di fare a mio danno, debbo ricredermi. Il signor “X”, dicevo, da quel lontano1988 non si è mai fermato, tranne per una piccola pausa per incidente di percorso che l’ha relegato in panchina. La sua è stata una presenza continua per circa 18 anni. Una presenza fissa, silenziosa, caratterizzata dall’inattività, dal poco impegno e dal dispregio delle regole che fanno dell’individuo l’uomo. Per questo, in 18 anni, non ci siamo mai accorti di lui, perché non ha costruito niente di buono, ha soltanto demolito l’immagine di Bagnoli. Poi, ha superato se stesso quando ha avuto l’improntitudine di chiedere ai miei fratelli di votare per lui. Questo è il mio rammarico.

Conosco tutti voi. Conosco le difficoltà di essere cittadini di questo entroterra irpino; ascolto e percepisco i disagi della vostra realtà, gli sforzi quotidiani cui siete chiamati soprattutto sul fronte dell’occupazione. Conosco i vostri figli, i loro sacrifici per raggiungere col 110 e lode l’agognata laura che, purtroppo, giace nel tiretto del comò di mamma, custodita come reliquia d’incommensurabile valore che, purtroppo, nella cruda realtà della nostra comunità ha scarso potere d’investimento, di superamento delle barriere che dividono il titolare della stessa dal mondo del lavoro, che annullano e disdegnano le capacità individuali di merito se non si è parte integrante di un sistema, di una cupola, di una casta come quella che Sant’Amato presiede e dispone a suo piacimento.

Ditemi, chi di voi ha mai avuto qualcosa da Sant’Amato? Chi di voi è in attesa di essere miracolato? Non fatevi magare dalle promesse dei venditori di chiacchiere: ravvedetevi! A loro interessa soltanto il vostro voto per deporlo, in segno di eterna sudditanza, ai piedi del santo di Nusco e non per avere indulgenze plenarie, ma per il solo scopo di allungare gli artigli su orizzonti lavorativi da far occupare, nelle varie aziende, dai loro congiunti e non dai vostri figli, in onta al merito e alle professionalità degli stessi.

E’ così che la società si ammala, dando lo stura allo sfilacciamento morale e culturale, già debole per motivi ascrivibili a diversi fattori, tra cui la criticità della ripresa economica, che negli anni sessanta aveva fatto sperare in un futuro meno grigio del solito.

Sant’Amato, poi, è specialista nel mettere le persone sbagliate nei posti di responsabilità. Non agisce in modo politicamente e socialmente corretto. Lui se ne strafotte se la preparazione del medico è mediocre e se i calcoli sbagliati di uno sprovveduto architetto portino al crollo del palazzo. A lui interessano i voti: soltanto quelli.

Conosco famiglie che, grazie al santo di Nusco hanno sistemato l’intero nucleo familiare, animali domestici compresi. In una di queste, oltre a sistemare figli e figliastri, hanno sistemato addirittura generi, nipoti e pronipoti che, oltretutto, vivono in altre regioni. Ci sono, poi, alcuni personaggi che, insistentemente, si ricandidano pur di ottenere in premio l’acino di sale dell’antico pastore e, soprattutto, per rioccupare la vecchia postazione. Loro, amici miei, non sono mai sazi: vogliono sempre di più. Sono abituati, ormai, al doppio stipendio. Non possono più farne a meno. Loro sono i notabili del paese: è l’appartenenza alla borghesia a richiederlo! Ci vuole una bella faccia tosta per fare certe cose!

Spesso, di quando in quando, direi, all’età di settant’anni, per  ringiovanirmi dentro, mi leggo, oltre ad un buon libro, le avventure di Topolino. Ho potuto notare, nel leggere, la similitudine, l’analogia di alcuni personaggi del fumetto con i candidati “acchiappaposti”.Ho notato, inoltre, che mentre quelli della banda Bassotti nel commettere le scorrettezze si calano per pudore sugli occhi una maschera nera, i miracolati di Sant’Amato no! Le scorrettezze, loro, le commettono a viso nudo, senza vergognarsi minimamente, come se fosse un loro preciso diritto fregare il prossimo. Insomma, vogliono il voto ad ogni costo, forti del fatto che voi non glielo neghereste qualora lo richiedessero. Ma, porca miseria!, cosa avete al posto del cervello? Una zuppiera di polenta? Guardatevi attorno, prima di dire sì, cercate almeno di capire con chi avete a che fare; dove lavorano le loro mogli; dove lavorano i loro figli e chiedetevi il perché. Perché proprio a loro quel lavoro, quali sono i loro meriti? Fatevi mentalmente il calcolo delle condizioni economiche di chi vi chiede il voto, di ciò che lui ha raccolto dalla politica in termini di benessere, e raffrontatelo con le vostre: capireste finalmente che il loro pianeta non è il  vostro, che c’è sotto qualcosa che sa di bruciato, che darà la possibilità ai “commercianti” del voto di ascambio di arricchirsi ulteriormente e aumentare il loro prestigio (sarebbe meglio dire il loro servaggio) nei confronti del committente.

Chiudo questo mio intervento rimarcando la necessità di amministrare in assoluta autonomia. Inizieremo dalle cose semplici, senza promettere progetti stratosferici, megagalattici, che hanno il sapore della propaganda. Partendo dalle cose piccole, si può riuscire a costruire un’autentica vivibilità. Non vogliamo essere secondi a nessuno. Siamo stanchi di subire le decisioni degli altri e, per giunta, dall’alto della collina di Nusco; stanchi dell’immobilismo e dell’isolamento, delle aggregazioni e delle rapine al nostro territorio.

Dobbiamo restare uniti e far fronte comune per scrivere una nuova pagina della nostra storia, ritornando ad essere, ora più che mai, orgogliosi dell’appartenenza a questo splendido paese.

Che il buon senso guidi la vostra mano. CIAO.”

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Sono passai quasi sedici anni da quell’intervento, ma nulla è cambiato. Sotto quelle ceneri, ci sono ancora residui di braci, di odio e cattiveria.C’è stato un tempo in cui la politica veniva amministrata da “preti e sacrestani”. Cosa buona e giusta per taluni, cosa molto grave per talaltri. Questo, tuttavia, non ha impedito alla gente di buon senso di andare a messa.

 Antonio Cella

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