“Tanti sacrifici e fatica, ho ereditato questo mestiere da mio padre”.
“Ho ereditato questo mestiere da mio padre: allevo pecore della stessa razza che lui allevava, non la celebre “malvizza” detta “La bagnolese” ma tutta un’altra specie”. È l’inizio del colloquio con Aniello Nigro quarantaduenne di Bagnoli Irpino, di professione pastore.
Quando ha scelto di dedicarsi a questo lavoro?
Ho iniziato da bambino seguendo mio padre, mi sono ritrovato pastore quasi naturalmente come fossi stato predestinato.
Chi è il pastore?
Il pastore è quella persona che guida le pecore, le accudisce, ama gli animali. La nostra priorità è capire quando una pecora ha bisogno di lui.
Lei è stanziale o transumante?
Io sono un pastore transumante, d’estate porto a pascolare il mio gregge sui monti, d’inverno nei territori agricoli, a valle in vari paesi. Vado a pascolare a Torella, Sant’Angelo all’Esca, Taurasi ed altri.
Quando inizia la transumanza quale è il suo itinerario?
Scendo dai monti di Bagnoli Irpino verso Nusco, Torella dei Lombardi, Castelfranci. Resto in questa zona per due o tre mesi, verso marzo scendo verso Luogosano, Taurasi.
E chi compie questo percorso?
Ci sono degli amici che sanno guidare il gregge e mi aiutano.
Ma la sera ritorna a casa?
Dipende. In linea generale rientro, ma capita a volte di dover restare con le pecore anche la notte e quindi non si dorme a casa.
Che cosa porta con se durante la transumanza?
Innanzitutto il materiale per le recinzioni: rete e filo che servono per recintare le pecore e quanto altro ci vuole per trascorrere un lungo periodo fuori dalle comodità domestiche. In passato per trasportare questo materiale, si usavano gli asini e i muli. Oggi tutto il materiale viene caricato su un furgone.
Si reca sempre negli stessi luoghi?
Si, ci sono dei pascoli privati di contadini dove ci rechiamo. In questo modo manteniamo il terreno pulito da erbe, e l’erba da fieno bassa per non farla colpire da gelate e dalla neve. Così in primavera può germogliare e verrò fuori un ottimo fieno.
Quante pecore compongono il suo gregge?
Ho duecentocinquanta capi di razza capinera, non è la razza Malvizza che viene definita pecora bagnolese. Ho scelto questo in continuità con quella che allevava mio padre.
Che rischi ci sono nella vita del pastore?
Moltissimi rischi. In montagna ci sono ancora i lupi, senza dimenticare i pericoli legati a un’erba spontanea che è altamente tossica. Se ingeriscono quest’erba gli animali muoiono. O ancora i cinghiali. La nostra è una vita di sacrifici, si parte alle sei di mattina e non si sa quando si riscende la sera.
Qual è la giornata tipo di un pastore?
Ci sono giornate in cui va tutto bene e altre in cui ci sono tanti problemi da risolvere. Mi alzo la mattina alle cinque e trenta, raggiungo il gregge e conduco le pecore al pascolo. Nel periodo estivo le conduco sulle montagne alte al fresco, verso le undici il gregge di solito riposa w io scendo a valle per pranzare. Verso le sedici ritorno in montagna, le riunisco, le conduco alla piana dove c’è l’abbeveratoio, le lascio pascolare. Alle diciannove le chiudo nel recinto.
Quando si procede alla tosatura? Al rientro dalla transumanza?
Ritorno a maggio dalla transumanza ma trovandomi sulle montagne in alta quota, a 1200 m d’altezza, non procedo subito alla tosatura perché fa ancora freddo. Quindi aspetto gli inizi di giugno per tosare le pecore. Molto dipende dalle condizioni metereologiche.
Che si fa di questa lana in passato così preziosa?
Dice bene, preziosa. Oggi nessuno la vuole, viene buttata, non c’è nessuno che la lavora. Prima veniva raccolta e commercializzata adesso è un discorso chiuso.
Un’altra operazione che caratterizza il suo lavoro è la mungitura; in che periodi si effettua e in che orari?
Tutto dipende dalle scelte del pastore. Sta a lui decidere quando far accoppiare le pecore con il montone, considerando che il periodo di gestazione va dai 142 ai 152 giorni ovvero cinque mesi. Io le faccio partorire a novembre. Un mese dopo il parto devono allattare gli agnelli, quindi le prime mungiture cominciano agli inizi di dicembre e si finisce, se tutto va bene, a fine agosto. Sono quasi nove mesi mattina e sera, ovviamente gli orari variano a seconda delle stagioni. La mungitura viene eseguita tutta a mano.
Ma come fa a distinguerli quando separa gli agnelli dalle pecore e poi deve riportarli alle rispettive mamme?
Ci vuole molto occhio. L’agnellino viene separato dalla mamma e messo in un recinto confortevole, poi per succhiare il latte deve essere riportato alla madre, bisogna sapere da qual pecora è nato ogni agnellino. In questo caso l’esperienza è tutto. Il pastore non è solo colui che porta le pecore al pascolo.
Lei trasforma il latte in prodotti caseari?
Assolutamente no. Non solo non avrei neppure il tempo ma sono convinto che ognuno debba fare il proprio lavoro. Il pastore deve fare il pastore e il casaro il casaro.
Nel mestiere del pastore un ruolo fondamentale è quello del cane, vero?
I cani sono fedelissimi e difendono da ogni attacco esterno, dai lupi, cani e altri animali. Sono molto utili in montagna, a valle un poco meno, in montagna i rischi sono altissimi, i miei cani sono un incrocio di maremmani. Di solito porto con me una mamma e i suoi figli, in questo modo si intendono meglio e riescono più facilmente ad avvertire il pericolo. Loro sono i cani da guardia. Il cane pastore conosce anche il percorso del lupo. Mentre il pastore tedesco raccoglie il gregge e mi aiuta molto quando devo effettuare la mungitura e riunire gli animali.
È contento del suo lavoro?
È una tradizione di famiglia, che si eredita di padre in figlio. Quando ho finito la scuola media, ero affascinato dagli animali e ho cominciato a seguire mio padre, affezionandomi sempre di più al gregge che ormai è parte integrante della mia vita.
Quali sono le prospettive per questo mestiere?
Credo che il mestiere del pastore sia destinato a finire. Penso di essere una delle ultime generazioni che sceglierà di dedicarsi a questo lavoro. Richiede molti sacrifici ma anche i riscontri economici non sono proporzionati alla fatica. Ogni volta, per spostarmi, devo richiedere mille autorizzazioni, una burocrazia che non incoraggia certo a continuare con questo mestiere.
Pellegrino La Bruna (Il Quotidiano del Sud del 16.9.2019)