Abstract – Le preoccupazioni e le premure sui cambiamenti climatici cominciano una ventina di anni fa, quando cioè il surriscaldamento globale ha fatto accorgere su scala internazionale, con repentini scioglimenti di secolari e millenari giacimenti glaciali e allo sfoltirsi della protezione di ozono, dell’importanza della cura ambientale.
Pochi gradi di innalzamento della temperatura, come sostiene un detto secondo cui è possibile che un battito di ali di farfalla in Giappone provoca un uragano in Amazzonia, aggravano il sostentamento delle strutture e delle costruzioni dell’uomo in ogni nazione.
Nonostante tale presa di coscienza però, la responsabilità delle istituzioni si sta dimostrando lenta ad intervenire, rimandando di cinque, dieci, venti anni di volta in volta, decisioni da farsi drastiche per diminuire gli impatti inquinanti.
La paura delle multinazionali che producono lavoro ed economia con i su detti agenti inquinanti va trasformata quindi con la trasformazione delle loro competenze materiali in altrettante, come ad esempio e prime fra tutte quelle petrolifere e carbonifere, in produzione di plastiche che vadano a migliorare e facilitare la vita sul pianeta invece che fermarsi ad un’ottica di riciclo che sta diventando, per usare una metafora, un cane che si morde la coda.
Dott. Antonio Cortese