L’ Italia del secondo dopoguerra, fu afflitta da gravi tensioni sociali che rischiavano d’essere i prodromi di dinamiche simili a quelle che avevano portato al potere il fascismo, negli anni seguenti alla fine del primo conflitto mondiale.
L’incubo per i governi di unità nazionale, e dei partiti di cui erano l’espressione, era il rischio che le moltitudini di disoccupati, che giornalmente sfilavano nelle piazze a manifestare, chiedendo pane e lavoro terre da coltivare, divenissero masse di manovra delle forze reazionarie e nostalgiche del regime fascista, gettando nel caos la neonata, fragilissima Repubblica Italiana.
Una preoccupazione condivisa dagli amministratori delle zone più arretrate del nostro paese, quali quelle del Meridione, ritenuti dai cittadini, il tramite e l’immediata valvola di sfogo verso un Governo incapace, o meglio, impossibilitato a risolvere immediatamente i problemi di un Paese devastato dalla guerra e dalla conseguente crisi economica. Purtroppo gli stessi amministratori locali erano pienamente coscienti su come le poche risorse a disposizione del governo italiano, in quel momento fossero destinate a far ripartire il tessuto industriale del Nord – Italia, ove partiti e sindacati di sinistra, reclamavano la ricompensa per il contributo dato alla lotta di Resistenza. In questo contesto l’opera degli amministratori locali di piccoli paesi come Bagnoli Irpino, in favore delle masse di disoccupati che premevano dinanzi alle porte del Municipio, appariva simile a un’impresa degna delle dodici fatiche di Ercole e ancora una volta l’unica soluzione possibile restava rivolgersi, come si era fatto da millenni, alle, se pur scarse, risorse naturali del territorio e chiedere ai referenti politici in Parlamento e Istituzionali che si concedesse l’uso dei terreni demaniali, in attesa di una Riforma Agraria che stentava a decollare.
Gli appunti ritrovati, del Sindaco Rodolfo Cione
Il ritrovamento casuale di alcuni fogli ingialliti, su cui erano stilati appunti riconducibili a quel difficile periodo, mi ha dato spunto a questo piccolo approfondimento di storia locale, e naturale proseguimento di miei altri che ho avuto il piacere di veder pubblicare sul sito di PalazzoTenta39 e del suo giornalino Fuori dalla Rete. Anche questo mio contributo andrebbe classificato nel filone della storiografia minore, ma pur parte della Grande Storia del nostro dopoguerra, quella scritta col sangue da centinaia di lavoratori, sindacalisti caduti per mano delle mafie manovrate dai latifondisti o per mano delle forze di repressione di uno Stato che ancora subiva l’influenza dei retaggi del regime fascista.
Appunti scritti su fogli ingialliti, alcuni riciclati da vecchi registri di classe, segno della carenza della stessa carta da scrivere, non solo negli uffici delle piccole amministrazioni comunali, come quella di Bagnoli Irpino, ma anche nelle prefetture delle città, come ho potuto costatare durante le mie ricerche storiche presso l’Archivio di Stato di Brindisi, ove risiedo e dove la Prefettura, nei primi anni del dopoguerra, utilizzò fogli riciclati provenienti dalle sedi delle organizzazioni giovanili fasciste. Gli appunti in questione da me ritrovati furono stilati per mano, o meglio dalla stilografica, del prof Rodolfo Cione nel periodo in cui fu eletto sindaco in una delle prime amministrazioni comunali post-belliche di Bagnoli I. Fogli ritrovati casualmente nella fase di digitalizzazione dei giornali d’epoca dell’Archivio della signora Marisa Cione e che il sottoscritto quale Presidente dell’Associazione Archivio Storico Benedetto Petrone-APS sta curando. La lettura di quei fogli o quasi una “decifrazione”, con tratti depennati, rivisti, riscritti, rielaborati, (e che in seguito divennero atti e comunicazioni ufficiali presso prefettura di Avellino, dei Ministeri competenti, interpellanze presso il Consiglio comunale di Bagnoli I., prese di posizione di partiti e sindacati), attesta il coinvolgimento non solo del sindaco in carica, ma dell’intera comunità bagnolese, senza distinzioni politiche, nel cercare una soluzione immediata alla fame di lavoro, di pane e di terra, nel piccolo paese Irpino. Una fame di terra e lavoro che accomunò il nostro Sud, e di cui le cronache di quegli anni ci parlano di manifestazioni, occupazioni di terre, spesso represse violentemente con attivisti e sindacalisti minacciati, percossi, uccisi, o imprigionati e dove, la strage della Portella della Ginestra, dell’1 maggio 1947, immortalata nel film di Francesco Rosi, rimane a perenne memoria e testimonianza. In quegli stessi tragici giorni, in cui si moltiplicavano in tutto il Sud le occupazioni delle terre incolte che fossero demaniali o dei latifondisti, anche a Bagnoli Irpino i sindacalisti della Federterra locale si rivolsero al sindaco Cione di Bagnoli Irpino chiedendo il suo appoggio in questa pacifica forma di protesta, lamentando le continue contestazioni, verbali e denunce compiute dalle guardie forestali nei confronti di contadini nullatenenti sorpresi a coltivare “abusivamente “, per necessità, piccoli appezzamenti demaniali.
“-….la coltivazione dei terreni viene impedita dal locale distaccamento delle Guardie forestali con continui verbali nei confronti dei cittadini, ragione per cui la Federterra attraverso i suoi rappresentanti ha ritenuto comunicarmi successivamente della pacifica occupazione da parte di molti contadini di molte zone messe a coltura del demanio comunale specificatamente all’altopiano del Laceno…”-
Una situazione ormai fuori controllo per il Sindaco e l’intera amministrazione comunale preoccupata per la grave situazione di tensione sociale crescente in paese e quindi obbligata anche a prendere provvedimenti d’urgenza, al limite del rispetto delle regole…
-“… Riferisco quanto sopra per i provvedimenti che codesto ufficio crederà opportuno adottare a favore delle giuste richieste che i reduci, i disoccupati, i nullatenenti in questo momento di grave pericolo per la crescente disoccupazione e per l’esasperante aumento del tenore di vita (inteso quale aumento dei costi dei beni di prima necessità, forte inflazione e bassi o nulli salari)…”-
Quanto sopra è ciò che si legge in uno scampolo di bozza di lettera indirizzata al Prefetto di Avellino e messo giù tra continue correzioni e depennamenti su una pagina strappata da un vecchio registro di classe e dove a confondersi erano generalità dell’alunno impegnato negli esami di licenza elementare e le valutazioni ottenute nei trimestri, con l’esigenza di riempire la pancia delle famiglie di tanti bagnolesi e tra essi tanti giovani che avevano vissuto anni di prigionia e l’orrore dei campi di battaglia per difendere l’onore della Patria, la stessa che ora ingrata negava loro di coltivare aridi e sassosi terreni lasciati incolti da decenni. Nella bozza finale, stilata su un altro foglio si legge:
Prefettura di Avellino
Oggetto: coltivazione di terreni incolti
La sera del 12 cm una commissione della Federterra locale si è recata presso quest’ufficio, con la viva richiesta che fosse presente anche il comandante dell’Arma dei Carabinieri per esporre le necessità e i desiderata dei prigionieri e dei reduci bisognosi rientrati da poco e che vorrebbero coltivare terreni comunali incolti, cespugliosi e sterposi. Ascoltato i desiderata dei richiedenti, il sottoscritto non avendo potuto personalmente recarsi ad Avellino per le sue condizioni di salute ha dato incarico al Segretario Comunale di portarsi nel capoluogo e riferire alle Superiori Autorità. Il suddetto funzionario ha esposto tutto al comando Gruppo Forestale di Avellino ove gli è stato riferito che per superiori disposizioni non può essere consentita la coltivazione dei terreni demaniali incolti, anzi, quelli già coltivati in montagna devono essere entro la fine di quest’anno rimboschiti .
E’ stato fatto presente al predetto Comando che quest’Amministrazione immedesimandosi nello stato di bisogno dei reduci e dei prigionieri sarebbe ben disposta a venire incontro ai richiedenti in modo da fargli coltivare in montagna terreni attualmente incolti, cespugliosi e sterposi anche ad evitare un eventuale turbamento dell’ordine pubblico e far accontentare questi ultimi reduci e prigionieri rientrati da poco, i quali sono rimasti senza terreno mentre la maggioranza dei contadini locali usufruisce di zone messe a coltivazione nel demanio comunale e su tutta la pianura del Laceno. In risposta il Comando Gruppo Forestale di Avellino ha insistito perché venisse applicata la disposizione del 1938, che nega la coltivazione dei terreni demaniali. A fronte di ciò quest’ufficio informerà con telegrammi al Ministero dell’Interno, del lavoro e dell’Agricoltura e Foreste. Si trascrive il testo del telegramma: I rappresentanti dei partiti locali hanno nel contempo inviato segnalazioni telegrafiche ai loro segretari a Roma e ai rispettivi Onorevoli. Riferisco quanto sopra per i procedimenti che quest’ufficio crederà opportuno attuare in favore delle giuste richieste dei reduci e dei prigionieri rientrati da poco in questo Comune.
Fto Il Sindaco
Una bozza di lettera a cui non sappiamo se furono aggiunte le note riportate nella prima versione : “Il territorio privato di Bagnoli già coltivato non è sufficiente a produrre quanto occorre alle necessità di vita degli abitanti perché tutto il Comune è per tre quarti del territorio montagnoso a differenza degli altri Comuni limitrofi tanto che ha bisogno di importare grano, granturco, olio, legnami, vino. La popolazione è costretta a coltivare zone in montagna per procacciarsi un po’ di segala ed utilizzare a scopo alimentare canapa e foraggio”.
Nota: Sappiamo per certo che questa lettera fu accompagnata da un telegramma inviato il 14 marzo 1947 al quale rispose in termini negativi il Prefetto di Avellino nei primi giorni di maggio 1947. A conferma su come la situazione fosse incandescente ho trovato in allegato la lista di coloro (ex reduci ed ex prigionieri di guerra cui si erano uniti disoccupati nullatenenti) che in quei giorni reclamavano terra da lavorare per sostenere le rispettive famiglie. Una lista di ben 106 nomi maschili e tra quel centinaio di nomi di affamati bagnolesi, ben 54 erano ex reduci ed ex prigionieri di guerra, la cui età variava dai 40 ai 23 anni, mentre l’età dei restanti 52 “bisognosi disoccupati nullatenenti” risultava avere un’età variabile tra i 65 anni e i 18 anni . Tra i fogli da me ritrovati vi sono anche alcuni facsimile di telegrammi che i rappresentanti dei partiti politici locali, per sostenere l’opera del sindaco Cione, inviarono alle autorità competenti e i referenti politici in Parlamento. Uno di questi telegrammi “ in bozza” risulta essere stato compilato e firmato dall’allora segretario locale del partito democristiano, ed indirizzato a Ministro Agricoltura e Foreste Antonio Segni (che in seguito diverrà Capo dello Stato) e all’onorevole Sullo c/o Montecitorio – Roma.
Il testo: “Prego volervi interessare presso organi autorità centrali et specialmente provinciali affinché lavoratori agricoli Bagnoli Irpino reduci et nullatenenti
Fto segretario Sezione Partito Democristiano Meloro Alfonso.
Lavori pubblici , ultima spiaggia
L’altra ricetta adottata da ogni amministrazione locale che si rispetti, per alleviare le problematiche occupazionali del territorio è quello di ricorrere all’impiego di manodopera da impiegare in opere di pubblica utilità; traccia di questa via percorsa dal sindaco Cione la si ritrova in un’altra bozza di lettera inviata alle autorità competenti:
Bagnoli Irpino , 10 maggio 1947 – Al Prefetto di Avellino – Al Provveditore Opere Pubbliche – Al Genio Civile (Napoli ed Avellino)
Data la preoccupante situazione locale, della disoccupazione quasi ininterrotta dall’inverno scorso, si prega far conoscere con una certa approssimazione la data in cui questo Comune potrà praticamente venire in possesso e disporre delle suddette somme concesse per utilizzarle onde alleviare al più presto la disoccupazione attualmente esasperante. Ciò si chiede anche per le pressanti ed urgenti necessità questa popolazione
Fto. Il sindaco Rodolfo Cione
Purtroppo, le risposte se pur parzialmente positive che vennero dalle autorità nazionali, non potettero risolvere le cause strutturali della crisi economica che nel primo dopoguerra strangolò il Meridione impedendogli di essere al passo con il cammino di ricostruzione e rinascita avviato nel Nord industriale.
Negli stessi in mesi in cui da Bagnoli si lanciavano queste grida di aiuto, il Governo di unità nazionale a guida De Gasperi firmava gli accordi “ braccia contro carbone” con Francia, Belgio, ecc cui sarebbero seguiti altri con Svizzera, Germania e che avrebbero avuto come conseguenza l’emigrazione di centinaia di migliaia di disoccupati, in gran parte meridionali verso queste nazioni. Il Sud, quello delle aree più remote come l’Irpinia, avrebbe visto iniziare quello spopolamento che ancor oggi sembra non arrestarsi.
Antonio Camuso – Archivio Storico Benedetto Petrone-APS
(da Fuori dalla Rete giugno 2024, anno XVIII, n. 2)