Il complesso di San Domenico a Bagnoli Irpino finisce sulla scrivania del ministro per i Beni culturali e il Turismo Dario Franceschini grazie a un interrogazione a risposta scritta presentata dal Movimento cinquestelle. I parlamentari Teresa Manzo, Nappi e Del Sesto chiedono delucidazioni sullo stato di degrado in cui versa il complesso tardo gotico e rinascimentale. Un edificio di proprietà pubblica sul quale sono stati spesi, a partire dal dopo terremoto, oltre 4 miliardi di lire ma “nonostante le cifre considerevoli impiegate finora, il consolidamento e il restauro del monumento sono ben lontani dall’essere ultimati e, nell’incertezza della situazione che si protrae da decenni, il prestigioso sito è avvolto dal degrado”, si legge nell’interrogazione.
“Gli eventi sismici del 1980-1981 arrecarono gravi dissesti alle strutture monumentali e notevole è stato l’impegno finanziario dello Stato per il recupero: 1 miliardo e mezzo di lire speso dal provveditorato alle opere pubbliche della Campania tra il 1986 e il 1990, 1 miliardo e 226 milioni di lire speso dalla soprintendenza generale agli interventi post-sismici in Campania e Basilicata, più un altro miliardo e mezzo di lire appostato nel 1994, 750 mila euro erogati dal Pit dei Monti Picentini nel 2003, altri risorse provenienti dal progetto «Quadro strategico nazionale 2007-2013»- Por FesR 2007/2013 obiettivo operativo 1.9”, scrivono.
Segue una lunga descrizione dello stato di abbandono e incuria del complesso San Domenico: “La forte umidità ascendente e le infiltrazioni di acque meteoriche nella chiesa stanno deteriorando le murature perimetrali, determinando il proliferare di muffe e licheni che rovinano le pitture a fresco, gli stucchi e i cartigli barocchi, le antiche cromie, il prezioso soffitto ligneo intagliato, dorato e dipinto, che contiene nei tre riquadri centrali scene della vita di S. Domenico e nei quattro riquadri laterali ritratti dei santi dell’ordine domenicano; gli apparati decorativi, tra cui due pregevolissimi altari lignei del XVII secolo, alcuni stipi dipinti e dorati rococò, la cantoria, numerosi frammenti del pulpito ligneo e del coro del XVII secolo, insieme a diversi paramenti sacri settecenteschi in seta, frammenti lapidei scolpiti, sculture in legno policromo e tavole dipinte del XVI secolo giacciono abbandonati nella sporcizia e nell’incuria degli ambienti umidi, polverosi e malsani della sagrestia e delle cappelle del transetto e dell’abside; la maestosa ancona lignea in legno scolpito, dorato e dipinto che racchiude la pala d’altare eseguita da Marco Pino da Siena nel 1576 è stata smontata e lasciata sul pavimento della navata destra della chiesa, poco idoneo alla conservazione di opere d’arte; gli affreschi staccati del pronao, raffiguranti San Domenico del XVIII secolo e la Madonna col Bambino del XIV secolo, trasferiti su supporto rigido e restaurati nel 1980 da Annamaria Centrone con i fondi stanziati dal Commissariato di Governo, sono abbandonati per terra; anche l’adiacente chiostro a due livelli, nonostante i 322 milioni di lire spesi tra il 1981 e il 1982 per l’esecuzione degli interventi di consolidamento e restauro, si presenta ancora puntellato, in precarie condizioni statiche e ridotto a immondezzaio di rifiuti; ciò che resta degli ambienti conventuali, ricoperti da volte a crociera costolonate con la pietra di chiave su cui è scolpito lo stemma reale aragonese e il deambulatorio gotico, si trovano in un pauroso stato di incuria e minacciano di crollare”.
I parlamentari cinquestelle chiedono al titolare del Mibact se è a conoscenza della decadenza del monumento e se intende “avviare verifiche amministrative allo scopo di accertare per quanto di competenza fatti e responsabilità anche in relazione agli obblighi di conservazione e vigilanza del prestigioso complesso e dei beni artistici in esso contenuti” e se vuole farsi promotore di “un piano per il recupero e la valorizzazione del sito, affinché torni a essere uno dei grandi attrattori dell’Irpinia“.