Lo andiamo dicendo da tempo e in tutte le salse: la Scuola italiana è in stato di fibrillazione anche e soprattutto perché oggetto, da un ventennio, di continue riforme, che l’hanno costretta in uno stato di fibrillazione continua. Riforme inutili, nella migliore delle ipotesi. Dannosissime, in molti casi, che hanno lasciato la Scuola stremata, povera di soldi e di contenuti credibili.
Esempio lampante è l’esame di Stato delle scuole superiori, che i nostri studenti affrontano con il giusto timore ma anche, spessissimo, con l’incognita di continue novità.
Negli ultimi venti anni questo esame, infatti, è cambiato per sei volte.
Il ministro Berlinguer introdusse il cosiddetto quizzone e i crediti scolastici. Qualche anno dopo la ministra Moratti pensò a commissioni d’esame composti da soli docenti esterni, ma la cosa durò poco. Il ministro Fioroni, infatti, ripristinò le commissioni formate anche da docenti esterni e modificò il peso dei crediti scolastici. Il tempo di adeguarsi alle novità e già la Gelmini pensò di modificare il criteri di ammissione agli esami.
Due anni fa la ministra Fedeli, sindacalista dell’industria tessile (!), eliminò il quizzone e rese obbligatorie per l’ammissione le prove INVALSI di inglese, italiano e matematica.
Quest’anno, dopo che gli studenti avevano impostato il proprio studio sullo schema Fedeli, a metà anno scolastico il ministro Bussetti ha rivoluzionato ancora una volta l’esame, prevedendo le doppie prove scritte e l’orale delle buste da scegliere, come a Rischiatutto.
Dopo questo ennesimo cambiamento, ho atteso con trepidazione i risultati degli esami. Ebbene, non è cambiato assolutamente nulla, da questo punto di vista: al Sud i risultati sono migliori che al Nord; i 100 e lode sono addirittura aumentati. Insomma, anche se ora abbiamo lo schema Bussetti, l’esame di Stato viaggia alla solita velocità.
La Scuola non ha bisogno di un nuovo schema ad ogni cambiamento di ministro, ma di riacquistare la centralità che le è propria. Occorre investire sulla Scuola, portando la spesa per l’istruzione e la formazione al livello medio delle altre nazioni europee.
Chi lavora nel mondo scolastico non ce la fa più. Basta con la “riformite”. Basta con cambiamenti inutili e dannosi, che hanno come unico effetto lo sbandamento continuo di chi vive di Scuola e nella Scuola.
Noi chiediamo solo un po’ di tranquillità per fare meglio il nostro lavoro e risorse finalmente adeguate al settore nel quale veramente si gioca il futuro del paese.
Esempio: tra qualche tempo la presenza del Dirigente Scolastico e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario verrà registrata dalle impronte digitali. Bisognerà piazzare gli apparecchi rilevatori in ogni plesso. Io ho dieci scuole: quanto costerà, tutta l’operazione? Come si concilia questa spesa con la carenza cronica di risorse delle scuole? E, soprattutto, siamo sicuri che siano soldi spesi bene?
Luciano Arciuolo
(da Fuori dalla Rete, Settembre 2019, anno XIII, n. 4)