Le tappe dell’evoluzione umana sono comunemente identificate con i prodotti dello scibile umano che hanno contraddistinto le diverse ere: l’età della pietra lavorata, quella del ferro e della ruota, e via dicendo, sino alle moderne tecnologie elettroniche.
La capacità di una società di voler stare al passo dei tempi è comunemente associata al grado di velocità di recezione ed assorbimento delle merci, e Carlo Marx, afferma che il modo di produzione capitalistico ha sancito la vittoria della rivoluzione borghese sui residui della “Antichità”. Purtroppo, sommersi dalle innovazioni tecnologiche, abbiamo perso il senso dell’apprezzare e comprendere quanto ognuna di esse produca nel complesso sistema d’interazioni umane, generando una sorta di smarrimento pseudo-euforico, salvo poi ritrovarci sommersi di rifiuti causati dalla veloce, devastante, obsolescenza. Tra tutte le invenzioni, la stampa ha rivoluzionato la diffusione della cultura e reso fruibile la conoscenza umana, nei più diversi campi, a livello globale.
Eppure, nonostante che la Stampa contraddistingua la nascita dell’Età Moderna, abbiamo dovuto attendere il Novecento, affinché ci si potesse “liberare” dall’ausilio di stiletti per incidere la cera, o l’argilla, penne d’oca, ecc per stilizzare su papiri, pergamene o altro materiale e rendere più agevole la comunicazione scritta. Solo con l’arrivo delle macchine per scrivere e dei moderni personal computer connessi alle stampanti, abbiamo relegato la manualità dello scriba a un voluttuario esercizio intellettuale. Il sottoscritto, nato a metà del secolo scorso, ha frequentato le elementari, a Brindisi, città di 80.000 abitanti, in un istituto privato religioso.
Nonostante ciò, alle soglie degli anni 60, ho imparato a scrivere con il classico pennino e calamaio, così come lo aveva fatto, ancor prima che scoccasse il Novecento, mia nonna, Angiolina Carbone, nata a Montella, nel 1889. Dovetti attendere tra il 1961 e il ’62 la diffusione di massa della “Bic” per cambiare lo strumento di scrittura.
L’uso, nel cosiddetto Secolo Breve, della penna e calamaio negli uffici pubblici, come attestano registri e archivi storici di comuni, province, ecc, è stato la regola, ed in particolare nei paesi delle zone più dimenticate del nostro Sud.
Potete comprendere quindi la mia sorpresa, consultando l’Archivio personale della signora Marisa Cione di Bagnoli Irpino, nel fondo Domenico Cione –Anna Melillo, il ritrovare una lettera firmata a mano dallo stesso ingegner Camillo Olivetti, di Ivrea e indirizzata al professor Domenico Cione, risalente all’ottobre 1931. Una lettera che attesta l’esistenza di una corrispondenza nata tra i due, novanta anni fa, e che aveva come oggetto l’acquisto di due modernissime macchine per scrivere M40 della casa Olivetti e comprovante l’ingresso della modernità nelle scuole elementari di Bagnoli Irpino, se pur presumibilmente finalizzate al disbrigo delle pratiche di ufficio e della corrispondenza. Esse fecero bella mostra di sé, nel nuovo edificio scolastico di Piazza San Rocco che, dopo una ristrutturazione durata un anno, fu inaugurato il 25 ottobre del 1932, con una cerimonia memorabile al cospetto degli onorevoli De Marsico e Di Marzo e le maggiori autorità civili e religiose d’Irpinia.
Ivrea 1 Ottobre 1931, Preg.mo Sig. Rodolfo Domenico Cione, Direttore Didattico di Bagnoli Irpino
Possediamo il suo gradito foglio n.196 in data 26 u.s. e sentitamente La ringraziamo per la cortese preferenza che Ella intende accordare alla nostra marca in occasione del fabbisogno di macchine per scrivere da parte di codeste Scuole Elementari. Ci è grato al proposito renderle noto che in questi ultimi tempi abbiamo posto in vendita un nuovo modello di macchina per scrivere: la Olivetti M.40
di cui, quale utile documentazione, ci permettiamo inviarLe oggi a parte il catalogo. Circa il preventivo richiestoci, prima di sottoporle una precisa e dettagliata offerta a condizioni speciali, desidereremmo sapere a quale uso dovrebbero essere adibite le due macchine che Codesta Direzione Didattica intende acquistare, se cioè al lavoro di segreteria oppure, nel caso fosse istituito in Codeste Scuole Elementari un corso integrativo d’insegnamento della dattilografia, all’uso esclusivo di tale corso.
Le saremo pertanto grati se Ella vorrà esserci preciso al riguardo, ed in tale attesa Le porgiamo, con rinnovati ringraziamenti, i nostri distinti saluti.
firmato ing C. Olivetti
(appunti a mano a margine: “Bagnoli Irpino, protocollo in arrivo n 196 del 4-10-1931”“Bagnoli irpino risposta protocollata n 212 del 6-10-1931 a mezzo del Comune”)Nel citato manuale di presentazione della nuova Olivetti M40, scopriamo che, nonostante la grande Crisi che aveva devastato economicamente il vecchio e il nuovo Continente: “La produzione delle officine OLIVETTI dal 1922 al 1930 si è più che quintuplicata. Diciottomila macchine all’anno (una ogni nove minuti) possono uscire oggi dagli stabilimenti OLIVETTI; e più di un terzo di questa produzione – il cui ritmo non è stato per nulla rallentata dalla crisi economica mondiale – si dirige all’estero, battendo – talora negli stessi loro paesi d’origine – le più celebrate marche straniere. Quattordici ingegneri, cento impiegati, ottocento operai; più di cinque milioni annui di salari pagati; un’organizzazione di vendita già estesa in tutto il mondo, l’ Italia ha oggi il 3° posto nel mondo fra le nazioni produttrici di macchine per scrivere.(1931)”
Olivetti? Basta la parola! Nessuna obsolescenza!
Stupisce la sicurezza con cui l’ingegner Camillo Olivetti garantiva il suo prodotto, assicurando che 25 anni dopo, nel 1955, l’acquirente avrebbe dovuto semplicemente prenotarsi per l’intervento di un tecnico della Casa, per una manutenzione ordinaria. Come commentare tale sicurezza, confrontando i moderni prodotti di consumo che irrimediabilmente allo scadere dei due anni garanzia si riducono a scomodi rifiuti, se non li abbiamo già abbandonati a causa dell’arrivo di nuovi infernali ipertecnologici gadget? E come non inchinarci alla preveggenza sulla scelta fatta dal bagnolese Cione nell’affidarsi a quella Olivetti che, alla fine degli anni 70, al passo dei tempi, produsse il primo personal computer made in Italy?“Ma la macchina acquistata oggi esisterà ancora nel 1955 oppure sarà un inservibile rottame? Prima d’esser lanciata al pubblico, la M 40 è stata provata per lunghi mesi nelle nostre officine. Per mezzo dì speciali macchine in questi mesi si è fatto compiere agli esemplari di prova un lavoro corrispondente a quello di molti anni di funzionamento…”
Antonio Camuso
(da Fuori dalla Rete, Marzo 2022, anno XVI, n. 2)