“Situazione drammatica” per la castanicoltura della Campania, regione che concentra oltre il 50% della produzione nazionale.
“Il male principale rimane sempre il cinipide del castagno, che mantiene le piante debilitate. Il problema di questa vespa è tutt’altro che superato, in Campania come pure in altri territori castanicoli”, sottolinea a Italiafruit News Salvatore Malerba, proprietario dell’azienda Castagne Malerba di Montella (provincia di Avellino) e coordinatore regionale del gruppo economico Frutta a guscio della Cia Campania.
“C’è da dire, poi, che quest’anno lo sbalzo delle temperature tra maggio e giugno (da 5 a 35 gradi centigradi) ha inficiato la fioritura. Le varietà più precoci, come la Primitiva, sono state bruciate quasi completamente” aggiunge Loreto Iannuccilli, amministratore dell’azienda Agricastagna di Roccamonfina (Caserta), specializzata nel commercio di castagne e marroni.
I due operatori prevedono, per questa stagione, che i castagneti campani saranno mediamente in grado di produrre dal 20 al 30% del loro potenziale. Poi bisognerà sempre vedere la qualità dei frutti, condizionata dagli attacchi di funghi come Gnomoniopsis.
Per Malerba, in particolare, “ci vorrebbe un impegno maggiore da parte delle istituzioni e del mondo scientifico, in quanto i castanicoltori di tutta Italia hanno la necessità di trovare soluzioni efficaci per recuperare sia i volumi sia la qualità, mantenendo gli ambienti montani sani e sicuri. Le Regioni – conclude – dovrebbero finanziare progetti di ricerca dedicati ai problemi fitosanitari delle diverse zone castanicole. Progetti mirati a risultati concreti che siano preventivamente condivisi con i produttori che vivono quotidianamente le montagne”.