Castanicoltura in Irpinia – Intervista a Paolo Marinari

di Giulio Tammaro

L’autunno è ormai alle porte e con esso la stagione della raccolta delle castagne. Prima della comparsa del cinipide la produzione di castagne, soprattutto per l’Alta Valle del Calore, era una delle principali risorse produttive. Esse assicuravano un reddito, spesso esclusivo, a tantissime famiglie e a diverse aziende locali. I castagneti svolgevano inoltre un importante ruolo di protezione ambientale. Il cinipide oltre a debilitare i castagni ha fermato quel surplus economico che per secoli ha creato ricchezza e a cui tante famiglie facevano ricorso.

Abbiamo quindi deciso di riprendere “Il nostro viaggio” nel comparto castanicolo irpino con un’intervista a Paolo Marinari, originario della vicina Montella e proveniente da una famiglia di produttori di castagne. Quella che segue è un’intervista a tutto campo sulla situazione attuale in cui versa  il comparto castanicolo irpino, su quali sono le prospettive future e su ciò che invece ci dobbiamo attendere per l’immediato.

Ringraziamo Paolo per la disponibilità accordataci e vi auguriamo una buona lettura.


L’autunno è alle porte e con esso la stagione della raccolta delle castagne.  Ad oggi qual è lo stato di salute del comparto castanicolo locale? È  possibile prevedere come sarà la produzione di castagne quest’anno? Il cinipide influirà ancora una volta sulla produzione?

Al momento la situazione dei nostri castagneti lascia ben sperare in una raccolta se non pari ma almeno molto vicina alla produzione di 10 anni fa. Nei miei castagneti, quest’anno ho potuto osservare scarsa presenza di calle da cinipide ma comunque bisogna vedere se all’interno di esse vi era cinipide o torymus. Se quest’anno, si fa produzione sarebbe una grossa boccata di ossigeno per tutto il comparto castanicolo che oramai sta in ginocchio a causa di questa crisi. Purtroppo bisogna sperare in un clima idoneo alla crescita e sviluppo dei ricci e delle castagne, in quanto la causa della mancata produzione almeno degli ultimi 3 anni è stata dovuta al clima che oramai è totalmente cambiato. Ricordo che quando ero bambino andavo al castagneto, tipo omino michelin, bardato di maglioni e cappotti, mentre una delle ultime annate di castagne,  il mese di ottobre  stavo a mezze maniche. Questo è un chiaro segnale che oramai il clima è cambiato, basti pensare com’era il tempo durante la quarantena tre settimane prima di Pasqua, sembrava primavera inoltrata, poi nel giro di due –tre giorni è arrivata la neve!…possiamo avere i castagni ricoperti di ricci fino a metà settembre e poi 4-5 giorni di vento freddo  fa cadere tutto giù senza farci produrre nulla, per cui personalmente ritengo che il cinipide non è più la causa di una mancata produzione al massimo può influire per il 20% ma non oltre.

A proposito di cinipide è favorevole o contrario alla modifica approvata dalla Regione Campania, la quale classifica i castagneti come frutteti autorizzando i produttori a trattare maggiormente i propri castagneti con antiparassitari. Non si corre il rischio con questa modifica di sostituire la lotta biologica con quella chimica compromettendo l’intero ecosistema irpino?

Personalmente sono contrario a questa modifica, in quanto, a mio avviso, vi sono molti aspetti che devono essere ripresi ed altri non sono atti ad essere applicati ai nostri castagneti, sia per via della grandezza delle piante sia e soprattutto per la morfologia delle nostre montagne. Vi sono castagneti dove è impensabile arrivarci con i trattori per fare eventuali trattamenti e se casomai ci si vuole avventurare a battere una strada atta al loro passaggio si finisce per imbattersi nell’ Ente Parco. Ma questo dei trattamenti è un problema relativo, il problema sostanziale è che un frutteto prevede sesti di impianto totalmente diversi da quelli utilizzati fino a poco tempo fa con i nostri castagneti.  Altro problema è che il nostro prodotto non verrebbe più tutelato e con la perdita del suo status diventa una semplice e comune castagna. Se poi vogliamo toccare l’ aspetto economico di tale cambiamento è che al momento per la conversione di un ettaro di castagneto a frutteto si deve spendere 15mila euro, ne vale la pena in un periodo dove la produzione è già zero? Infine se si autorizzano i trattamenti cosa succede al sottobosco?

Come mai, dopo una fase ottimistica, rispetto alla lotta al cinipide, non si riesce a venir fuori da questa fase di produttività molto bassa del castagneto in Irpinia? Eppure in alcune Regioni del nord Italia la lotta biologica ha raggiunto risultati eccellenti. Questo è dovuto alla diversa conformazione territoriale dell’Irpinia ad altro o, come sostiene qualche malpensante, le cause sono da ricercarsi nei pochi lanci di torymus effettuati?

I lanci di torymus son stati fatti e per lo meno a Montella si può già osservare gli effetti di questa lotta biologica effettuata. Come dicevo prima, son del parere che il vero responsabile di questa crisi è il clima. Se immaginiamo la pianta di castagno come un essere umano, in questo momento ha le difese immunitarie pari a una persona convalescente dopo una febbre da cavallo…. la pianta in questo momento è debole e sofferente verso qualsiasi attacco patogeno, anche stupido, basti pensare al fungo delle castagne, il temibile Gnomoniopsis castanea che rende il frutto nero di muffa e immangiabile. L’anno scorso fu un disastro, sia per lo gnomo che per il cinipide. Quest’anno, mentre il cinipide sta per essere debellato e i castagni sono tornati in gran parte ad essere verdeggianti e carichi di ricci, continua, invece, l’attacco delle muffe. Ma non per tutti, fortunatamente. 

Cosa si sa dello Gnomoniopsis Castaneda, questo fungo che rende la castagna nera e immangiabile?

Dello Gnomoniopsis castanea non si sa molto. Si sa che la sua diffusione dipende dalle condizioni climatiche, ma non si sa come nasce e come si diffonde anche se è da tantissimi anni presente ma che grazie alla forza della pianta (in passato) non ha mai inciso più di tanto sul prodotto finito.

La scarsa produzione degli ultimi anni non è quindi dovuta soltanto alla presenza del cinipide?

Personalmente ritengo che la scarsa produzione degli ultimi anni è stata dovuta a un concatenarsi di eventi e fattori che messi insieme ne hanno portato il crollo della produzione e quindi la sofferenza per l’intera filiera castanicola. Primo tra tutti è il meteo che sta sfalsando quelle che da secoli son state le stagioni.

Da produttore quali sono a suo avviso le prospettive future per il comparto castanicolo? Ci sarà una ripresa della produzione di castagne oppure l’abbandono completo del territorio?

Purtroppo alla luce dei recenti e continui cambiamenti climatici è difficile fare una prospettiva, sono tanti i giovani che anche per questa crisi castanicola stanno abbandonando la nostra terra e la nostra Irpinia. Da sempre la castagna è stata  una fonte di sostentamento per i nostri genitori e per i nostri avi e non vedo il motivo per cui non dovrebbe esserla per noi giovani. Sono però ottimista e credo nella ripresa di questa filiera, anche perché essendo la castagna un frutto privo di glutine, qualora si ritorni alle produzioni di una volta, può essere sfruttata ulteriormente per la realizzazione di nuovi prodotti che possano entrare anche in settori alimentari di nicchia. 

Molti produttori per non perdere quote di mercato preferiscono importare il castagne dall’Estero, e rivenderle sul mercato come prodotto locale. In questo modo non si rischia di svalutare la qualità di un prodotto di eccellenza riconosciuto a livello mondiale?

Non è che si rischia…. si svaluta il nostro prodotto e la nostra castagna!

Il sindaco di Montella Buonopane sostiene che occorre costruire un consorzio di tutela fra tutti i produttori e le parti sociali allo scopo di tutelare e valorizzare la qualità delle nostre castagne. Crede che quella indicata da Buonopane sia la strada giusta da seguire per tutelare il “prodotto castagna”?

Assolutamente si, purtroppo oggi come oggi è assolutamente impensabile stare sul mercato senza avere alle spalle un consorzio di tutela. I vantaggi economici dell’associazione consortile sono evidenti: con il consorzio si possono intraprendere strategie di più ampio respiro anche su contesti di mercato extra-nazionali, si condividono le esperienze ed i costi strategici, come soggetto ‘super partes’ si acquisisce maggior credibilità sul mercato e maggior potere contrattuale nelle relazioni con le Associazioni di categoria, Istituzioni e stakeholders di settore. Un motivo per la quale si costituisce un consorzio può essere quello anticoncorrenziale in cui si ricerca una solida filiera interna per proteggere dalla concorrenza reciproca, i consorziati che vi hanno preso parte. Il consorzio può essere costituito per svolgere servizi comuni a vantaggio dei consorziati  oppure per coordinare attività strategiche comuni per conseguire un obiettivo parzialmente o totalmente utile. In sintesi, se come azienda non riesci ad entrare in un determinato mercato o ritieni di non avere strumenti finanziari adeguati alla definizione del tuo nuovo obiettivo, perché non valutare l’ipotesi del consorzio?

 L’offerta mondiale di castagne è aumentata mentre la domanda è diminuita come si spiega?

Beh semplicemente perché, con il mercato globale tanti Paesi hanno visto la potenzialità di questo frutto e hanno messo in atto dei veri e propri piani di sviluppo della coltivazione intensiva di tale prodotto.

Viceversa si è assistito ad una diminuzione di tale domanda in quanto non tutte le cultivar di castagne prodotte nel Mondo si prestano a determinate lavorazioni, e chi in passato ha importato castagne di diversa varietà non ha fatto altro che svalutare il sapore, la qualità e lo status di castagna di Montella igp.

Giulio Tammaro

(da Fuori dalla Rete, Agosto 2020, anno XIV, n. 4)


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