C’è chi dice…
…che qualcosa con il virus è cambiato, anzi che noi siamo cambiati. E non si tratta di distanziamento sociale, nemmeno di mascherine e metri, ma di umori e sentimenti. Ma siamo davvero cambiati? Forse sì. Anche perché ci siamo trovati difronte a problematiche in cui eravamo inesperti e sostanzialmente ignoranti. Problematiche che non hanno toccato solo il nostro paesino, ma tutto il mondo. Potrebbe essere cambiato il modo di porci nei confronti delle persone, quelle che troviamo in fila ai negozi o alla farmacia.
Qualcosa è cambiato è vero. Ma qualcosa rimane uguale a prima di tutto questo: la stessa poca voglia di dialogare, anche se abbiamo macinato ore ed ore di video chiamate e di telefonate, che in un certo senso annullavano le distanze. Non possiamo non renderci conto che se il cambiamento, tanto decantato da più parti, avviene è frutto solo del fatto che ci si affida a visioni futuristiche delle cose. A cominciare dal fatto che chiusi in casa abbiamo ripreso ricordi di eventi passati e di persone del passato, potremmo sicuramente riprendere determinati discorsi. Magari fermi non solo a prima della quarantena, ma a più di 20 anni fa.
La voglia di ripartire avrebbe dovuto innanzitutto farci ragionare sul come, su quello che bisogna fare per rilanciare un territorio ed i suoi abitanti. E non basta solo il ritorno alla normalità, fatta di uscite di gruppo e di cene con amici. Ci vuole ben altro. Ci vogliono ad esempio buoni propositi, fatti di idee che mettono al centro la collettività. Ma ci vuole anche l’interesse, spesso sconosciuto, di farsi carico di una missione, sicuramente patriottica e dura: quale potrebbe essere una presa di posizione su determinati aspetti.
Checché ne dicano nel resto dell’Irpinia, sulla nostra montagna sono tanti gli sbocchi e sono tante le idee da poter sviluppare. Quello che però fa specie è che, anche dopo la chiusura totale di tutto, ritorniamo sempre a fare quello che stavamo facendo prima. Ritorniamo a vivere ed accontentarci di quello che abbiamo. In sostanza, sembra, che non ci sia voglia di ripartire. Voglia di scavalcare muri alti si e no un metro. La voglia di ripartire ce l’hanno fatta capire i fruitori della località, coloro che hanno manifestato sentimenti sparsi nei confronti di questo territorio. Ripartire non è facile, ma con un po’ di sano campanilismo, forse non è tutto perduto. Ripartire insieme, poi, sarebbe ideale; sarebbe anche utile per capire a cosa andiamo incontro. Gli anni passano e passano anche gli uomini, però quello che dovrebbe rimanere sono le idee. Anche se a volte siamo costretti a lasciarle in un cassetto per anni, a metterle in standby ed a mantenerle isolate, quelle restano lì. Nessuno le tocca e nessuno, se non vuoi, le mette in pratica.
Una cosa potrebbe essere chiara, la voglia di ripartire dopo il virus deve partire da noi, non da altri, non da governatori, amministratori, dirigenti, ecc. Da noi. Dalla comunità. Da coloro che vivono la quotidianità di un territorio. Magari, mettendo in campo energie ed idee bellissime, viste a km di distanza e si deve fare di tutto per farle vedere la luce anche qui. Perché no.
Qui, un posto come un altro, ma almeno è il tuo posto. Ben venga la famosissima Camminata Rosa e ben vengano le altre progettazioni in corso, ma cosa cambia se nessuno matura la voglia di rilanciarsi e di portare a termine un obiettivo. Abbiamo il dovere di riabbracciare non solo le persone in questa fase 3 dell’Emergenza Covid, che ci porta oggi ad abbassare anche la guardia, purtroppo, ma anche la cultura dell’essere un unico nucleo familiare.
La quotidianità ci è stata tolta, come ci è stata tolta, per un po’ la speranza. Quindi, andiamo avanti oltrepassando quello che non funziona e magari concentrandoci sul farlo funzionare, o concentrandosi su quelle cose che funzionano, che dalle altre parti della Campania ci dicono essere state messe a punto dai signori locali. Dal territorio, dalle persone, dalla cultura del paese.
Ancora una volta mi rendo conto che sollecitare a non imbracciare il fucile, ma ad indossare la maglia della stessa squadra è quasi utopico, ma ci riprovo. Perché a ripartire non deve essere il singolo individuo che va avanti da solo, ma la stessa squadra. Il gioco di squadra è il primo punto da mettere in pratica nella voglia di ripartire di un territorio che accoglie oggi, domani e dopodomani, non solo nel giorno della Camminata Rosa.
Quello che dobbiamo capire è che il sistema va cambiato e che tutto oggi viaggia molto più veloce del pensiero di un individuo o di pochi individui e per tenere il passo forse non è poca cosa riuscirci insieme. Arriverà un giorno in cui sarà opportuno scegliere, cosa, ancora non lo so, ma la scelta avrà a che fare con una unione. Al di là della politica, al di là delle amministrazioni, intendiamoci, penso sempre che nella visione futura delle cose un posto dovrà averlo chi amministra, ma prima di questo facciamo capire che virus e no, nessuno ci può fermare.
Giovanni Nigro
(da Fuori dalla Rete, Giugno 2020, anno XIV, n. 3)