Il prof. Tobia Chieffo è stato uno dei grandi protagonisti della vita politica e sociale di Bagnoli negli ultimi 40-50 anni. Nel 1975 fu tra i promotori della famosa “Stretta di Mano”, l’accordo politico tra il Partito Comunista e la sinistra di base della Democrazia Cristiana, ricoprendo nell’amministrazione del dott. Nello Corso anche la carica di assessore al Turismo. Ha ricoperto, tra i primi, nel 1980-1985 la carica di Presidente della Pro Loco di Bagnoli Irpino. Negli anni ottanta, decennio di massimo splendore del suo mentore politico Ciriaco De Mita, è stato prima Segretario della Democrazia Cristiana e poi Sindaco di Bagnoli nel quinquennio 1988-1993. Dal 1987 al 1991 è stato componente del CO.GE. USL n.2 di Sant’Angelo dei Lombardi. È stato anche membro del Co.Re.Co. (Comitato Regionale di Controllo) dal 1997 al 2002 diventandone nel 2001 Presidente. E Presidente della av2ecosistema spa dal 2007 al 2016. Negli ultimi anni ha costituto l’associazione culturale “BagnolièAmore”, di cui è presidente.
Professore Chieffo partiamo dalla sua prima e più importante esperienza politica giovanile: la “Stretta di Mano” del 1975. Allora l’accordo con i comunisti locali provocò una forte contrapposizione nella Democrazia Cristiana, con l’uscita di alcuni di voi dal partito e il nuovo posizionamento nell’associazione politica Alcide De Gasperi. Come si arrivò a quell’intesa e come mai dopo soli 3 anni quella esperienza, che coinvolse tanti brillanti giovani locali, naufragò?
La Stretta di Mano nacque nel luglio 1975 tra il PCI e il gruppo della Sinistra di Base che, già da qualche anno, si era riunito nel Circolo “Alcide De Gasperi”. Entrambe le parti perseguivano uno scopo principale: gli uni (DC) rompere il frontismo che da anni imperava a Bagnoli e gli altri (PCI) “mettere da parte” Aulisa ed avere un Sindaco comunista espressione del primo partito bagnolese. Personalmente, da giovane dc, ero stato affascinato dal demitiano “Patto costituzionale” e lavorai 2-3 anni per la realizzazione di questa intesa. Purtroppo l’accordo, concordato e sottoscritto, fu disatteso già al primo consiglio comunale; gli amministratori comunque, per amor di patria, cominciarono ad operare di buona leva nonostante il trasformismo e opportunismo di qualcuno. L’esperienza amministrativa finì nell’ottobre 1977; nei successivi mesi fino al marzo 1978 ci fu l’amministrazione monocolore PCI con il sindaco Antonio Patrone. La mancanza di fiducia, la diffidenza dei “massimalisti/integralisti/commissari del popolo” del PCI verso il primo cittadino il giovane Nello Corso portò, di fatto, alle sue dimissioni e alle nostre. Ostilità, le nostre, venutasi a creare vedi in primis per la questione Villa Gatti (con conseguenze che nessuno ha mai esaminato), poi per la Pro Loco e il Giro d’Italia nonostante il buon lavoro effettuato per le fogne a Laceno, per la C1 e il parco pubblico.
Negli anni ottanta, dopo aver fatto una lunga trafila ed esperienza nel partito, divenne il principale attore politico locale. Dapprima la segreteria del partito e subito dopo la grande vittoria elettorale alle amministrative del 1988. Cosa ricorda di quegli anni ottanta?
Quegli anni furono di certo un periodo di grande fermento politico, sociale e culturale nel nostro paese. Ricordo la vitalità dei partiti, la grande partecipazione alle assemblee sezionali, le feste dell’Unità e più tardi quelle dell’Amicizia, il successo sempre crescente della Sagra della Castagna e del Tartufo. Il tutto favorito, a mio parere, da una ritrovata voglia di partecipazione, di solidarietà e dello “stare insieme” susseguita al tragico evento del 23 novembre 1980. Personalmente mi entusiasmava la partecipazione dei giovani alla vita del partito, la creazione di una piccola scuola di formazione, la creazione del giornalino “BagnoliOggi” e gli importanti convegni sul Laceno. Ed ancora, le riflessioni politiche che ritengo siano state determinanti nel dibattito di quegli anni e che oggi sono di una attualità disarmante: il monito di Berlinguer sulla “questione morale” e la lezione di Moro (“..questo paese non si salverà, la stagione dei diritti si rileverà effimera, se non nascerà un nuovo senso del dovere..”). Così come il proficuo confronto politico tra i diversi partiti, confronto che ho sempre ritenuto debba avvenire nel rispetto reciproco, qualificando chi appartiene ad un altro schieramento come “avversario” e non come “nemico” da abbattere e sforzandosi, inoltre, di capire le ragioni e le motivazioni alla base del convincimento di ognuno. In questa ottica, gli amici della DC di Bagnoli mi scelsero come Segretario e poi, dopo l’ottimo risultato alle elezioni politiche del 1987 laddove si ribaltarono i rapporti di forza con il PCI, nel 1988 fui candidato a capolista nelle amministrative.
È stato sindaco nel quinquennio 1988-93. Cosa rivendica con maggior orgoglio, quale l’azione amministrativa che le ha dato più soddisfazione, quella che lei ritiene ancora oggi sia stata l’opera più utile per il paese? E quali, invece, i rammarichi maggiori?
Parlare del mio sindacato è difficile perché sono state davvero tante le cose fatte e gli obiettivi raggiunti per poterli condensare in poche righe. Tutte le opere, dalla più piccola alla più grande, hanno avuto la loro importanza e mi viene difficile scegliere tra la risoluzione della crisi idrica, la fognatura Laceno-Bagnoli, l’impianto di depurazione con lo sblocco del PIP, i fondi Italia 90, i fondi Campione d’Italia, il nuovo ITIS, il progetto del parco pubblico… fino al LacenoEstate. Comunque sono due le cose che ricordo con maggiore soddisfazione: il lavoro sottotraccia per la riapertura della Chiesa Madre; la crescita e la valorizzazione di diversi giovani (all’epoca) che sono stati al mio fianco nel partito e nell’Amministrazione e che poi si sono affermati in politica, nel sociale e nel mondo del lavoro. Il rammarico maggiore è sicuramente quello di non aver potuto dare continuità alle idee politiche di cui parlavo prima, i cui effetti “sgradevoli” ritengo siano stati determinanti anche per l’esito delle amministrative del 1993. Altro “cruccio” è sicuramente quello di non aver potuto realizzare il “Palazzo degli Uffici”, un unico immobile dove allocare tutti gli uffici pubblici, compreso Carabinieri, Banche e Poste (che già avevano dato la disponibilità all’idea progetto e al cofinanziamento) per offrire ai cittadini un migliore servizio ed assicurare entrate annuali al Comune.
Alcuni osservatori delle faccende politiche locale ritengono che in quell’epoca Bagnoli ha perso un’occasione storica. Avrebbe potuto rivendicare e fare arrivare a Bagnoli “fiumi” di finanziamenti pubblici, attese le maglie larghe della finanza statale ed il peso politico di Ciriaco De Mita, in quegli anni Presidente del Consiglio e Segretario Nazionale della Democrazia Cristiana. Come risponde a queste accuse?
Meglio far rispondere i fatti. Può darsi che il tempo trascorso abbia, come è inevitabile, ai più anziani fatto dimenticare un pò di cose e ai più giovani impedito di conoscere meglio le vicende di alcuni decenni fa. È un fatto, tuttavia, che intanto l’Irpinia poté godere di massicci aiuti dal governo centrale proprio grazie alla posizione preminente dell’on De Mita, storico protagonista della lunga battaglia a favore delle zone interne della Campania, a lungo prima trascurate. Un risultato tanto più significativo alla luce della particolarissima composizione della regione Campania che vedeva, allora come oggi, lo strapotere di Napoli e del suo hinterland rispetto alle altre province. Basta ricordare la ricostruzione post sisma, laddove la politica napoletana si battè per includere fra le zone terremotate l’area partenopea, colpita molto meno dei Comuni dell’Irpinia. Grazie comunque a quegli stanziamenti fu possibile avviare dei processi di industrializzazione che permisero di dare alcune risposte alla disoccupazione e nello stesso tempo la ricostruzione dei nostri paesi. Venendo a Bagnoli, voglio ricordare che negli anni 80-83 ci fu l’amministrazione di Alfonso Meloro, a cui successe dall’83 al 87 l’Amministrazione Pci del dott. Lenzi. Il mio sindacato coincise con un solo anno di Presidenza del Consiglio di De Mita, che nel 1989 perse sia la carica di premier che di segretario della DC. Della mia amministrazione, oltre alle opere già citate, voglio raccontare due episodi, che mi sono stati ricordati di recente dai protagonisti stessi. Ero a Roma a Palazzo Chigi ed ebbi notizia che in serata ci sarebbe stata una riunione per la ripartizione dei fondi CIPE per la ricostruzione. L’occasione era importante e perciò mi trattenni fino a in tarda serata… dopo di che telefonai al geom. Bello per comunicargli la somma che era stata attribuita al Comune: un importo enorme, tale da indurre Saverio a sospendere la commissione e andare al bar a festeggiare! Oppure basta chiedere alla ragioneria del Comune, Oriana Di Sunno, che, alla lettura sulla Gazzetta Ufficiale della cospicua cifra stanziata in favore del nostro Comune per l’emergenza idrica, credette in un errore di stampa. Non capisco questi “osservatori” quanti fiumi di finanziamenti si aspettavano e, comunque, possono sempre recarsi al Comune per verificare i finanziamenti avuti negli anni antecedenti e successivi al mio mandato.
Nel 1993 perse le elezioni amministrative con soli 7 voti di differenza. Una sconfitta da non dormirci la notte per mesi interi. I “politologi” nostrani ritennero che lei perse quelle elezioni per “PRESUNZIONE”, per non aver voluto stringere nessun accordo con i partiti e/o movimenti presenti sul territorio. Si riteneva in quel momento (quasi) INVINCIBILE. E questa cosa, anche all’interno del suo partito, la Democrazia Cristiana, qualcuno glie la fece pagare. È andata così?
Nelle elezioni del 1993 non ritengo di essere stato “presuntuoso”, ma solo coerente ed onesto con me stesso e con i bagnolesi. Da tempo avevamo il sentore che il PSI non volesse rinnovare l’alleanza del 1988. L’accordo non si fece “ufficialmente” sulla composizione della lista, perché i socialisti volevano innanzitutto la lista “bloccata” per garantire ai loro candidati l’elezione sicura, senza nessuna indicazione femminile delle 5 donne che si dovevano inserire in base alla nuova legge elettorale. Di conseguenza, i socialisti passarono con il PCI, che intanto aveva raccolto i nostri “fuoriusciti”, l’appoggio della destra storica, dei senza partito e dell’estrema sinistra. In pratica, come DC avevamo contro tutti gli altri partiti. Solo dopo pochi mesi, gli stessi socialisti, con volantini pubblici, declamarono peste e corna della nuova amministrazione! Per quanto riguarda la DC non ho mai pensato di essere “invincibile” e tutti sapevano che non avrei mai accettato i “ricatti” di qualcuno. Inoltre, era prevedibile, come in ogni elezione, aspettarsi il voltafaccia di qualche banderuola, la “riconoscenza” di qualche amico unto dal Signore e il doppio gioco di altri. Piuttosto fu importante che, per la prima ed unica volta, si votò solo la Domenica (non anche il Lunedì) e, come ho già detto, molto contribuì il mio operato che ha sempre cercato, sulla scorta delle idee prima richiamate, di moralizzare l’azione amministrativa con inevitabili e dovute ripercussioni su posizioni e privilegi precostituiti nel tempo. Nonostante lo scarto di pochi voti e le sollecitazioni giunte da più parti, decidemmo di non presentare alcun ricorso per non alimentare ulteriormente lo scontro politico e le divisioni sociali nel paese.
Da allora sono passati quasi 30 anni. Lei si è fatto volontariamente da parte. Ha lasciato spazio alle nuove generazioni. La politica nel frattempo è cambiata molto, sia a livello nazionale che locale. Non ci sono più i grandi partiti di massa della Prima Repubblica. Mancano i dibattiti e confronti politici, mancano le sezioni di partito, manca la politica, manca la selezione di una classe dirigente all’altezza del compito. C’è solo tanto personalismo e tanta confusione. Lei che idea si è fatta?
Lei ha riassunto bene le deficienze che caratterizzano la politica di oggi, rendendola schiava dei risultati immediati e della improvvisazione personalistica. Si può dire che, nella cosiddetta Prima Repubblica, vi erano molti fattori che facilitavano l’interesse verso la politica. I partiti erano forti, le parrocchie e le associazioni favorivano l’aggregazione soprattutto giovanile. Da questi processi emergevano le figure più valide, che poi con il tempo si facevano strada nei partiti perché emergevano da processi di selezione reale. E al loro interno la discussione, che spesso riguardava i problemi dello sviluppo territoriale, era estremamente vivace. Voglio ricordare, già all’inizio della mia esperienza politica, l’aspro dibattito fra i partiti di allora sull’Ofantina o sul Progetto 21 per le aree interne. Oggi, invece, difficilmente, il confronto riguarda le questioni concrete. Per giunta, il dissenso difficilmente viene tollerato quando non coincide con l’idea del leader, favorito da un sistema elettorale che premia la fedeltà al capo e non la forza e la qualità della rappresentanza. Io credo, comunque, che occorra fare i conti con la realtà, che non sarà più come prima. Oggi anche gli amministratori locali sono spesso abbandonati a sé stessi, privi di adeguati riferimenti politici. L’emergere di una nuova classe dirigente espressa dal territorio appare perciò particolarmente urgente ed importante, considerata l’emarginazione politica di cui soffre l’Irpinia negli ultimi anni!
C’è stata negli ultimi anni a Bagnoli una forte contrapposizione, un muro contro muro, tra demitiani e antidemitiani, con le amministrazioni Chieffo prima (2008) e Nigro dopo (2013). Nel 2018 si è (parzialmente) ricucito lo strappo con la vittorio dell’amministrazione Di Capua, lasciando però sul campo di battaglia tanto livore e tanta divisione, a discapito della coesione sociale. Qual è il suo giudizio?
Permettete una “battuta”: più che di antidemitiani parlerei, per molti, di “ex demitiani a corrente alternata” o di “antidemitiani a Bagnoli e demitiani fuori Bagnoli”. A dire il vero, già dagli inizi degli anni ’90, con la “caduta” del Presidente De Mita, qualche amico della sezione DC, per ingraziarsi l’allora PCI o per ambizioni personali, iniziò a criticare aspramente il partito. Nel 1997, dopo l’Amministrazione Scotto Di Clemente, il PDS, folgorato “di nuovo” sulla via di Nusco, avanzò ufficialmente l’ipotesi di un’amministrazione di Centro sinistra, e si diede vita all’amministrazione dell’amico demitiano Attilio Meloro, con il patto non scritto dell’alternanza del capolista tra il Partito Popolare e il PDS. Alle successive elezioni nel 2001, senza intoppi, i “demitiani” accettarono il candidato Di Mauro espressione della sinistra e contribuirono alla sua elezione. Nel 2006, invece, i dirigenti dei DS, coadiuvati da qualche “amico” del nostro partito, posero il veto sul naturale candidato a sindaco Carmelo Ventura, tacciato di essere “troppo demitiano”, ed indicando quale candidato a Sindaco condiviso il prof. Nicastro. Subito dopo le elezioni amministrative, qualche ex demitiano prima cercò di aprire un secondo circolo della Margherita e, svanita l’ipotesi, pensò bene di organizzare uno “spazio alternativo” ai partiti. Successivamente, con la fuoriuscita dal PD del Presidente De Mita (e del gruppo storico locale degli ex dc) e con le elezioni amministrative del 2008, si cristallizzarono definitivamente le posizioni. Posizioni che ritengo abbiano portato ad un conflitto forte che ha nociuto al paese che, di fatto, nei 10 anni successivi ha discusso poco del futuro e molto del passato, con forte personalizzazione dello scontro, con rimbalzi di responsabilità che, per alcuni versi, hanno avuto del grottesco. Nel 2018, anche per porre fine a tale scenario, si è cercato di ricostruire un alveo di centrosinistra con la speranza di superare divisioni, generare il ricambio della classe dirigente e soprattutto di favorire un confronto politico più maturo. Da sempre, noi ex democristiani ci siamo spesi per la pacificazione e il confronto sereno tra i partiti. Purtroppo gli esiti della campagna elettorale del 2018 da questo punto di vista hanno lasciato sul campo ulteriori strascichi polemici. C’è chi crede che dalle continue divisioni possa trarre vantaggi politici e personali e chi crede che solo una maggiore coesione sociale possa declinare un’idea di futuro per il paese.
La querelle seggiovie è (forse) finalmente giunta all’epilogo. Sono in dirittura d’arrivo i contributi pubblici che ci consentiranno di rinnovare gli impianti sciistici e parte delle infrastrutture presenti. A detta di molti, ci sono stati negli anni tanti errori e titubanze da parte di chi aveva ruoli di responsabilità. Lei che idea si è fatta?
In sincerità ritengo che tutte le amministrazioni interessate alla questione seggiovie si siano adoperate al massimo per il raggiungimento dell’obbiettivo finale. Magari qualcuno si è fatto trascinare da promesse del dirigente regionale o del politico di turno ma, ad ogni modo, nonostante i contrasti, le polemiche e le visioni di parte, credo ci sia stato l’impegno di ognuno. Del rifacimento delle Seggiovie si parlava già a fine anni’90 – ricordo uno studio di Sviluppo Italia – e nel succedersi di quattro consiliature e di quattro Presidenti di Regione sono stati realizzati diversi progetti con relativa candidatura a finanziamento. Di recente, anche grazie al lavoro dell’Amministrazione Di Capua, la Regione ha finalmente deliberato il finanziamento. Ora bisogna guardare al futuro. A tal proposito ho salutato con piacere le parole del Presidente De Mita, il cui “ruolo” su questo finanziamento non ha bisogno di commenti, che ha anticipato ulteriori interventi per una riqualificazione complessiva dell’Altopiano Laceno. L’emergenza COVID ha, in un certo qual modo, rilanciato e fatto rivalutare il turismo delle aree interne, in particolare della montagna. Questa concomitanza di eventi può e deve essere un volano per il rilancio definitivo e credo che sia necessario uno sforzo collettivo, sia del pubblico che del privato, per programmare il futuro del Laceno.
Lasciamo la politica e parliamo della Pro Loco Bagnoli-Laceno, un’associazione che lei ha contribuito a far nascere nel 1976 e che negli anni ha avuto il merito di portare l’evento Sagra della Castagna e Mostra Mercato del Tartufo Nero a livelli davvero importanti, con grande partecipazione di turisti. Qual è il suo giudizio?
Ho partecipato attivamente alla nascita della Pro Loco perché sono sempre stato convinto dell’enorme potenzialità che riveste in un contesto come il nostro. Ho ricoperto la carica di Presidente dal 1980 al 1985 durante i quali, oltre alla Sagra, ricordo con emozione l’incontro con Pertini a cui donammo un tartufo da 1 Kg. In quegli anni si è valorizzato il Coro Ligneo, capolavoro di assoluto pregio e vanto del nostro paese (ad onor del vero, però, non ho mai trovato riscontri documentali sulla nomina a monumento nazionale) attraverso un servizio fotografico di Gramignazzi (alla Pro Loco sono custoditi ben 5 album) realizzato proprio nel periodo del terremoto, una mostra curata dalla Soprintendenza BAAS di Salerno ed Avellino e la successiva pubblicazione del libro “Il Coro Ligneo di Bagnoli Irpino”. Per quanto riguarda la Sagra ritengo che i numeri registrati negli ultimi anni siano sì una risorsa importante ma, al contempo, in futuro non lontano potrebbero rilevarsi controproducenti se non gestiti in maniera adeguata. Sarebbe opportuno cercare di diluire gli afflussi in diversi giorni, valorizzare al massimo i produttori locali ed evitare la presenza di espositori (soprattutto forestieri) di prodotti non inerenti al contesto Sagra. D’altro canto, è facile intuire l’effetto di tali scelte sulla copertura economica dell’evento (e i relativi malumori) ma ritengo che con soluzioni alternative si possa migliorare, così come negli anni sono stati oggettivamente migliorati i servizi offerti, la promozione e le regole igienico-sanitarie.
L’ultima sua “creatura” è stata l’associazione culturale “BagnolièAmore”, di cui va molto fiero. Ci può dire qual è la vostra mission, quali le iniziative di questi anni e quali i progetti per il futuro?
Rispondo con enorme piacere a questa domanda per poter parlare dalle pagine di “Fuori dalla Rete”, dopo tanto tempo, di BagnolièAmore, perché rappresenta il mio impegno a favore del paese negli ultimi 20 anni e che spero di avere la forza di portare avanti per tanti anni ancora. Già dalla metà degli anni ’90 un gruppo di persone si erano impegnate per realizzare una serie di interventi sul nostro patrimonio artistico: restauro delle vesti delle statue dell’Addolorata e di S. Filomena, Altare dell’Immacolata della Chiesa Madre (stellario, corona, porticina tabernacolo ecc..), statua del Cristo Risorto e riparazione della Chiesa di S. Nesta a Laceno. Sulla scorta di tali iniziative, il 5 dicembre 2001, insieme ad una decina di amici (Angelo Chieffo, Antonello Nigro, Carmine Dell’Angelo, Raffaele Patrone, Salvatore Iuliano, Anna Bello, Caterina Meloro, Filomena Capozzi, Eleonora D’Antonio,) costituimmo ufficialmente l’Associazione con atto del notaio Forte proprio allo scopo di ricercare, tutelare e valorizzare il patrimonio culturale, storico e artistico del nostro paese. Pochi giorni dopo, si tenne la presentazione dell’associazione nella Chiesa di S. Giuseppe con la relazione del compianto prof. Passaro sul I Millennio di Bagnoli Irpino e l’esposizione per la prima volta della pergamena proveniente dall’archivio di Montevergine “Cartula donationis” dell’anno 1001, il primo documento ufficiale in cui si parla del nostro paese. Grazie alla instancabile dedizione dei soci vecchi e nuovi e all’aiuto di diversi bagnolesi, in questi 20 anni abbiamo potuto portare avanti una serie di iniziative che ritengo di notevole importanza, riscuotendo l’approvazione di molti e il biasimo di qualche incauto commentatore. Abbiamo recuperato e restaurato oltre una ventina di Statue in legno o cartapesta (oltre a mobili e tronetti) tra le quali la Madonna del Rosario con il suo stupendo vestito e quelle di S. Pietro e Paolo, particolarmente importanti perché realizzate nel 1651 prima del Coro. Abbiamo restaurato ed esposto al pubblico per la prima volta 4 tele di assoluto pregio (S. Tommaso, S. Domenico, S. Giuseppe con il Bambino e Le nozze al Tempio). Negli anni sono state numerose le iniziative di carattere culturale, come mostre e convegni (Santi, Santini e Statue; Il museo che non c’è; Per non dimenticare 23-11-80; Vincenzo Cione un eroe del nostro tempo; presentazione del libro fotografico “Aniello Capozzi Memorie di un’epoca; Ex Libris). Senza dimenticare le attività svolte in sinergia con le scuole medie e superiori, inerenti la storia locale ed i personaggi illustri, e le numerose esposizioni realizzate durante la Sagra della Castagna. Per il futuro l’augurio è che si possa continuare lungo il solco tracciato in questi anni ed è nostra intenzione completare il restauro delle poche statue lignee ancora danneggiate e di quattro quadri di enormi dimensioni gravemente rovinati, anch’essi mai esposti al pubblico (la Crocefissione, S. Pasquale, la Madonna con S. Guglielmo e S. Benedetto, S. Antonio con la Madonna), le statue d’argento (S. Antonio, S. Giuseppe e S.Onorio), i paramenti sacri recuperati dall’abbandono negli scantinati della Canonica… con il sogno, mai nascosto, di realizzare un museo “bagnolese” dove poter esporre le opere d’arte sacra, le tante opere di artisti bagnolesi appartenenti a privati con lo scopo ultimo di preservare e valorizzare l’eccellenza artistica del nostro paese.
A cura della redazione di PT39
(da Fuori dalla Rete, Novembre 2020, anno XIV, n. 5)