È un apprezzato chirurgo dello Ieo di Milano, ha 47 anni, ha operato mille donne con tumore al seno ed è un’eccellenza nel campo della ricerca sul cancro, ha ottenuto premi e i riconoscimenti a livello internazionale. Quest’anno il suo nome è stato inserito nella classifica degli scienziati più influenti al mondo dalla Stanford University.
Eppure non è stato sempre così, anche Giovanni Corso si è sentito un ragazzo svogliato e sottovalutato. Con la sua terra dice di avere «un’attrazione fatale». Ritornato per pochi giorni a Bagnoli per trascorrere le vacanze di Natale con la famiglia, si racconta attraverso i ricordi: «Ho lasciato Bagnoli nell’ormai lontano 1996 per trasferirmi a Siena e iniziare i miei lunghi e faticosi studi di medicina. In noi studenti di quegli anni c’era voglia di investire in qualcosa di più grande. Ho sempre avuto un carattere mite, ora in verità un po’ meno, Forse molti mi avranno anche sottovalutato, ma questo può essere un vantaggio».
Si riesce a stupire facilmente e magari anche a prendersi qualche rivincita. «Eppure i miei anni di liceo a Montella, mi sembravano noiosi e infiniti. Non brillavo. Non era un contesto per me. Volevo finire quanto prima. Mi sembrava tutto così fermo, statico. Il sistema obbligatorio della frequentazione scolastica quotidiana mi pesava. Nell’università, invece, c’era libertà, ma anche più responsabilità. Quello che posso dire senza problemi è che la mia vita universitaria è stata piena di rinunce. Ho studiato intensamente, sin dalle 5 del mattino. Non ricordo mai di essere andato in discoteca, nulla contro le discoteche, ma l’impronta era questa: investire tutto nello studio per garantirsi un futuro professionale, senza “se” e senza “ma”. Non credo affatto nel caso o nella fortuna, il successo arriva solo così, facendo tutto con passione, qualcuno si accorgerà prima o poi di noi e del nostro operato. Certamente oggi raccolgo un po’ i frutti del seminato, molti francamente inattesi, e troppe rinunce non le farei più».
Corso dice che con l’Irpinia ha un’attrazione fatale: «Quasi un “Odi et amo”, mi rendo conto dell’impossibilità di ritornare definitivamente, ma nello stesso tempo vivo con un po’ di nostalgia la distanza. Anche se ora possiamo benissimo vivere “a mosaico”, muovendoci costantemente».
Senza un attimo di esitazione rivela la parte più gratificante del suo lavoro: «Faccio tantissima ricerca, ma le soddisfazioni più grandi arrivano dall’amore delle pazienti, il loro affetto è incomparabile. Ho operato mille donne
con un tumore al seno, ma le ricordo tutte, ho impresso i loro sguardi, le loro paure, ma anche la loro felicità quando guariscono. Il mondo crolla quando arriva la diagnosi di un tumore, lo dico sempre ai miei pazienti, noi pensiamo che queste “cose” possono succedere solo agli altri. In qualche modo ci sentiamo immuni. Quando poi succede la vita cambia, è stravolta».
Dell’anno che va via il bilancio personale è positivo: «Il 2023 mi ha regalato tante soddisfazioni, come l’essere inserito nella lista World’s 2% Top Scientist, realizzata dal professor Joannidis della Stanford University, in collaborazione con il colosso mondiale dell’editoria scientifica Elsevier, una sorta di database degli scienziati più citati ed influenti al mondo utilizzando un algoritmo basato su diversi parametri oggettivi di valutazione. Il mio augurio per il 2024 è: maggiore conoscenza nel sapere in generale, unica strada per abbattere le disuguaglianze»
Paola De Stasio – Il Mattino 30.12.2023