Cosa resta delle feste, quando il sipario chiude e si torna alla vita normale? Diciamolo chiaro: tanta desolazione, molta tristezza, una montagna di spazzatura ed una stanchezza da abbuffata fuori dal comune.
I versi che seguono, pubblicati nel 1988 nella raccolta “Cocci di anima”, risalgono ad agosto (del 1977) quando, esaurito il ciclo delle feste paesane estive, resta solo la malinconia e la spazzatura.
Nel rileggere, alla tristezza solita per i tempi della ormai lontana gioventù, viene anche una certa nostalgia per lo zucchero filato ed il torrone citati, prelibatezze che allora era possibile assaggiare solo in certe, rare occasioni. Il consumismo che il povero operatore ecologico maledice fa sorridere, se paragonato a quello odierno. La raccolta dei rifiuti, gestita a livello di comune, era appena agli inizi e, credo, nessuno immaginava che ne saremmo stati sommersi. In tanti sensi.
DOPO LA FESTA
***
Gli operai a schiena nuda
sotto un sole impietoso
smontano il palco
portano via i pali.
Nelle strade deserte
la festa è già finita.
E mentre
la carovana delle giostre
si allontana
lentamente
uno spazzino impreca
allo zucchero
e al torrone.