Quando Elio mi ha cercato per dirmi «ho bisogno di te, dobbiamo far sapere un po’ di cose sull’autismo», ero perplesso. Argomento delicato, al tempo stesso doloroso e affascinante, pieno di implicazioni medico-scientifiche, facile scrivere scemenze: se è vero che l’autismo è in aumento, anche le scemenze mediatiche lo sono. Non vorrei contribuire. Non sono un giornalista scientifico, gli ho detto, e dell’autismo so quasi niente, non credo basti avere visto Rain Man. Non importa, mi ha risposto: sei uno che leggono in molti. Dunque devi darmi una mano. Ho delle cose da dire, e sono cose importanti. Si è presentato a casa mia con un signore alto e magro, Lucio Moderato, psicologo, 63 anni, direttore dei Servizi per l’autismo alla fondazione Sacra Famiglia, a Cesano Boscone, vicino a Milano (suo fratello Paolo, docente allo Iulm, ha in cura il figlio di Elio). Sguardo acceso, risata contagiosa, eloquio potente a dispetto delle difficoltà (è affetto dalla nascita da tetraparesi spastica, tratta le disabilità, dunque, a partire da se stesso), il dottor Moderato forma con Elio una coppia notevole anche visivamente, un po’ don Chisciotte e Sancho Panza, e il mulino a vento è l’autismo, condizione molto studiata ma ancora non ben definita, ad amplissimo spettro: deficit dello sviluppo neurologico che produce forti limitazioni nelle relazioni umane, tendenza alla chiusura, alla maniacalità, alla specializzazione ossessiva. Fino alla totale incomunicabilità e asocialità; alla incapacità di provvedere a se stessi; con sofferenze pesanti, a volte insostenibili, per le famiglie.
La storia qui riassunta parte dal percorso terapeutico e umano di Elio, di sua moglie Camilla, del loro bambino autistico. Eventuali imprecisioni o sbavature o approssimazioni sono attribuibili al cronista, non ai protagonisti della vicenda, ai quali posso imputare, al massimo, l’avermi sepolto sotto una mole impressionante di informazioni, sensazioni, speranze. Il figlio di Elio si chiama Dante. Nella severa avventura dell’autismo, Dante è fortunato: gemello eterozigote, i genitori hanno potuto verificare molto presto, in rapporto al fratello, i problemi nello sviluppo cognitivo. Si sono accorti subito, madre e padre, che qualcosa non andava. La diagnosi precoce è fondamentale, perché l’autismo non si cura (non è una malattia: è una condizione), però si affronta, si tratta. E prima comincia la battaglia, migliori sono i risultati. Si chiamano “terapie cognitivo-comportamentali”, prescindono dalla fatidica domanda sulle cause dell’autismo e cercano di rendere vivibile, qui e ora, un rapporto altrimenti invivibile. In molti casi ci riescono.
Elio decide di metterci la faccia quando si rende conto che le associazioni di genitori sono decine, le presunte “cure” sono decine, gli stregoni e i ciarlatani altrettanti, e la solitudine delle famiglie alle prese con il problema rischia di annichilirle; oppure, per disperazione, di esporle a tentazioni terapeutiche prive di qualunque fondamento. «Se hai un tumore vai all’oncologico, se ti rompi una gamba vai in ortopedia, ma se tuo figlio è strano, scende dal passeggino e comincia a correre come un pazzo, e tu passi le giornate a inseguirlo col terrore che finisca sotto una macchina, o che ai giardinetti salti addosso a un pitbull che lo sbrana, e il pediatra ti dice che probabilmente è autistico, non sai dove sbattere la testa. Il bambino urla nei negozi, la gente guarda male i genitori perché pensa che è maleducato. Non si volta quando gli parli, e l’esame audiometrico non serve a niente. Conosco persone che sono finite ovunque, cadute nelle mani di chiunque. Ci sono i teorici della chelazione, che attribuiscono l’autismo ai metalli pesanti nell’organismo e lo curano con altri metalli pesanti, facendo gravi danni. Quelli che dicono che tutto dipende dalla dieta, e propinano beveroni da ottocento euro a botta. Quelli che colpevolizzano i genitori dicendo che l’autismo è frutto del disamore».
Interviene Moderato: «Per anni ha imperversato la teoria nefasta delle madri frigorifero, anaffettive. Nel 1950 i medici dicevano qualcosa tipo “si isola perché non è abbastanza amato”. Fake news novecentesche, quando non si chiamavano ancora fake news. Montagne di sensi di colpa. È anche dalla ribellione delle madri colpevolizzate che le cose hanno cominciato a cambiare. Nel 1969 Leo Kanner, psichiatra, uno dei pionieri nello studio dell’autismo, abiura: ho detto una cazzata, ammette. Le madri-frigorifero non c’entrano un bel niente. Prende forza la strategia di psicoeducazione derivata dalle leggi dell’apprendimento, soprattutto in America. Adottando anche tecniche usate per l’addestramento degli animali da circo… Ecco un caso in cui la scienza non è cambiata motu proprio, ma anche per merito delle famiglie che si sono ribellate». «Quando ho deciso di metterci la faccia» riprende Elio, «mi sono reso conto che le associazioni di genitori sono un grande casino, circoli sparsi, niente di strutturato a livello nazionale, e invece sarebbe decisivo arrivare finalmente a un’uniformità, a una coerenza di azione. Mi sono ritrovato a un incontro pubblico a Varese, organizzato da un comitato di associazioni, una quarantina solo in Lombardia. L’obiettivo era una raccolta di firme da portare al governatore della Lombardia, Attilio Fontana. Ho mostrato ai presenti un’altra petizione: duecentomila firme per la liberazione di un cane che abbaia troppo, rompendo le balle a un intero isolato, ed è stato recluso. L’appello sui bambini autistici invece era fermo a diecimila, quando si dice un segno dei tempi… Ho fatto un ultimatum ai presenti: o raccogliamo almeno tante firme quanto quelle per il cane, oppure non se ne fa niente. Qualche animalista si è offeso. Qualcun altro mi ha detto: io firmo, ma solo se firmiamo anche contro i vaccini…».
E dal fake novecentesco, quello delle mamme anafettive, passiamo a quello odierno: non esiste uno straccio di prova che ci sia una relazione tra autismo e vaccini. I sostenitori della tesi (pochi) sono stati accusati di fare carte false, radiati dall’Albo. Moderato puntualizza: «Niente è a rischio zero. Esiste una bassissima incidenza di rischio anche per i vaccini. Ma la sola cosa che possiamo dire con certezza è che se si sospendono le vaccinazioni i casi di autismo rimangono gli stessi, i casi di poliomielite aumentano a dismisura». La questione dei vaccini viene saggiamente by-passata, le duecentomila firme vengono raggiunte in pochi giorni, Elio viene ricevuto dal neogovernatore e trova ascolto. I firmatari chiedono di attuare le leggi esistenti, che sono buone leggi, regionali e nazionali. Esistono le strutture, esistono i metodi riabilitativi, i soldi ci sono, la speranza è di fare della Lombardia una regione-guida nel trattamento dell’autismo e nel sostegno alle famiglie.
«Se siamo qui» dice Moderato «è perché vogliamo che le famiglie sappiano che si può fare. È un lavoro duro, faticoso, quotidiano, ma si può fare. L’autismo non è una malattia, è un disturbo dello sviluppo cognitivo. Ed è una condizione genetica, come nascere senza braccia o con le gambe corte. È insensato dire: ti guarisco. È giusto dire: faccio di tutto perché tu possa vivere ugualmente, migliorare anche di molto non solo la tua qualità della vita, anche quella della tua famiglia. È un processo abilitativo-esistenziale. Delle terapie cognitivo-comportamentali io sono al tempo stesso professionista e utente (ride). Il percorso che sta facendo il figlio di Elio l’ho sperimentato su me stesso. Sono nato spastico da una famiglia povera, in anni nei quali la disabilità non era considerata. E neanche il bullismo era chiamato per nome. Ti prendevano per il culo e basta. Problemi enormi di socializzazione, nessuno voleva sedersi vicino a me. Ma ho capito da subito che non era un destino da subire, il mio, ma una condizione da affrontare. La prima protesi è stata la penna biro, alle elementari avevamo calamaio e pennino, puoi immaginare i risultati. Con la biro è stato un trionfo… Poi sono arrivati gli anni fantastici nei quali è cambiato tutto, l’abolizione delle classi speciali, la legge Basaglia. È cambiato, finalmente, il paradigma culturale: la disabilità non significa non potere fare le cose; significa non sapere come farle, e imparare a farle. Mi sono detto: nessuno deve mai più permettersi di trattare male i tipi come me. Mi sono iscritto a Psicologia e tutto è cominciato». L’ultima parte della conversazione è dedicata ai numeri – impressionanti – dell’autismo. Lo spettro è molto largo, con disturbi da lievi a gravissimi, da casi di livello intellettivo molto basso fino a livelli altissimi (il matematico di A Beautiful Mind: ma di supposto autismo, anche per l’aura di misteriosa/tenebrosa genialità che quella condizione evoca, è pieno l’albo d’oro dell’umanità: da Buonarroti a Einstein).
Si parla di decine di migliaia di casi nella sola Lombardia: nella sua ricaduta sociale, un problema gigantesco. Sicuramente i nuovi metodi diagnostici contribuiscono a ingigantire il numero dei casi, oggi si individuano cose un tempo invisibili e innominate, basti pensare alle dislessie o alle intolleranze alimentari.
La diagnosi non passa per la Tac o per la risonanza magnetica, il problema non è morfologico, è “eletttrico”, per così dire. Neuroni che non si parlano, connessioni che non funzionano. Circuiti cognitivi che si tenta di riattivare passo dopo passo, goccia a goccia, perché «lo sviluppo cognitivo può essere come una botte, che riempi molto velocemente, oppure come una damigiana che ha il collo stretto e va riempita lentamente. La capienza è la stessa, il tempo necessario è molto più lungo». Sulle cause dell’autismo vale una salutare, razionale prudenza. «È un po’ come cercare la pietra filosofale… E poi per me, per il lavoro che faccio, scoprire le cause è meno importante: devi lavorare su quelli che ci sono, per la qualità di vita di Dante che è ben diversa da quella che era una volta. Quanto alle supposizioni, sono lecite e interessanti purché non le si spacci per verità scientifica, per oro colato. L’inquinamento è un’ipotesi. Sono stati fatti studi secondo i quali ai piani bassi delle case, in città, si registra un numero superiore di casi. Di certo, il gene non è il produttore unico della malattia. C’è una predisposizione genetica al tumore, ma il tumore può venirti anche se hai una bassa predisposizione genetica. L’ambiente influisce, modifica. E si dovrebbe cominciare a discutere seriamente anche della sovra-sollecitazione del nostro cervello. L’uomo non è multitasking. I casi di Alzheimer sono in netto aumento. In grande crescita tutti i disturbi dell’attenzione, perché l’attenzione è sovrastimolata. Per fare un esempio terra terra, i neuroni sono il nostro impianto elettrico, se lo sottoponi a uno sforzo eccessivo il fusibile salta».
L’incidenza dell’autismo è quattro volte superiore nei maschi. Ma anche questo dato non è interpretabile, allo stato delle cose, in maniera scientificamente attendibile. Il cervello umano è un mistero in larga parte ancora impenetrabile. Quello che premeva dire a Elio, e al dottor Lucio, è che questo mistero non deve atterrire. Ogni cervello umano corrisponde a una vita, ed è di quella vita che ci si deve prendere cura. Si può fare.