Emergenza covid-19: Intervista al dott. Mario Di Mauro

A cura della redazione

I medici di famiglia e di continuità assistenziale hanno avuto un ruolo determinante, da protagonisti, durante tutta questa emergenza sanitaria, e lo hanno svolto a testa bassa, con professionalità e abnegazione, operosità e generosità, in doveroso silenzio e senza mai (inutilmente) polemizzare.

Hanno pagato un prezzo enorme, in termini di contagi e vite perdute a questa pandemia. Sono stati il primo contatto, il necessario filtro, tra i pazienti affetti da covid-19 ed il sistema sanitario nazionale. E lo hanno dovuto fare, soprattutto nella fase iniziale della pandemia, anche senza o con insufficienti dispositivi di protezione individuale.

Molti di noi solo adesso, forse tardivamente, stanno meglio comprendendo il loro insostituibile ruolo, la loro preziosa funzione di “Sentinelle” a salvaguardia della salute di ciascuno, della salute pubblica di tutti i cittadini.

Ed è (anche) per questo che abbiamo pensato fosse doverosa, oltre che utile per la comunità, un’intervista congiunta ai quattro medici di famiglia che esercitano la loro professione a Bagnoli: dr. Aniello Corso, dr. Domenico Corso, dr. Rolando Di Lucia, dr. Mario Di Mauro. Abbiamo dato voce ai “nostri” dottori, quelli con i quali quotidianamente ci rapportiamo, chiediamo assistenza e consigli, prendiamo volentieri un caffè insieme e/o condividiamo una passeggiata. E loro hanno accolto questo nostro invito con entusiasmo, ci hanno raccontato esperienze, emozioni, opinioni e quello che immaginano possa essere il “mondo dopo”. Ne è venuta fuori un’intervista davvero interessante. A ciascuno di loro va il ringraziamento dell’associazione PalazzoTenta39.

Buona lettura.


EMERGENZA CORONAVIRUS: Intervista ai medici bagnolesi di medicina generale

Dott. MARIO DI MAURO

Da quando è iniziata l’emergenza Coronavirus cosa è cambiato per i medici di medicina generale e quali sono le difficoltà maggiori che riscontra in questo periodo?

Dover visitare senza un’adeguata protezione  e mettere in serio pericolo la vita propria dei cari più vicini è stato veramente frustrante. Certamente non degno di un Paese civile. Non credo di avere cambiato granché nella pratica quotidiana ad eccezione di maschere, guanti e un poco di timore in più. 

Come funziona una visita ambulatoriale ai tempi del coronavirus? Si riesce tramite il triage telefonico a capire se il paziente che chiama sia affetto da una banale influenza stagionale o se invece si tratta di Covid-19? 

Purtroppo la contemporaneità con l’influenza crea qualche problema ma il triage telefonico è  utile perché la presenza di alcuni sintomi è altamente predittiva di covid. Vedi difficoltà respiratoria, profonda stanchezza, alterazione del gusto. Ma  è vero che l’assenza  non è del tutto tranquillizzante. Quindi il paziente capisce che è importante il colloquio telefonico prima di essere visitato. 

In queste settimane di emergenza sono aumentate le richieste di visite da parte dei suoi assistiti? Riceve chiamate o richieste di chiarimenti o rassicurazioni? Quali sono le sollecitazioni più comuni che le fanno? 

Adesso l’affluenza allo studio è molto calata perché c’è timore, ma fino a metà marzo non c’era la reale percezione della gravità del problema per cui i pazienti affollavano lo studio creando potenziali rischi. Una buona percentuale vuole solo essere rassicurata in caso di febbre e malessere generale. L’assenza di dispnea, profonda stanchezza e di alterazione del gusto ci consente una certa tranquillità, ma occorre sempre valutare l’evoluzione della terapia. 

Come hanno reagito i suoi pazienti al lockdown? Ha riscontrato casi di disturbi psichici dovuti alle ristrettezze a cui siamo sottoposti? 

Qualcuno mi ha chiesto un certificato medico per poter andare a camminare in solitudine e in luoghi isolati. Di solito non faccio certificazioni di compiacenza ma in questo caso ho acconsentito volentieri perché effettivamente le persone più fragili psicologicamente hanno grossi problemi. 

Sono stati tanti, troppi, i sanitari che in Italia hanno perso la vita in questa battaglia. Sono più di 150 i medici deceduti (e questo numero purtroppo continua inesorabilmente a salire di giorno in giorno). L’impressione è che soprattutto all’inizio della pandemia, ci sia stata troppa confusione. Mancavano chiari e severi protocolli da seguire, non c’erano per tutti i sanitari sufficienti dispositivi di protezione. Cosa, secondo lei, non ha funzionato nel Servizio Sanitario Nazionale e nella Regia di Comando? 

Le critiche più aspre al servizio sanitario nazionale le ho sentite dalle stesse persone che hanno operato i tagli più feroci e frammentato in modo vergognoso nel nome di un’autonomia incomprensibile. Non mi addentro in valutazioni di natura politica, ma dobbiamo difendere il nostro Paese dalle spinte privatistiche. Piuttosto vanno privatizzate le teste di chi ha responsabilità decisionale. Si ricordi che un incapace al comando è doppiamente pericoloso. Primo non sa far altro che decidere da incapace. Secondo toglie spazio a chi saprebbe far meglio. Il giorno in cui si capirà questo il nostro Paese occuperà il ruolo che merita. Che la sanità pubblica dimostri grossi problemi è pura ovvietà, ma criticare adesso è da incoscienti  ed irresponsabili. A dire che molti aspetti dei SSN sono disastrosi siamo tutti bravi. La soluzione non è la chiusura e i tagli indiscriminati bensì aggiustare le distorsioni e cacciare gli incapaci valorizzando le eccellenze. Ovviamente si è scelto di chiudere buttando acqua sporca e bambino. Pensate che statisti ci ritroviamo. 

Alla fine di questa emergenza sanitaria, nulla sarà più come prima. Tante cose cambieranno: dal lavoro, alle relazioni sociali, al tempo libero. Lei come immagina il prossimo futuro? 

Abbiamo ancora i capannoni pieni di bare e sono ripresi i soliti battibecchi  fra fazioni politiche con la complicità di pseudo giornalisti. Temo che il covid non insegnerà molto. Qui c’è troppa gente che offende il giornalismo, il sindacato e la politica. Fin quando non ci sarà un vaccino efficace saremo costretti a tutele e distacco sociale ma, come tutte le pandemie, anche questa finirà.

Quali insegnamenti professionali e di vita si possono trarre da questa drammatica vicenda? 

Le pandemie fanno parte della vita, continueranno a presentarsi e modificare gli equilibri della natura. Alcuni accusano l’inquinamento e il sovraffollamento. Potrebbe essere, ma i virus del passato hanno ucciso molto di più del covid. Oggi è tutto più amplificato, per cui si ha una percezione distorta. Basti ricordare che la “spagnola” portò via ben 20 milioni di persone cioè dieci volte le vittime di adesso. Al confronto il covid è più generoso. Sarà necessario ristabilire una giurisdizione dello stato centrale in casi di disastro nazionale e ripristinare un’autonomia statale nella produzione di sistemi di protezione sanitaria. Comunque una generazione che deturpa gravemente il pianeta che lo ospita, che delocalizza linee produttive consentendo ad una élite di arricchirsi spudoratamente creando enormi discrepanze sociali non può che aspettarsi problemi. Speriamo che c’è la caviamo.

La redazione di PT39

(da Fuori dalla Rete, Maggio 2020, anno XIV, n. 2)

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