Per un Papa diventare Santo non è mai stata un’impresa facile. Pensate che per sei secoli ( dal 1313 al 1954), Pio V è l’unico pontefice proclamato santo. Antonio Ghislieri, piemontese (un dato anch’esso unico), figlio di pastori, lo divenne dal gennaio del 1566 al 1572 anno della morte. Teologo e inquisitore domenicano operò con le buone e, soprattutto con le cattive, per la riforma della Chiesa secondo i dettami del Concilio di Trento, diventando per le sue gesta un campione della Controriforma. Quando giovanetto di quindici anni – verso il 1519 – studiava a Bologna fece amicizia con Ambrogio Salvio, già sacerdote originario di Bagnoli Irpino. Le loro strade erano destinate ad incrociarsi. Infatti Ambrogio Salvio, zelante predicatore e spietato inquisitore, fece ritorno a Napoli nel Convento di San Domenico Maggiore e pur facendo la spola con Roma, iniziò a rivelare un grande talento nell’opera predicatoria contro le eresie che stavano prendendo piedi a Napoli.
Le sue prediche pubbliche ebbero un tale successo che quando, Carlo V, nel 1535 reduce dalla d’impresa di Tunisi, entrò in Napoli fu scelto Ambrogio Salvio come oratore ufficiale. Fu tale l’impressione che fece la sua omelia contro gli eretici che il Re volle conoscerlo e nominarlo suo confessore, privilegio che, per ordine del Re, Salvio dovette comunicare con una lettera ai suoi compaesani. Il suo zelo contro gli eretici, arrivò a tal punto che nel 1542 davanti al Duomo di Napoli fece un falò di libri proibiti appena arrivati e in circolazione, con una predica che infiammò il numeroso popolo accorso per lo spettacolo.
La benevolenza del Re e le sue prediche gli fecero accumulare cospicui guadagni, ma li destinò all’ingrandimento e al miglioramento del Convento dei Domenicani a Bagnoli – dove ritornava volentieri – dotandolo di uno Studentato e di una Biblioteca. Ma non solo: l’amicizia con Carlo V gli consentì di ottenere un privilegio che segnò la storia di Bagnoli Irpino: il pascolo gratuito per 1500 pecore appartenenti al Convento di San Domenico di Bagnoli nel Tavoliere delle Puglie allora proprietà statale. Considerato che far svernare da ottobre a maggio le pecore in Puglia, per pastori era un costo ed una necessità, attraverso diversi contratti (chiamati di “soccida”) i pastori iniziarono a gestire pascolo e pecore in cooperativa con i Domenicani dividendone gli utili. Insomma ci fu un rilancio della pastorizia in grande stile. Tale accordo coinvolse anche i pastori nuscani tanto che fra i maggiori troviamo un certo Amato Rullo. Ma non era finita, frate Ambrogio Salvio chiese ed ottenne anche che il sale fosse franco per quanti vestivano il cappuccio. Insomma i monaci compresi i Domenicani avevano gratis il sale per quanto era necessario al Convento.
Il successo non insuperbì Ambrogio Salvio, anzi egli si conservò umile ed amato da tutti, spendeva molto per la sua Bagnoli e per il suo ordine, rifiutando anche alcuni prestigiosi riconoscimenti che Bagnoli gli offriva. Quando poi, nel 1566, divenne Papa quel ragazzino incontrato a Bologna, questi con il nome Pio V lo nominò suo Predicatore, avendo per lui sempre un occhio di riguardo. Dopo la Battaglia di Lepanto, infatti, furono istituite le Congreghe della Madonna del Rosario ma il Papa diede tale esclusiva ai Domenicani. E la decisone di riflettè anche a Bagnoli Irpino.
Gli incarichi furono numerosi: da Vicario Generale del suo ordine, fu nominato Vescovo di Nardò (1569) dove, sebbene osteggiato dal Duca di Nardò, gli bastò poco per farlo mettere in riga dal Vicerè di Napoli. Si racconta che Ambrogio Salvio faceva resistenza per l’età avanzata ad accettare nuovi incarichi e una volta lo stesso Papa, alla sua ennesima prova di obbedienza, gli regalò il suo bastone che avrebbe potuto aiutarlo a sopportare la fatica.
Si racconta, inoltre, che quando era Vescovo di Nardò, durante una carestia, aveva non solo svuotato i granai per soccorrere i poveri, ma anche raccomandato al nipote di conservare per la famiglia solo lo stretto necessario. Una sera sentirono bussare alle porte dell’Episcopio: entrarono diversi asini carichi di sacchi di frumento, offerti da mani ignote ma accompagnati da una lettera. Lo sconosciuto chiedeva preghiere al Vescovo i cui meriti erano grandi davanti a Dio e nei confronti dei poveri.
Giovanni Marino