Fronte del salotto (diario di una quarantena senza gloria)

di Alejandro Di Giovanni

Il sole che filtrava tra le fenditure della tendina, già da un po’ scrutava il disordine di una camera da letto silente e sospesa, il tepore di un’altra giornata d’aprile invadeva la stanza; allora scosto il piumone che, in questo periodo, passa dall’essere necessario a insopportabile da una mattina all’altra o addirittura da un momento all’altro nella stessa notte, e che fai fatica dunque a mettere da parte. Non so che ore siano, solito sfuggente orario, dovranno essere almeno le dieci, sono andato a letto alle tre passate, dai ci sta.

Avevo dormito bene, un aprile dolce dormire stava eseguendo il suo ligio dovere. Avevo visto un gran film giapponese di Kurosawa verso mezzanotte, I cattivi dormono in pace, pensai allora bizzarramente che quel sonno fosse stato conciliato da qualche mio peccato, se è vero che in pace dorme il cattivo, come sosteneva il film. Accendo il telefono, eh sì, sbaglio sempre di poco, dieci passate da pochi minuti. Il problema, ma nemmeno tanto, è che conosco l’ora e il posto, ma non ricordo il giorno: sarà giovedì? O magari proprio domenica?

Conta poco, oggi gli eroi son tutti giovani e stanchi, mi basterà scegliere tra penne o rigatoni, pesto genovese o salsa di pomodoro, buttare l’immondizia. Caffè (“l’incasso mensile per flettere l’intestino e allargare l’ano è sufficiente”), musica, quotidiani, internet, autoerotismo, pranzo, tv, internet, corso, libro, cena, immondizia, film. Certo, vuoi mettere poi la fatica di scegliere il film, tra i tanti generi, e tra i tanti generi i tanti registi. Per non parlare della spesa, che stress con la mascherina, mi rende brutto, e poi girare di continuo per trovare le cose che servono, io non posso stare un quarto d’ora per trovare una bottiglia di vino rosso decente, e buttate sta merda di vini senza uva.

Per fortuna non dobbiamo stirare, che cavolo, ci mancava solo questo: in casa se fai davvero qualcosa è proprio stropicciarti.  Ma i veri drammi sono quei piatti che hai lasciato dalla cena, e che in coalizione con quelli del pranzo ora ti guardano con l’aria beffarda di chi sa già che avrà presto le tue mani insaponate di Svelto sui propri bordi sudici di salsa e grasso. Per non parlare dei vestiti da stendere, meno male sono nato bipede, eppure i calzini spuntano come ebeti al raduno di Pontida, con un altro piede io non so come sarebbe finita. Certo, questo non lo fai tutti i giorni, e ci mancherebbe pure!

Ora accendo la tv, che solo il pensare a queste cose mi ha fatto stancare, mi butto sul divano. Ovviamente si parla della pandemia, eh sì, brutta storia. A proposito, ma la bottiglia di vino rosso che con fatica sono riuscito a trovare e portare fino a casa in macchina? Ah, eccola, un bel calice, mentre scelgo tra vitello o maiale… Vitello! Ci vuole un po’ di musica, prendo il telecomando e pigio mute sul telecomando. Metto Spotify, attacco la cassa bluetooth, questo pezzo degli Interpol mi fa impazzire, No I in Treesome, la parte “life is wine” come ci sta bene adesso.

Beh, il vino scende, e la bistecca è andata. Ah, una videochiamata, poi magari vedo un film o leggo, i piatti della cena nemmeno si scorgono da qui, dovranno attendere i rinforzi. Che risate durante la videochiamata, abbiamo bevuto e riso, mi sento brillo ma anche autocompiaciuto. Ah, è ancora accesa la tv, varco il fronte del salotto e tolgo l’impostazione silenziosa, mi areno come un facocero tramortito da un dardo anestetico sul divano.

La tv ha continuato a narrare del Coronavirus per tutto il tempo, bene, vi ricordate che qui c’è gente che soffre? Infatti ho letto anche che questa pandemia è stata paragonata ad una guerra, che siamo come soldati in trincea o civili che patiscono… Hug, scusate, il singhiozzo, il Chianti Gran Riserva bussa alle porte della gola appagata. Poi sai, qui siamo nella zona rossa, al fronte in pratica. Beh sì, cerchiamo di resistere, è dura. Vorrei pedalare sulla ciclovia del fiume Oglio e discendere fino al Lago Iseo, ma non posso. E’ l’ora del sacrificio, è tempo di privazioni. Infatti ho letto anche delle interviste a gente che soffre per questa quarantena, soprattutto di chi sta al nord. Stasera però è un po’ freschetto, prendo la morbida coperta di pile, meglio.

Dove eravamo rimasti? Ah, le immagini scorrono sul televisore, vedo delle persone in camice: medici in lacrime, disperati, provati nel corpo, nella mente e nell’anima, infermieri che portano il segno sul viso di turni massacranti, persone che salvano o cercano di salvare altre persone e rischiano la propria vita, ah, ne sono morti più di cento. Beh sì, sono eroi anche loro, ma noi che non abbiamo potuto fare Pasquetta? E questo su Facebook che giustamente si lamenta di annoiarsi? E quest’altro senza più vino?

Ritorno alle immagini della tv, riportano l’esempio “eroico” di un meridionale che ha deciso di rimanere in trincea al nord nella zona rossa lombarda. Wow, come me, cioè potrei essere io. Il vino si fa sentire, spengo la tv e mi trascino fino al letto, tardi come sempre, forse le due e mezza. Sistemo il cuscino, col vino non ho problemi a trovare la posizione giusta per farmi prendere dal sonno, potrei dormire anche con il mento sulle ginocchia.

Prima di piombarci del tutto un ultimo pensiero mi raggiunge: ho finito il Chianti, vabbè dai, domani berrò quello di qualità inferiore, d’altronde sono o no un eroe?

Alejandro Di Giovanni

(da Fuori dalla Rete, Maggio 2020, anno XIV, n. 2)

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