Pare si stia avviando finalmente alla fine la vicenda abbastanza penosa delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America.
Per giorni abbiamo assistito ad uno spettacolo tragicomico, dovuto anche ad un sistema elettorale pensato secoli fa e che, in questa occasione, ha mostrato tutti i suoi limiti. Alla fine il risultato è arrivato; anche perché, ad un certo punto, lo staff del presidente eletto, Joe Biden, ha detto chiaramente a Donald Trump: “Fuori gli intrusi”.
Volendo ridere, si potrebbe dire che Trump ha fatto la figura del bambino al quale portano via il giocattolo preferito. Ridicolo.
Ma la questione è più seria: la mancata accettazione del risultato elettorale rischia di minare la democrazia americana e dell’intero pianeta. Abbiamo visto tutti, in TV, le immagini dei sostenitori di Trump che, nei pressi dei seggi dove si contavano i voti, avevano i mitra a tracolla…. Perché l’altro aspetto della questione è appunto il Trump minaccioso, che non si rende conto che le parole dei leader possono diventare pietre e proiettili, nella testa dei sostenitori.
Il Trump minaccioso, per la verità, mi ha ricordato un’altra immagine: quella di Mussolini che, nel novembre del 1922, all’indomani della marcia su Roma, incaricato di formare un nuovo governo, durante il discorso di insediamento alla Camera disse:” Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli; potevo sprangare il Parlamento e costituire un governo esclusivamente di fascisti…”.
Fortunatamente da quel novembre 1922 è passato un secolo.
Fortunatamente gli americani pare abbiano imparato la lezione.
Fortunatamente abbiamo potuto tirare tutti, in Europa, un sospiro di sollievo (ad eccezione di Salvini che ha girato l’Italia con una mascherina inneggiante a Trump: ormai il “capitano” le perde tutte…).
Con Trump finiscono il populismo e il sovranismo? Questo non può saperlo nessuno. Una cosa è certa: Trump durante la campagna elettorale di quattro anni fa ricordava Berlusconi. Durante la sua amministrazione ha ricordato Mussolini. Quando oggi minaccia, ricorda Kim Jong-un.
Una sequenza plasticamente agghiacciante che ci fa capire, ancora una volta, quanto la distanza tra populismo e dittatura sia breve.
Su tutta la vicenda, però, credo siano opportune altre considerazioni.
La diffusione capillare dei social ha dato la parola a tutti e questo, in teoria, è un fatto positivo. Sempre, però, che chi li usa lo faccia con grande senso di responsabilità. Le parole dette da Trump negli ultimi giorni, ad esempio, sono pericolose proprio perché hanno spinto i suoi sostenitori ad uscire allo scoperto e con i mitra a tracolla, come detto. Con il pericolo di trasformare le elezioni in una guerra civile.
Ma anche chi legge i social deve farlo con grande attenzione, guardando alla credibilità di chi scrive. Ad esempio: se uno è stato parlamentare o consigliere comunale e nessuno se ne è accorto; se agli atti del Parlamento o del Comune non c’è neanche una parola detta da questo “fantasma”, è credibile, questa persona, nel momento in cui critica, anche pesantemente, quanti dedicano o hanno dedicato il proprio tempo alla amministrazione del bene comune?
Le parole sono pietre, scriveva Carlo Levi più di sessant’anni fa, e le pietre possono far male. Usiamole invece per costruire, le parole e le pietre, come facevano in passato i nostri progenitori.
Un’ultima notazione: penso di interpretare il pensiero dell’intero direttivo di Palazzo Tenta 39, offrendo solidarietà e collaborazione a chi ad esempio, in un momento così difficile, dal Comune, o anche fuori di esso, garantisce una gestione apprezzabile dell’emergenza sanitaria (come provano i dati sui contagi in Alta Irpinia), qualunque sia il ruolo svolto, amministrativo ma anche semplicemente civile.
Luciano Arciuolo