Ci sono persone, che, nonostante la vita, hanno saputo coltivare progetti e sogni, hanno saputo immaginare ciò che non si vede, hanno saputo far rivivere il passato e il racconto, hanno alimentato con dolce tenacia le loro idee e utopie.
Chi era Giambattista Assanti se non un grande sognatore, se non una persona, che sapeva andare oltre ciò che gli altri uomini possono immaginare? Perciò, era diventato sceneggiatore e regista, perché l’arte del racconto, l’arte visionaria del cinematografo, lo aveva accompagnato tutta la vita, dal primo all’ultimo giorno.
Figlio di una famiglia di “cinematografari”, come lui stesso amava affermare, Giambattista Assanti avrà seguito il padre Gaetano sin dalla culla nelle proiezioni estive in giro per la provincia di Avellino, un padre che aveva ereditato quest’anno da suo padre. E infatti, in una foto d’epoca, vediamo un signore (Gaetano), che amorevolmente deposita un bambino quasi neonato sul cofano di una macchina, forse proprio durante uno dei viaggi cinematografici irpini.
Novello protagonista di un nostrano “Nuovo cinema paradiso”, ha coltivato l’arte del cinema per decenni, è nata la multisala “Carmen” a Mirabella Eclano, quindi il Festival di sceneggiatura “Scrivere il cinema”. Giambattista ha appreso l’arte di raccontare il cinema attraverso la vita vissuta, ma poi ha perfezionato tecnica e racconto al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, dove ha avuto maestri i migliori cineasti italiani, tra cui gli irpini Sergio Leone ed Ettore Scola. Di questi “Maestri” parlava sempre con gratitudine e affetto.
La passione per il racconto, che Giambattista curava con notevole gusto estetico, portava il regista a lavorare in modo meticoloso e attento ai particolari, a vedere e rivedere la sua opera, a non avere fretta. E così ha firmato i lungometraggi “Ultima fermata” (2015), con Claudia Cardinale, che valse la candidatura al David di Donatello, e “Il giovane Pertini” (2019) – incompiuto “Il segreto di Hanna” – e una serie di cortometraggi, alcuni impegnati per la terra d’Irpinia, tra cui “Le campane di S. Ottone”, con Giulio Scarpati.
Relativamente giovane – si è spento all’età di 59 anni il 27 maggio scorso -, ancora nel pieno della sua energia creativa, per quasi un quarantennio è stato tra i protagonisti del cinema in Irpinia. Non a caso, lo troviamo a Torella dei Lombardi, nel 1993, alla prima edizione del Premio Sergio Leone, pronto a dare consigli, a intrecciare contatti, a fornire idee, protagonista del dibattito sul futuro della nostra “Terra del cinema”.
Giambattista era una persona molto umile, alla mano, perciò talvolta veniva tenuto poco in considerazione. Ma quel giovane fu in grado di portare a Torella per la prima volta Franco Nero, diede ottimi consigli all’Amministrazione comunale, ai sindaci di allora Vincenzo Lasprogata e Angelo Marciano, al Vicesindaco Rosario D’Agostino.
Curava anche le proiezioni del Festival, da “manovale” del cinema. Sapeva affrontare le difficoltà senza scoraggiarsi, aveva sempre pronta l’arma di un sorriso intelligente.
E poi la sua creatura, “Scrivere il cinema”. Ricordo ancora con emozione la sera del 9 settembre 2016, quando con “Lettera a un giudice” ebbi il Premio per il romanzo, che Giambattista considerava uno spunto utile per un film, per una sceneggiatura.
Avrei voluto realizzare con lui questo sogno. Ma il destino – come si dice – ha voluto altro.
La sua fama, a livello irpino e nazionale, si è consolidata con il film “Ultima fermata”, un racconto appassionato, leoniano, con la presenza di Claudia Cardinale. La pellicola, particolarmente apprezzata anche in Irpinia perché collegata alla rinascita della ferrovia storica Avellino – Rocchetta Sant’Antonio, ha accompagnato dibattiti e discussioni, ha coinvolto politici, istituzioni, intellettuali e tante persone comuni. Allora il regista seppe cogliere attraverso una narrazione attenta l’importanza di un progetto, la speranza di un sogno ancora una volta.
Si richiamava ad una antica tradizione, contrassegnata da figure quali Francesco De Sanctis, Giustino Fortunato, Manlio Rossi-Doria, per arrivare ai movimenti portati avanti da Pietro Mitrione, Francesco Celli, Vincenzo Pacifico, Agostino Della Gatta e tanti altri. La sfida coinvolse anche Vinicio Capossela, e fu sostenuta con vigore dalla Regione Campania, da molte amministrazione comunali, dalla Presidente Rosetta D’Amelio. Il film di Giambattista diede un’ulteriore spinta al progetto.
Nel 2016 ottenne anche la nomination al David di Donatello per Claudia Cardinale quale attrice non protagonista. E allora facemmo tutti il tifo per Giambattista.
Quella sarebbe stata una giusta consacrazione per l’amico di tutti sognatore di storie.
Ma Giambattista non si fece prendere dalla delusione, anzi lo considerò un ulteriore sprone per fare di più. Iniziò il suo nuovo “viaggio” con l’omaggio al Presidente Pertini, con un cast di eccezione (tra gli altri Giancarlo Giannini, Ivano Marescotti, Piera degli Esposti, Cesare Bocci), una storia narrativa ed epica ancora all’insegna di Sergio Leone, con flash back narrativi preziosi, con un vecchio Pertini, che va con la memoria al giovane rivoluzionario e partigiano, tra gli anni Venti e la Liberazione. Un film epico, che racconta l’Italia migliore.
Ed oggi, commossi per la perdita di un Amico e di un Artista, che se fosse rimasto a Roma forse avrebbe avuto anche maggiori soddisfazioni e più successo, possiamo registrare con rammarico che non solo è stata spezzata la vita di un uomo, ma è stato interrotto un percorso artistico che avrebbe regalato a tutti noi altri sogni, … altre speranze.
Perciò, adesso ti abbracciamo tutti, per dirti che ti volevamo e ti vogliamo bene.
Paolo Saggese
(da Fuori dalla Rete, Giugno 2021, anno XV, n. 3)