I ragazzi, la DAD e la scuola in presenza tra preoccupazione e voglia di normalità

A cura della prof.ssa Maria Varricchio

“Fare” scuola, o meglio, viverla significa ascoltare e dar voce ai sentimenti degli alunni. Se questo vale in condizioni normali,  diventa ineludibile in questa fase di grande incertezza per tutti, soprattutto per gli adolescenti, privati a lungo della dimensione sociale della scuola e non solo. Nei primi giorni di febbraio, quando sono riprese le attività didattiche in presenza, ho chiesto loro di riflettere sul modo in cui hanno vissuto la didattica a distanza, sull’opportunità di riaprire le scuole e sui loro timori rispetto alla situazione attuale.

Maria Varricchio


La riapertura della scuola

Per me è giusto rientrare a scuola, perché ritengo che la scuola sia il posto più sicuro, dove vengono rispettate al cento per cento le nuove regole per proteggere la nostra salute, come indossare la mascherina, e ovviamente cambiarla ogni giorno, usare il gel disinfettante e avere la distanza di sicurezza tra un banco e l’ altro. I focolai COVID non nascono nelle scuole, ma fuori e dobbiamo riflettere sulla responsabilità personale e sociale di ognuno di noi e chiederci cosa facciamo prima e dopo l’orario scolastico, se indossiamo tutti le mascherine e abbiamo il distanziamento. Infatti attraverso i dati che si riscontrano nel mio paese i contagi sembrerebbero provenire dai posti di lavoro dei nostri genitori o addirittura da ospedali e case di riposo per anziani. Abbiamo perso già un anno, anche se la DAD è stata molto positiva, ora è il momento di tornare in classe, perché andare a scuola è importantissimo non solo per l’ insegnamento ma anche per il rapporto sociale con i professori e i compagni di scuola. Secondo me non possiamo aspettare la fine della pandemia per il rientro a scuola, perché ci vorrà molto tempo, quindi speriamo che il vaccino sia efficace e che tutti possano farlo al più presto per il bene di tutta l’umanità.

Danilo Di Giovanni 


Vivere la scuola

Vivere la scuola in presenza è, di sicuro, un piacere. Se dicessi che il mio andare la mattina a scuola mi rende tranquillo e sereno, direi una bugia. Per stare un po’ più sereno, mi sono sottoposto allo screening, così come hanno fatto i miei amici. Nel momento in cui abbiamo ricevuto i risultati sapevamo di essere tutti negativi. I virologi, però, in questo lungo periodo, non solo ci hanno fatto capire che il virus ha un periodo di incubazione, prima di farsi trovare, ma anche che, dopo un tempo minimo dallo screening, ci possiamo infettare. Allora mi chiedo come faccia, chi è responsabile di noi, a dirci, con certezza “che la scuola è sicura”. Essendo Bagnoli un piccolo paese, la gente si conosce tutta, le voci girano ed in men che non si dica, si viene a sapere il numero dei contagiati. Ci si accorge che non sono critiche di paese ma che è la pura verità quando vediamo i familiari o gli amici messi in quarantena cautelativa. A questo punto io metterei sul piatto di una bilancia i rischi dello stare  in presenza e quelli che derivano dalla DAD. E’ vero che la nostra vita non si può fermare ma è anche vero che riprenderla, in un momento in cui è chiaro che il virus è presente, mi sembra una follia. Se l’anno scorso, quando il virus non si  diffondeva tra noi ragazzi, siamo stati a casa con la didattica a distanza, come mai, adesso che noi siamo diventati un mezzo di contagio per le nostre famiglie, siamo in presenza? Tutti parlano, da tantissimo tempo, del fatto che la DAD è negativa, che noi ragazzi la viviamo male; che questo non si può chiamare scuola; che noi ragazzi siamo sotto stress. Nessuno di questi pensatori, però, ha chiesto l’opinione di noi ragazzi o l’avrà chiesta a pochissimi di noi. Nessuno si è ricordato di ringraziare gli insegnanti che, con tutte le difficoltà, sono riusciti a farci, comunque, sentire a scuola. Mentre questi scienziati occupavano il loro tempo a formulare ipotesi, i prof stavano vicino a noi.  Sono arrivato alla conclusione che, chi è responsabile di noi, dovrebbe, per avere informazioni certe, chiedere a chi la scuola la vive. Mi auguro che questo rientro duri e non faccia danni.

Giangrande Aniello III  B


È stato giusto riaprire le scuole?

La riapertura delle scuole è un argomento molto serio e quindi altrettanto seri dovrebbero essere i provvedimenti presi riguardo a essa. Come ben sappiamo, durante questa epidemia si è cercato fin da subito un modo per poter continuare l’anno scolastico nonostante il Covid. Si è optato per la DAD che un è modo alternativo di seguire le lezioni. Comunque, in presenza, c’è un modo totalmente diverso di vivere la scuola ma per quanto possa essere migliore rispetto alla DAD io credo che continuare ancora con le videolezioni sarebbe stato più saggio. La scuola, come ogni ambiente chiuso in cui sono riunite persone, è una possibile fonte di contagi ed è per questo che secondo me non è stato completamente giusto riaprire le scuole.

Sabrina Nicastro 3 A


Meglio la DAD o la scuola in presenza?

Beh , la scuola è una parte fondamentale della nostra vita perché ci dà la possibilità di imparare cose nuove e a volte anche pratiche (basti pensare alla somma vettoriale delle forze, utile nel caso si voglia costruire un ponte o altro), ma è anche un luogo di confronto e conversazione. Lo dice la stessa parola che deriva dal greco “Scholè”, che indica lo studio ma anche il luogo ove lo si svolge. Rispetto alla Scholè, la DAD potrebbe essere definita al massimo con “Sk”, perché quel luogo sparisce nell’immensità indefinita del mondo virtuale o del web. Rimane forse lo studio che però perde di valore data la mancanza di controllo; insomma si sa che buttare  un occhio su un libro aperto salva sempre la situazione. Proprio  su questo punto voglio aprire una piccola parentesi perché secondo me non si è furbi aprendo un libro per cavarsela in una verifica, anzi si è quasi cretini, scusate il termine, perché si diventa così lo strumento del libro, uno strumento che non pensa ma legge, scrive o ripete parole non sue e non penso che questa sia la perfetta descrizione dell’homo sapiens sapiens. Del resto sbagliare, per esempio, in un’interrogazione, è umano, errare humanum est, e quindi non può essere una giustificazione la furbizia. Quindi tirando le somme, per me vince, se così posso dire, la scuola in presenza con un punteggio… No senza nessun punteggio, vince a tavolino. E voglio ricordare che a scuola abbiamo imparato a scrivere, non in DAD.

Francesco Pelosi 3 B


(da Fuori dalla Rete, Marzo 2021, anno XV, n. 1)

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