Ogni anno viene pubblicata una sorta di classifica mondiale delle Università (QS World University Rankings), che, per il 2019, è uscita qualche settimana fa. Questa classifica viene redatta ascoltando le opinioni di quasi centomila docenti universitari, analizzando circa 12 milioni di pubblicazioni scientifiche e quasi 100 milioni di citazioni in tutto il mondo.
Il MIT di Boston è la migliore Università del mondo, seguita dalla Stanford University e da Harvard. La prima delle italiane è il politecnico di Milano che, risalendo qualche posizione, si piazza 149ma. Guadagnano posizioni Firenze, Trento e Pisa oltre, come vedremo, a Napoli, a Bologna, alla Sapienza di Roma, a Padova, al Politecnico di Torino e alla Statale di Milano. L’Università di Bologna è, in Italia, la più apprezzata all’estero.
Non solo: tra le prime mille l’Italia ne piazza ben 34, quattro in più dell’anno scorso. E queste 34 Università italiane pongono il nostro paese al terzo posto in Europa, per numero di presenze, dietro Gran Bretagna e Germania, ma davanti a Francia e Spagna. E questo è un altro piccolo miracolo all’italiana, se si pensa che la Gran Bretagna spende per l’Università l’1,4% del Prodotto Interno Lordo (il famigerato PIL), la Germania e la Francia l’1,3% del PIL, la Spagna l’1% e, ultima, l’Italia solo lo 0,8%.
E’ una buona notizia, ma lo è molto meno per il Sud Italia. La prima università meridionale è infatti la Federico II di Napoli, ma è solo al 424mo posto!
Non solo: il MIUR, retto dal ministro leghista Bussetti, sta preparando la riforma del sistema universitario che è destinata a creare una vera e propria Serie A degli atenei. Ne deriva ovviamente che ci sarà anche una Serie B.
Chiariamo a questo punto che le università promosse in serie A avranno una maggiore autonomia e, soprattutto, una maggiore capacità di spesa: potranno ricorrere persino alla chiamata diretta di docenti e ricercatori e potranno stabilirne la retribuzione. Quelle di serie B non avranno queste possibilità e resteranno sotto osservazione per una eventuale, futura promozione.
Chi promuove e boccia le Università? L’ANVUR, Ente a ciò deputato, dipendente direttamente dal Ministero.
E con quali criteri l’ANVUR deciderà promozioni e bocciature? Qui la cosa si fa più chiara e si vede bene la mano leghista. Per essere promossi conterà la riduzione del numero di abbandoni dopo il primo anno (e qui, niente da dire) ma anche il numero di studenti che partecipano a corsi di studio all’estero (si penalizzano le realtà più povere del paese, dove pochi se lo possono permettere); il numero di iscritti da fuori regione (è difficile trovare uno studente del Nord che si iscrive al Sud, mentre è frequentissimo il contrario); il numero di iscritti alle lauree magistrali provenienti da altre regioni (come sopra); il tasso di occupazione ad un anno dalla laurea triennale (dove lo devono trovare, il lavoro, i laureati del Sud?); il tasso di occupazione ad un anno dalla laurea magistrale (idem); infine il numero di studenti provenienti dall’estero (anche in questo caso vale il fatto che al Sud ci sono meno iscritti stranieri che al Nord).
Insomma, le Università con queste caratteristiche sono tutte al Nord e, già oggi, sono privilegiate rispetto a quelle del Sud. Con la serie A e la serie B lo saranno ancora di più.
Inoltre una università di serie B (sicuramente meridionale) avrà a disposizione meno fondi e, di conseguenza, meno possibilità di essere promossa, in futuro. Il solco tra serie A e B è destinato ad allargarsi.
Qualcuno ha parlato, a ragione, di proposta “Spacca Università”. Il ministro, per difendersi dagli attacchi scatenati dalla fuga di notizie sul decreto, ha parlato di una semplice “bozza di lavoro”. Anche l’Autonomia Differenziata, due anni fa, quando se ne è cominciato a parlare, era una semplice “bozza di lavoro”. Oggi è uno dei temi prioritari del governo e del suo unico, vero azionista di maggioranza: la Lega (Nord).
Luciano Arciuolo
(da Fuori dalla Rete, Luglio 2019, anno XIII, n. 3)