Il commercio bagnolese alla prova del futuro

Quando  un negozio chiude non è mai solo una serranda che si abbassa, ma una storia che si ferma, un angolo di centro che si spegne.  A Bagnoli sono ben quattro gli angoli spenti in questi primi sei mesi del 2024. Quattro attività commerciali hanno chiuso definitivamente i battenti.

Ormai da anni, ancor prima dell’emergenza sanitaria, il commercio di vicinato nel nostro paese ha iniziato ad annaspare.  Tanti esercizi  commerciali che, per vari motivi, nel corso degli anni hanno cessato la loro attività e quando quella saracinesca si abbassa definitivamente è una sconfitta per tutti.  A risentirne non è soltanto il commerciante ma l’intera comunità, perché spesso con la chiusura di un esercizio commerciale si perdono dei servizi essenziali e allo stesso tempo si impoverisce il tessuto economico del paese.

Analizzare le cause del declino del commercio è complicato, ogni negozio ha una storia a se e motivazioni diverse che hanno portato alla chiusura, spesso ciò è avvenuto perché il titolare ha raggiunto l’età  anagrafica e contributiva per la pensione,  sicuramente sulla crisi hanno influito diversi fattori: dall’e-commerce esploso nell’ultimo decennio alla nascita, nei paesi limitrofi, di diversi centri commerciali, dal caro energia all’ aumento del costo delle materie prime. A tutti questi fattori va aggiunta l’inflazione che non accenna a calare e la minore capacità di spesa delle famiglie.

La crisi del commercio di vicinato come quello relativo all’inflazione  non sono fenomeni circoscritti a Bagnoli ma diffusi in tutto lo stivale e nonostante i grandi investimenti nazionali legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, nell’economia di tutti i giorni le famiglie continuano a scontare gli effetti del Covid-19 e delle guerre in Ucraina e Medioriente. L’inflazione non accenna a calare la sua corsa, soprattutto al Sud e in Irpinia in particolare, dove per le famiglie è arrivata una nuova stangata. Secondo i dati diffusi dall’Istat, aumentano i prezzi dei prodotti alimentari freschi, in particolare di carne, pesce, frutta e verdura. L’inflazione in Irpinia e in Campania ha registrato un balzo record che in media nelle cinque province ha raggiunto l’1,4%, Si tratta di una soglia rilevante, soprattutto se si considera che nel frattempo c’è stata una contemporanea leggera flessione dei beni energetici e dei servizi relativi all’abitazione. Pesa su queste cifre l’andamento sociale in un contesto difficile dove la mancanza o la scarsa redditività del lavoro comprime i consumi delle persone, costrette a ridurre il proprio carrello della spesa.

Se i negozi di vicinato sono i più colpiti, va rilevato che anche il commercio elettronico per la prima volta è in arretramento dopo la crescita verticale del 2020, determinata dalla pandemia.  In provincia di Avellino, ma non solo, le chiusure di numerose attività e la ridotta natalità di nuove imprese rendono sempre più concreto il rischio desertificazione dei centri urbani, con conseguenti problemi di sicurezza per i cittadini. L’unica nota positiva, ritornando al nostro paese è che a fronte di tante  attività che si fermano, le prospettive vedono nuove aperture ma solo nel settore del food, buono per turisti e visitatori ma un po’ triste per un centro storico che avrebbe bisogno anche di negozi e di vetrine di qualità.  Con le chiusure e la mancanza di servizi è in ballo la vivibilità del nostro paese.

Giulio Tammaro

(da Fuori dalla Rete giugno 2024, anno XVIII, n. 2)

 

 

 

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