Nella Storia. I virus sono nati tre milioni di anni fa insieme alle prime cellule comparse sulla terra: “Sono sopravvissuti perché continuano ad adattarsi”.
I virus sono come gli umani: hanno una loro personalità. O carattere, che dir si voglia. Ci sono i buoni e i cattivi, i furbi e gli ingenui, gli opportunisti e gli altruisti (magari per obbligo). Di solito, però, sono sempre degli approfittatori. E hanno grandi doti di resilienza.
Nonostante siano esseri minuscoli, hanno imparato, in miliardi di anni, a sopravvivere nel Mondo.
“La materia di cui sono fatti è un acido nucleico, RNA o DNA – precisa subito Pasquale Ferrante, professore di Microbiologia all’Università degli studi di Milano e professore aggiunto al Dipartimento di Neuroscienze alla Temple University di Philadelphia – Da soli non sono capaci di riprodursi. Ecco allora che sfruttano le cellule degli altri organismi, batteri, piante, animali o esseri umani che siano, per perpetuare la loro individualità”. Non c’è organismo vivente che, oggi come oggi, non abbia i propri virus.
Gli antenati del virus
<I virus hanno cominciato a formarsi nella notte dei tempi: l’ Rna è stata la prima forma di vita comparsa sulla Terra, quattro miliardi di anni fa (tanto per dare un’idea, il Big Bang, secondo questa teoria sulla nascita dell’universo, è avvenuto 15 miliardi di anni fa). Da allora, per cinquecento milioni di anni, è esistito soltanto il “mondo dell’ Rna”: questa molecola era però in grado di auto-replicarsi>.
Poi, tre miliardi e mezzo di anni fa, sono comparse le prime cellule, e l’ Rna primordiale si è organizzato per diventare un vero e proprio virus: per esempio i virus Herpes, quelli che attualmente provocano la cosiddetta “febbre” sulle labbra (Herpes simplex) o la varicella o il fuoco di Sant’Antonio (Herpes zoster), sono comparsi fra i 180 e i 220 milioni di anni fa, quando hanno cominciato ad apparire anche i primi mammiferi. I primi ominidi sono apparsi, invece, all’incirca due milioni di anni fa. E i furbi virus si sono adattati.
Storie moderne
Che la vita di virus e umani sia andata di pari passo nella loro storia millenaria lo ricorda Massimo Clementi, professore di Microbiologia e Virologia all’Università Vita e Salute del San Raffaele e direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia all’Università Vita e Salute del San Raffaele di Milano: “Nel 2001, quando è stata resa nota la prima bozza del sequenziamento del genoma umano, è risulta to che l’8 per cento di queste sequenze era di origine virale: frammenti del patrimonio genetico dei virus si sono integrate, nel tempo, nel Dna umano. Facevano parte del cosiddetto Dna spazzatura, ma la loro funzione è stata poi rivalutata”.
Difatti. Aggiunge Ferrante, che è anche direttore scientifico dell’Istituto Clinico Città Studi di Milano, fra gli ospedali oggi in prima linea nell’arginare l’emergenza Coronavirus. “Alcune di queste sequenze possono replicarsi, per esempio nella placenta, e avere un effetto benefico. Altre, invece, possono essere associate all’origine di certi tumori, come quello della mammella o del colon. Ma anche di altre malattie come il diabete di tipo giovanile, quello che ha un’origine autoimmunitaria, della sclerosi multipla e, persino, della sclerosi laterale amiotrofica: questo è un nuovissimo campo di ricerca, tutto da studiare”: questi sono i virus “accomodanti” che possono fare del bene ai loro ospiti, ma anche del male.
I virus “cattivi” di oggi
La medicina ha, via via, imparato a difendersi da queste microscopici esseri. Prima ancora di conoscere il virus del vaiolo l’inglese Edward Jenner, per intuizione, era riuscito a mettere a punto un vaccino, alla fine del settecento. Poi è arrivata la spagnola, nel 1918, e ha fatto una strage (si calcolano cinquanta milioni di morti). Come hanno fatto morti le epidemie “cugine”, negli anni a seguire (asiatica nel 1958 e Hong Kong nel 1969). Il virus influenzale è furbo, è camaleontico, ma oggi è inseguito, di anno in anno, dal vaccino.
Altra storia. Il virus Hiv dell’Aids. Intelligentissimo. “Ha cominciato ad infettare gli umani (partendo delle scimmie africane) molto prima degli anni ottanta, quando è stato intercettato. Spiega Clementi – Lo hanno fatto subdolamente: gli infettati per molto tempo non lo hanno saputo e hanno continuato a trasmetterlo agli altri. Così è sopravvissuto e continua a diffondersi nel mondo nonostante i farmaci lo abbiano ormai messo alle corde”.
Un po’ più ingenuo il virus Ebola (che provoca febbri emorragiche soprattutto in Africa, ora nella Repubblica Democratica del Congo): aggressivissimo, ammazza subito quasi tutti e così si gioca la possibilità di sfruttare gli umani per contagiarne altri e diffondersi. E’ un virus che al momento non prende l’aereo. Il nuovo Coronavirus è ancora un mistero, ma si rimanda alle prossime puntate, in queste pagine, per capire come è emerso e che destino avrà.
Non solo infezioni
I virus possono essere responsabili anche di tumori. “I due principali virus oncogeni, ora tenuti a bada con i vaccini, sono quelli dell’epatite B e del papillomavirus – commenta Clementi – Il primo provoca il cancro al fegato, oggi praticamente azzerato, grazie appunto, alla vaccinazione (obbligatoria in Italia, dal 1991 ndr). Il secondo è responsabile di tumori al collo dell’utero (ma anche alla faringe e persino di condilomi ndr): c’è il vaccino, ma non è ancora così diffuso”. E c’è un terzo virus, quello dell’epatite C (anche lui può provocare tumori al fegato), per fortuna oggi sconfitto dai farmaci (troppo complicato costruire il vaccino che non è mai nato: il virus è troppo sfuggente, ndr).
Dalla parte dei buoni
Ci sono anche virus buoni. Si parla tanto di microbiotica intestinale che condiziona il nostro stato di salute: nel nostro intestino vivono milioni di microrganismi, virus compresi, che infettano i batteri. “Questi virus – commenta Clementi – possono modificare le attività dei batteri intestinali che giocano un ruolo importante nel condizionare il metabolismo dell’organismo umano”. Infine ci sono i virus “addomesticati” che diventano, loro malgrado, buoni: quelli che i ricercatori usano per curare alcune malattie genetiche. Li utilizzano, cioè, per trasportare all’interno delle cellule degli individui con geni malati, responsabili di alcuni gravi malattie, geni sani che permettono di curarle. Nel bene e nel male, dei virus, non ci possiamo liberare.
Adriana Bazzi, Corriere della Sera 26.03.2020
Coronavirus, Ferrante (Iccs): “Non riusciamo a dimettere i pazienti”
di Andrea Pegoraro
Il direttore sanitario dell’Istituto clinico Città studi ribadisce le criticità del nosocomio lombardo: dalla mancanza di posti letto a quella di farmaci e la carenza di personale.
La difficoltà a dimettere i pazienti. “Troppi problemi e pochissime possibilità di confronto. Non possiamo andare avanti così”. Lo evidenzia Pasquale Ferrante, direttore sanitario dell’Istituto clinico Città studi (Iccs) di Milano. Il medico analizza senza polemiche i problemi che il nosocomio lombardo sta affrontando in questa emergenza.
Le difficoltà dell’Istituto
Ferrante racconta di aver scritto alla centrale operativa della Regione Lombardia senza avere una risposta e ribadisce le criticità: dalla mancanza di posti letto a quella di farmaci e la carenza di personale.
In questo momento l’Iccs deve gestire 180 pazienti, “un numero enorme – spiega il direttore sanitario a Il Sole 24 Ore – se teniamo conto del fatto che come ci è stato chiesto dall’unità di crisi abbiamo lasciato aperto il pronto soccorso anche per le altre emergenze, differenziando il percorso per evitare che i malati Covid, circa 20 ogni giorno, contagino gli altri pazienti”. Ferrante sottolinea inoltre che il nosocomio deve fare i conti con l’elevato consumo di ossigeno che ha mandato in tilt l’impianto di erogazione in quanto la struttura era tarata su un numero di degenti diverso da quello attuale. “Siamo arrivati a consumare più del 100% del consumabile”, precisa il medico. Basti pensare che per ovviare all’emergenza l’ospedale ha acquistato un grosso serbatoio da campo e l’ha posizionato nel cortile del pronto soccorso.
Le dimissioni dei pazienti
Ferrante evidenzia che esistono due possibilità per dimettere i pazienti. Chi ha un’area isolata in casa, ovvero camera e bagno singoli, può tornare nella propria abitazione mentre gli altri vengono inseriti in un programma centralizzato regionale per le dimissioni. Queste persone vengono poi distribuite nelle strutture dedicate alla convalescenza come l’ospedale militare di Baggio, l’Hotel Michelangelo, la Fondazione Maugeri.
“Ma a questo programma – continua il direttore sanitario – noi non riusciamo neanche a far arrivare la richiesta, rendendoci inefficaci se a fronte di 20 pazienti che arrivano al pronto soccorso ogni giorno non siamo in grado di dimettere neanche i cinque degenti che sono guariti”.
I farmaci e il personale
Ferrante ricorda la difficoltà di reperire i farmaci antiretrovirali, che qualche giorno fa sono stati autorizzati dall’Aifa per la cura dei pazienti colpiti dal virus. “Ho le risposte ufficiali delle aziende farmaceutiche davanti a me – spiega il direttore -: non sanno né quando né quante confezioni riusciranno a fornirci”. Infine, l’Iccs necessita di medici, infermieri e operatori sanitari, “ma a differenza degli ospedali pubblici – conclude Ferrante – non rientriamo nell’elenco apposito per richiedere personale aggiuntivo”.
Andrea Pegoraro, il Giornale 28 marzo 2020
ANSA: INTERVISTA DEL 29.03.2020 AL PROF. PASQUALE FERRANTE