Il progetto prende forma da un’idea condivisa tra Gianni Fiorentino, Maria Rachele Branca ed Ernesto Troisi che interpretano il territorio con l’obiettivo di raccontarlo nel suo valore profondo: una cornice espositiva in legno per la Vacca di Fuoco e il pluripremiato Taurasi DOCG – annata 2015 – che insieme significano calore. Un pezzo unico, simbolo di creatività e ricerca di una bellezza a lungo sopita.
Magma è una storia irpina.Magma è credibilità e progettualità con una linea stilistica ben precisa. Magma è una celebrazione del territorio e delle sue peculiarità, a partire dai paesi dei suoi tre ideatori, Paternopoli e Bagnoli Irpino. Magma è un cofanetto unico e ricercato, per regalare o regalarsi un pezzo da collezione a tiratura limitata, confezionato da un supporto artistico che ne esalta il valore estetico. Magma è vinificazione sostenibile, artigianato e design d’autore.
Magma è il pluripremiato Taurasi DOCG 2015 della Cantina Fiorentino, l’ancestrale Vacca di Fuoco di Maria Rachele Branca e il package di raffinato apporto applicato di Ernesto Troisi.
Magma è una storia che diventa convivio, un momento da godersi con chi si ama. È un’espressione di questa terra, al di là del consolidato, e alla lunga sterile, binomio enogastronomico: la nostra alternativa è un rinnovato connubio tra vino e arte, come tramandato fin dagli albori della civiltà.
Magma è il Made in Irpinia che darà calore a questo Natale atipico, con gusto, qualità e nel segno del rispetto e del sostegno per il territorio. È il più sincero augurio di una prossimità ideale, progettuale e partecipativa, anche nella distanza fisica, per superare, insieme, la paura e la chiusura di questi giorni difficili.
Magma è l’Irpinia che vuole partire, l’Irpinia che ce la farà, con intuizione, creatività e ricercando una bellezza troppo a lungo sopita.
Magma è una narrazione che facciamo nostra, un’idea che vogliamo sostenere perché vorremmo ci rappresentasse. E’ per questo che ve la raccontiamo per immagini e parole.
I PROTAGONISTI
Ernesto Troisi riporta Magma nuovamente a Paternopoli. Qui, dai primi anni del 2000, il suo laboratorio Tropica Design è diventato un polo di innovazione che si riflette sul territorio.
Fin dall’adolescenza, l’odore, il colore e l’essenza stessa del legno, quali presenze permeanti la falegnameria di famiglia, lo hanno affascinato fino a diventare prima una passione su cui investire, poi un’eredità da rinnovare.
Dopo gli studi in Arredamento e Disegno Architettonico presso l’Istituto d’Arte De Luca di Avellino, si è specializzato al centro sperimentale di Design Industriale di Ancona, maturando diverse e importanti esperienze nel campo, prima di ritornare in Irpinia. Allora il percorso esistenziale e quello lavorativo si sono intrecciati ancora una volta nella falegnameria di famiglia.
Da designer che coniuga una visione moderna ad un sapere tradizionale, Ernesto Troisi ha rinnovato la bottega ereditata, facendola rinascere con un nuovo concept, capace di richiamare un raffinato mercato, incentrato sulla sperimentazione industriale e sulla progettazione d’autore per i complementi d’arredo.
E se ogni legno ha la sua venatura, così come ha una propria personalità, ogni suo pezzo diviene espressione, su misura, del committente o dell’acquirente.
«Fin dai miei primi passi in questo campo, mi sono dedicato al saper fare, che è l’eredità degli artigiani del passato, senza che ciò compromettesse la mia naturale propensione all’innovazione e alla sperimentazione. La leggerezza di fondo coltivata nel mio lavoro è una conquista, l’espressione della mia attitudine e dell’esperienza a non sgomitare mai: il tempo sa essere galantuomo e cambia spesso il corso delle cose. Infatti, se si lavora con competenza ed una precisa visione progettuale, presto o tardi, si avrà il giusto riscontro, anche in realtà ostiche al cambiamento.
Oggi stiamo assistendo ad una progressiva svalutazione identitaria della nostra manifattura, che rischia di minare il prestigio del Made in Italy. Questa aleatorietà del gusto estetico, quanto del senso iconico dell’oggetto, la noto quotidianamente, sia nel rapporto con i clienti che nel confronto con gli altri professionisti. Un contesto reso ancora più avvilente dal singolare periodo che stiamo vivendo in un generale individualismo, esistenziale quanto creativo. Una situazione, a mio avviso, arginabile nella ricerca di collaborazioni e contaminazioni tra diversi ambiti e figure.
La mia speranza è, quindi, che a questa crisi facciano seguito nuovi progetti, per migliorare l’offerta collettiva, rendendoci protagonisti di una ri-educazione al “bello”. Ed è proprio questo l’intento che ci siamo prefissati con Magma».
Gianni Fiorentino è il fautore di un progetto irpino a sei mani, che aspira ad un rinnovato connubio tra vino e arte.
Rappresentante legale dell’azienda agricola e vinicola di famiglia, una laurea in Giurisprudenza conseguita a Roma e il lavoro di consulente per la pubblica amministrazione, poi la decisione di tornare in Irpinia per investire sulla tradizione, insieme ai fratelli e la sorella.
Nel 2012, nel borgo rurale di Paternopoli, si è così concretizzato un sogno che ha radici nell’infanzia: un’azienda agricola e una cantina, costruite su un terreno comprato dal nonno Luigi, emigrato negli Stati Uniti nel 1914, ed edificate come un’estensione concettuale del casolare e della tradizione di famiglia.
In un bucolico scenario di vecchi vigneti, la bioarchitettura della Cantina Fiorentino si fonde con il paesaggio, all’ombra del grande pinus pinea, omaggiando una passione nata con la madre.
Una produzione centellinata ed un percorso di eccellenza, dalla vite al consumatore, fra etica del prodotto, rispetto del territorio e delle proprie radici, non disdegnando la strada dell’innovazione: è questo il terreno fertile del lavoro sui i vitigni autoctoni dell’Azienda Agricola Fiorentino.
La vocazione ad una filiera sostenibile, nata dalla conoscenza del territorio e del suo potenziale sul mercato, alimenta il valore del brand, che è oggi il punto di partenza di Magma.
«Il vino è cultura, racconto. Aspiro ad un vino gentile ed elegante che rispetti le annate e le radici, e, quindi, il territorio. Sento l’autenticità come riferimento, la credibilità dell’azienda come focus del lavoro, non solo nei campi e in cantina, ma anche nelle relazioni. La genuinità e la cura della terra, della vigna e del prodotto, oggi assumono un valore pregnante e, forse, diverso rispetto a “ieri”. Così come credo nella tecnica, nella conoscenza e nell’innovazione come strada da perseguire, soprattutto ora.
La pandemia sta cambiando la nostra percezione della vita, anche nel modo di relazionarci agli altri e credo stia modificando anche l’approccio al vino, sia dei produttori, sia di chi lo compra e lo consuma. E questi non appaiono come cambiamenti momentanei, anzi, nella precarietà attuale, c’è, a suo modo, una trasformazione in atto. Il vino è l’anello di una filiera importante, un prodotto che ha un valore simbolico non secondario: lo è sempre stato e non è pensabile che non lo sia nel prossimo futuro. Ora la sfida principale è tessere reti orizzontali, non chiudersi in universi autoreferenziali, ma ripartire dalla prossimità, seppur ideale al momento, per ri-costruire un percorso di condivisione. Un intero sistema si è fermato e tutti noi ci siamo trovati di fronte alla necessità di ripensare e reinventare il nostro lavoro. L’emergenza ha creato un vuoto: un vuoto che va colmato con coraggio e tanto lavoro, ma senza dimenticare – come cantava De Gregori – la fantasia e la visione di quello che siamo e che possiamo realizzare, una visione che inglobi le nostre storie e quella del posto in cui viviamo, oltre l’ostacolo che abbiamo davanti».
Maria Rachele Branca – vi abbiamo parlato di lei QUI – è un’artigiana di spicco sul territorio, ha intrapreso il suo percorso di studi, nel post terremoto d’Irpinia, a Firenze, diplomandosi in Scultura all’Accademia di Belle Arti nel 1985. Qui, sotto la guida del mentore Franco Mauro Franchi, ha maturato l’innato senso estetico e l’inclinazione al disegno e alla manipolazione, manifestati fin da bambina.
Con alle spalle importanti esperienze nel campo del restauro di elementi lapidei – ricordando gli interventi su alcune steli preistoriche in Val D’Aosta e quelli per la facciata della Basilica di Santa Croce a Lecce – non ha mai trascurato la sua vocazione artistica, neanche nella scelta di ritornare al paese natio, Bagnoli Irpino, nel 1991.
Ed è proprio a Bagnoli Irpino che oggi, nel suo laboratorio RARO, si dedica con continuità all’attività artigianale, palesando uno stile di inconfutabile imprinting autoriale, con influssi creativi ancorati nelle arti visive.
Ispirato alla natura e ai colori vividi dei monti in ogni stagione, il suo lavoro ha l’eco di radici ancestrali, di icone femminili ed animali, che animano lo spirito di questa terra, in una quotidiana sollecitazione alla sua valorizzazione.
«Ho maturato precocemente un legame con l’arte, grazie anche al fermento creativo respirato in casa e nella Bagnoli della mia infanzia. Mi ha sempre affascinata il concetto di plasticità, quale possibilità di manipolare i materiali per dare forma alle proprie idee. Il mio percorso è stato una scelta, coltivata qui in Irpinia, pur ricercando un continuo confronto culturale con il resto del mondo. Non ho mai rinnegato le mie radici, né il fatto che la mia identità sia fortemente legata al territorio: un territorio forse oggi disilluso e la cui storia rischia l’oblio. Eppure credo che qui un’inversione di rotta sia ancora possibile, anche oggi che ci ritroviamo ad affrontare un’emergenza mondiale.
Un cambiamento si ottiene con il fare, trasmettendo un messaggio che rappresenti una nuova visione per il territorio e per ogni sua attività. E anche se stiamo vivendo un tempo sospeso, sono convinta che la risposta a questi giorni destabilizzanti sia da ricercare nel lavoro, nella visione di intenti e nella loro concretezza. L’Irpinia, a distanza di quattro decenni, deve far fronte ad un nuovo grido che squarcia il territorio, un grido che può risvegliare un sopito fervore culturale, presentandoci nuove sfide e vie di sviluppo».
IL LOGO
La natura e la sua resilienza sono fonte di ispirazione: il magma è idealmente malleabile, è materia viva e palpitante. C’è un fermento culturale in Irpinia, che va promosso e vivacizzato nella ricerca di un rinnovamento culturale ed identitario, capace di affrancarci da un lutto quarantennale e di aiutarci a fronteggiare, con intuizione e nuove idee, questa contemporaneità travagliata.
Magma riparte da qui, dall’Irpinia, con un nuovo concept. L’idea di una fusione tra oenophilia, artigianato e design viene espressa dal logo, che si associa ad un’idea di fluidità, di eterno divenire: ciò che muta, si evolve, con creatività e nuove proposte, è la nostra linfa vitale. È la speranza di un futuro, del nostro futuro.
Il Logo è stato realizzato in collaborazione con Vania Caruso della Mostarda Design.
IL PACKAGING
Firmato da Ernesto Troisi, oltre a costituire una risposta funzionale alle esigenze di imballaggio e protezione del prodotto, serve a identificare chiaramente il prodotto che custodisce, attirando l’attenzione in un mercato saturo di offerte altrettanto interessanti. In sintesi è la prima forma di comunicazione del prodotto, in grado di stimolare la percezione sul suo contenuto agli occhi dell’acquirente, e quindi di favorirne l’acquisto.
La scelta di un packaging di design attesta una precisa linea estetica, anche nell’uso funzionale: non un semplice contenitore ma una cornice espositiva per la Vacca di Fuoco di Maria Rachele Branca e il Taurasi DOCG della Cantina Fiorentino.
Questa box, concepita come una teca, ha l’imprinting del design d’autore, permettendo una visuale completa dell’opera, lasciandola appunto in mostra. Presentando una doppia apertura scorrevole in plexiglass si garantisce la trasparenza sul contenuto senza sacrificarne la potenziale protezione da polvere e urti. L’acquirente avrà comunque la possibilità, secondo il proprio gusto, di estrarre i doppi vetri per lasciare la teca aperta.
Dietro questa proposta c’è un’intensa attività di studio, progettazione e realizzazione, in grado di differenziare il prodotto finale, quale opera nell’opera.
IL TAURASI
L’etimologia del Taurasi è da ricercarsi nell’antica città vinicola di Taurasia, situata al confine tra Sannio e Irpinia, della quale ci giungono poche notizie storico-archeologiche: di certo fu conquistata dal legato romano Lucio Cornelio Scipione Barbato, così come riportato dalle incisioni sul suo sarcofago. In seguito, il territorio mantenne il nome originale, rinominato appunto Ager Taurasinus, da cui poi la denominazione di Campi Taurasini.
Il Taurasi dell’Azienda Agricola Fiorentino di Paternopoli (Av) è ottenuto dai vigneti di famiglia, nel cuore dell’Irpinia: viene vinificato in acciaio e poi fatto affinare in botte grande di rovere francese. L’imbottigliamento è solo l’inizio di una nuova fase di evoluzione del vino, che si concluderà quando sarà finalmente versato nei calici per l’assaggio.
L’annata 2015 del Taurasi DOCG Fiorentino porta con sé la memoria di un inverno freddo e di abbondanti piogge che hanno dissetato il terreno, arricchendone le riserve. In questo vino torna l’eco di una primavera non molto calda, di escursioni termiche, germogliamenti tardivi, di un’estate avara di acqua, di una ottimale maturazione.
Nel Taurasi selezionato per Magma vive, dunque, il frutto di una vendemmia di grande qualità, che fin dai primi acini lasciava presagire concentrazione, struttura, complessità.
«Nel nostro Taurasi ricerco l’equilibrio tra la potenza e l’eleganza, una trama di finezza e pulizia, per un sorso armonico e delicatamente persistente», come ci ricorda Gianni Fiorentino.
LA VACCA DI FUOCO
La scelta di proporre la Vacca di Fuoco si lega idealmente, nel comune omaggio etimologico e concettuale di ascendenza territoriale, alla proposta del Taurasi DOCG Fiorentino 2015.
La Vacca di Fuoco è stata modellata da Maria Rachele Branca quale atto di riverenza verso il territorio, fortemente legato al culto di San Rocco, protettore della pastorizia, che è da sempre la maggiore fonte di reddito locale. E proprio secondo un’antica usanza popolare, il 17 agosto, a Bagnoli Irpino – fin dal 1450 feudo dei nobili spagnoli Cavaniglia – in onore del santo, la popolazione seviziava e inseguiva in massa una vacca per poi trucidarla.
Una ricorrenza in realtà molto cruenta, descritta da Parzanese, che, inorridito da tanta barbarie, dopo avervi assistito nel 1835, fece pressioni affinché il rito venisse soppresso. Solo in seguito, con gli inizi del 1900, tale tradizione, così radicata da essere ancora oggi molto sentita, venne ripresa, ovviamente nel rispetto dell’animale, sostituito prima da una vacca di carta pesta e poi da un feticcio metallico ricoperto di petardi e fuochi d’artificio, condotto in spalla dai pastori locali in una processione gremita per la piazza del paese.
Le fonti storiche, però, fanno un distinguo tra l’offerta della vacca ai monaci del Convento di San Rocco, officiata con una parata e la messa all’asta dell’animale, e la corrida di massa in occasione di San Lorenzo il 10 agosto. Con il tempo, le due tradizioni si sono accavallate, perpetrando un culto di evidente retaggio spagnolo (ricorda la corsa dei tori per la festa di San Firmino a Pamplona), attribuibile proprio ai Cavaniglia, destinato ad omaggiare la benedizione di San Rocco sull’annuale produzione di latte.
Maria Rachele Branca celebra, quindi, l’artigianato d’autore ed una tradizione irpina, a cui è particolarmente legata, in una serie in miniatura della sua originale Vacca di Fuoco. Riproposta in argilla refrattaria, in modo da conferire un effetto più materico, ogni statuetta è stata rifinita a mano, rappresentando un pezzo unico di una tiratura limitata, realizzata appositamente per il progetto Magma.
μαγμα tiene in sé il valore umano dell’Irpinia, la sua bellezza materiale e immateriale, il suo patrimonio vivo: appartiene a tutti noi, a chi ha seguito il progetto fin dalla sua nascita, a chi impara a conoscerlo solo ora, a chi lo sosterrà acquistando questa Gift Box, rendendo così un po’ più sua questa terra.
Maria Fioretti (Orticalab.it)