Originario di Bagnoli Irpino, ha esposto con i più grandi nomi dell’arte contemporanea. Aveva 75 anni.
La vita e le opere d’arte
L’ultima esposizione era stata al Madre, nel 2018. Quintino Scolavino, nato a Bagnoli Irpino nel 1945, cresciuto artisticamente a Napoli, se n’è andato oggi in punta di piedi. Protagonista del dibattito cittadino partenopeo fin dagli anni Sessanta, Scolavino è stato tra i fondatori del Gruppo Studio P ’66, alla ricerca di un’iconografia New Dada e Pop dalla spiccata valenza antropologica.
Al 1979 risale l’inizio dell’inossidabile sodalizio con Carmine Rezzuti, con cui partecipa a numerose mostre: a Castel Sant’Elmo nel 2009; al PAN-Palazzo delle Arti di Napoli nel 2014; al Museo Archeologico Nazionale di Napoli e alla Certosa di San Giacomo a Capri.
Scolavino ha esposto a livello nazionale ed internazionale partecipando, tra l’altro, alla Biennale di Venezia nel 1982 e al Lijnbaan Museum di Rotterdam, nel 1983, assieme a Tony Cragg, Anish Kapoor, Bertrand Lavier, Julian Opie, Ettore Spalletti.
La sua produzione combinava elementi meccanici come motori elettrici e meccanismi ai più diversi materiali, dalle piume alla plastica, e non trascurava le parole in un gioco sapiente e sornione in cui dominava l’ironia.
Nel 1995 è stato tra i fondatori del gruppo Orologio ad acqua, collettivo di artisti visivi, musicisti e poeti che ha portato avanti importanti iniziative di carattere sociale. Scolavino era da tempo in lotta fiera e riservata contro il male che ne minava il fisico ma non l’anima, sempre geniale e gentile.