Credo che il mondo, fin dalla comparsa dell’uomo, in fondo sia un mondo che si replica da sempre, che simile a se stesso si trascina con vizi, pregi e difetti dell’uomo che si ripete pedissequamente, che tutt’al più cambia nella forma d’espressione il suo essere, ma in sostanza rimane l’uomo che era, che è sempre stato. Vive altre epoche, indossa abiti diversi, manifesta se stesso con più oggetti, amplifica la portata e la velocità del comunicarsi e comunicare, ma spogliato delle nuove pelli, le vestigia sono identiche a quelle dei suoi antenati.
Ma queste impronte, queste orme, a quale essere appartengono? A quelle dell’uomo, ovviamente, che attraversa le diverse ere e giunge fino a noi, ma la definizione di “uomo” sembrerebbe troppo vaga e generica. Sinceramente, onestamente, a me pare di rivedere nell’uomo comune tutte le caratteristiche del sarchiapone.
Ora, sappiamo tutti di cosa parliamo, conosciamo tutti il sarchiapone, tutti abbiamo avuto modo di vederlo, di incontrarlo, tutti ce ne siamo fatti una idea, buona o cattiva che sia, del sarchiapone. Inutile stare qui dunque a descriverlo, figuriamoci, sebbene tra il sarchiapone americano e il sarchiapone asiatico ci siano leggere differenze, ma sappiamo bene quali siano. Non so se l’uomo, per indole e attitudine, sia più simile a quello americano o a quello asiatico, in ogni caso si rivede nel sarchiapone puro tutto il nostro essere.
Dico questo perché ne ho visti tanti, e so di cosa parlo; certo, molti ne possono parlare, ma quanti ne parlano invece avendone visti pochi, magari solo asiatici? Quanti parlano di cose che non sanno? Magari qualcuno l’ha visto solo in foto e magari si arroga la presunzione di sapere. L’uomo è come un sarchiapone, in particolare come quello maturo, di età media dunque, come fosse antani. Ma questa similitudine, più che fisica, pare soprattutto di natura mentale e morale. Il sarchiapone è noto per i suoi vizi, i suoi difetti: esso si esprime a sproposito, esso millanta oltre i propri meriti, esso dice, e dice anche se non ha nessuna idea riguardo al “cosa”.
Ecco che, come in un riflesso, l’uomo sarchiapone contemporaneo si pronuncia con saccenteria, presunzione e spavalderia su argomenti di cui conosce poco o nulla: con il proliferare dei canali di espressione e comunicazione del proprio intimo pensiero personale, il sarchiapone medio si fortifica e pretende di avere ragione in medicina più di un luminare della materia sui vaccini, egli si erge a salvatore dello stato delle finanze economiche con le sue teorie, anche se non ha mai visto la copertina di un libro di economia, teorizza su come salvare il mondo e l’umanità, anche se non riesce nemmeno a condurre decentemente e dignitosamente la sua di esistenza, anche se riesce a stento a salvare se stesso.
L’uomo, in conclusione, è un buon sarchiapone. Probabilmente, e lo dicevo all’inizio, lo è stato sempre, è nella sua natura, perché se leggiamo la storia noi ci rivediamo come se fosse oggi, come se stesse accadendo accanto a noi, abituati così spesso a vivere certe situazioni da lasciarmi amaramente sorpreso il più delle volte. Walter Chiari, come la grande maggioranza di lettori di questo articolo fino a questo punto, nel vagone del treno non sapeva nulla del sarchiapone, non ne aveva mai visto uno, non sapeva cosa fosse, ma sapeva tutto, o meglio, cercava di farlo credere per non passare da ignorante, di sapere tutto (“io facevo il rappresentante di sarchiaponi”).
Quando finalmente il sarchiapone esce, lui lo dice distintamente e chiaramente: “ma io lo sapevo che il sarchiapone americano non esiste, e neanche quello asiatico”, non sapeva ma continuava a far credere di sapere. Chi o cosa è il sarchiapone? Non esiste, ho scritto di qualcosa che non esiste, il sarchiapone è tutto ciò di cui ogni volta cerchiamo di far credere di sapere, di essere esperti: medici, economisti, politologi, ingegneri, filosofi; oggi come ieri, ma con più potenza propulsiva, grazie ai nuovi mezzi di trasmissione, noi siamo tanti Walter Chiari, ma arriviamo a molta più gente e molto più velocemente: tanti, tantissimi vagoni dove in ogni momento mettiamo in scena il nostro presunto sapere di tutto, la nostra sedicente onniscienza, la nostra saccenteria.
Siamo tutti esperti di sarchiaponi, perché ho come la sensazione che si parli il più delle volte del nulla, nulla del quale sappiamo sempre tutto, o almeno tante cose. Se l’etimologia della parola “sarchiapone” sta per “fatto di carne”, nel senso di una persona con poco cervello, allora ecco che il sarchiapone può “incarnare” perfettamente l’uomo qualunque di ogni periodo, un uomo americano o asiatico, ma anche europeo o di un altro continente, che attraversa la storia con la finzione del sapere e addirittura del poter insegnare.
Arrivato fino ai giorni nostri come un moderno sarchiapone tecnologico puro e maturo, affacciato dal finestrino del vagone, crede di averle viste tutte, ma le immagini scorrono velocissime e cambiano repentinamente senza lasciare traccia di sapere, un bombardamento di vacue forme indistinte e colori differenti, così a ogni stazione egli pretende di scendere per presiedere qualche discussione su qualche argomento, non sapendo nemmeno in quale stazione di quale città si appresti a scendere.
Alejandro Di Giovanni
(da Fuori dalla Rete, Maggio 2021, anno XV, n. 2)