Vorrei lasciare il fango a chi è abituato a rotolarvi e volare più in alto, partendo da un dato sconosciuto e drammatico, relativo al 2013: per ogni 10 dollari di ricchezza prodotta (il famoso Prodotto Interno Lordo), l’uomo causa la liberazione nell’atmosfera di circa 6 Kg di anidride carbonica! E, nel mondo, solo il ciuffo arancione di Trump nega il riscaldamento globale, dovuto, appunto, all’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera.
Evidentemente abbiamo un problema: continuando ad inseguire la crescita ad ogni costo, nell’attuale m0dello di sviluppo, causeremo la distruzione della Terra o, comunque, la renderemo inabitabile per le generazioni future, e tutto ciò per creare ricchezza solo per i privilegiati.
E’ per questo che, oggi, sempre più spesso si sente parlare di “decrescita”, cioè, in sostanza, di cercare modelli di vita che riducano il nostro impatto sul pianeta. Credo che il primo a parlarne, sia pure non in questi termini, sia stato Pasolini che denunciava la deriva consumistica che aveva conquistato anche la mitica “classe operaia” (già a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta).
In effetti, però, l’idea di “decrescita” non è riuscita a fare molta strada, abbinata al presunto pericolo di un impoverimento complessivo. La definizione sembra, ai più, una roba per sfigati. Anche per questo (e per assicurarmi che chi è arrivato a leggere fin qui continui a farlo) non userò questa parola ma una formula meno deprimente: Crescita Gentile.
Certo, la sostanza non cambia, e l’uomo comune potrà continuare a pensare: “Ma chi me lo fa fare di limitare la mia voglia sfrenata di consumatore, anche se questo vuol dire inquinare, visto che gli altri fanno finta di niente?”
La Crescita Gentile, allora, deve essere il risultato di proposte e scelte politiche sovranazionali. Scelte che, a mio avviso, i partiti e i movimenti progressisti di tutto il mondo dovrebbero abbracciare, se si vuole dare un futuro all’umanità.
Perché quel dato iniziale, 6 Kg di anidride carbonica per ogni 10 dollari di prodotto, condanna inesorabilmente l’uomo alla distruzione del pianeta e questo non se lo può permettere nessuno.
Io sono convinto che anche una semplice ma capillare azione informativa avrebbe effetti positivi.
In particolare, la sinistra europea potrebbe cominciare dal proporre di cambiare i cosiddetti parametri di Maastricht, in senso ecologista e di redistribuzione del benessere.
Ad esempio: non il rapporto tra deficit e PIL dovrebbe essere inferiore al 3% (parametro che, applicato in maniera stupida, ha provocato i disastri sociali delle nazioni europee più deboli, come Grecia e Italia), ma un rapporto tra il deficit, sottratti ad esso il tasso per migliaia di energia pulita e di efficienza energetica, la percentuale di nuovi posti di lavoro creati e un indice di buona distribuzione della ricchezza, e il PIL. In pratica: se uno Stato spende di più, ma lo fa per creare nuovi posti di lavoro, per inquinare di meno e per distribuire meglio la ricchezza, è giusto tenerne conto.
La sinistra europea, o quel che ne resta, ha il coraggio di fare scelte e proposte simili, liberandosi finalmente della sudditanza alla dottrina del mercato e del profitto selvaggio?
Luciano Arciuolo (Il Quotidiano del Sud)