La democrazia ai tempi dei social

di Federico Lenzi

Negli ultimi mesi l’articolo “Il sogno erotico di George Orwell” di Martin Di Lucia si è rivelato una piacevole lettura sulle pagine di “Palazzo Tenta39”. Un articolo chiaro, conciso e approfondito. Per il resto tante sterili polemiche, ma sappiamo bene come queste parole al vento vendano molto di più a Bagnoli.

Pertanto, ho avuto l’idea di riempire le pagine di questo giornalino con un altro articolo noioso. In primis ripubblicato un mio articolo scritto all’indomani delle elezioni. Nell’articolo si riprendono i temi ripercorsi da Martin Di Lucia, ma da un punto di vista meramente economico.

L’obiettivo era esaminare la genesi del “Movimento Cinque Stelle” dall’origine ai giorni attuali: in particolar modo ci si focalizza sui tratti aziendali ancora presenti in esso e sul suo rapporto con i social networks. Essendo quell’articolo destinato a una rivista di settore, ho preferito spiegare meglio quell’esempio con queste righe.

Il punto dell’articolo “Webdemocrazia all’italiana” è mostrare la realtà nuda e concreta dei fatti, al di là della letteratura o di possibili sfumature ideologiche. Nei partiti populisti ritroviamo spesso tecniche usate nel mondo del marketing. Gli individui non sono perfettamente razionali e l’emotività spesso sfocia nell’impulsività. Questi trucchetti psicologici sono da sempre usati nei supermercati: posizionando i dolci a caro prezzo nei pressi della cassa, i prodotti economici nello scaffale più basso (difficile da raggiungere) e i prodotti di uso comune alla fine del locale. Le stesse tecniche erano usate in modo rudimentale dalla pubblicità o dai venditori di auto. Al giorno d’oggi questo problema è esacerbato dai social network e dall’internet delle cose.

Nel 2018 abbiamo la possibilità di raccogliere migliaia di dati su ogni singolo individuo. Grazie ai social le aziende possono sapere cosa “ci piace”, quali sono le persone che frequentiamo, quali posti visitiamo, le nostre opinioni e le nostre abitudini. Questo ha aperto la via al “phishing”: pubblicità mirata sui nostri devices, volta a suscitare meccanismi irrazionali e a farci consumare. In aggiunta, i social si basano sul meccanismo psicologico del “mi piace” come ricompensa sociale volta a soddisfare il nostro ego e a incentivare la produzione di contenuti (come affermato da uno degli sviluppatori di “Facebook”).

L’emotività è solamente uno dei due modi per portarci a decisioni irrazionali. Il secondo modo è rappresentato dalle informazioni parziali o erronee. In questo caso possiamo pensare al meccanismo messo in piedi dalle case farmaceutiche finanziando ricerche scientifiche, esperimenti, corsi di aggiornamento, eserciti di rappresentanti e regali ai medici. (a fine giornata ci convincono di aver acquistato il miglior prodotto al miglior prezzo!)

Tuttavia, in alcuni casi queste pratiche hanno celato la presenza di effetti collaterali. Si stima come l’antinfiammatorio “Vioxx” (ritirato nel 2004) abbia causato almeno 28000 morti per infarto. La casa farmaceutica “Merck” aveva celato i risultati dei suoi esperimenti e pagato i ricercatori.

Tutti sappiamo come nelle ultime elezioni americane le “fake news” pubblicate sui social hanno provato a sviare l’opinione pubblica, ma pochi sanno che sin dal 2012 i candidati provavano a falsare i sondaggi basati sui mercati finanziari elettorali. Queste due tecniche erano relegate al mondo del marketing e ricoprivano un ruolo marginale. Durante la crisi economica del 2008 tutti i modelli economici ci raccontavano come gli uomini/i mercati fossero razionali ed efficienti. Nessuno commetteva errori e nessuno poteva essere manipolato. L’inefficienza di queste teorie hanno portato all’assegnazione del Nobel per l’economia 2017 a Richard Thaler. Da anni lo studioso americano studiava gli aspetti irrazionali nelle decisioni degli individui e su come questo alimentasse inganni.

Il principale problema del populismo è rappresentato dall’implementazione di queste pratiche di raggiro su masse ignare. Insomma, dal vendere una borsa si è passati a voler vendere un candidato; o peggio, una forma di democrazia! I sostenitori di questi partiti politici potranno inveire quanto vogliono, ma “Cambridge Analytica” e la “Casaleggio associati” sono principalmente dei consulting. Sono professionisti che hanno smesso deciso di mettere le loro competenze al servizio del settore privato e hanno lavorato al soldo di leader populisti. Al contempo, nazioni straniere sostengono partiti vicini alle loro posizioni finanziando campagne sui social italiani. Siamo di fronte a una grave violazione della sovranità nazionale da parte di leader come Putin e Orban.

Stiamo gravemente sottovalutando questo nuovo fenomeno, simili interferenze nella politica nazionale meriterebbero la convocazione immediata degli ambasciatori. Come possiamo risolvere questo problema?

Serve consapevolezza nella popolazione e regolamentazione. Non si può tollerare l’uso di queste pratiche per la manipolazione della democrazia. Parlare di regolamentazione è molto difficile, in quanto sono diventate lo strumento per assumere il comando dello stato sovrano. Tuttavia, questo processo è stato così veloce che neanche chi lavorava su questi progetti prevedeva simili risultati.

Nell’articolo d’esempio si parla del “Movimento Cinque Stelle”, ma possiamo ben affermare come la “Lega Nord” abbia seguito la stessa tecnica sui social. Pensiamo solamente all’iniziativa “Vinci Salvini”: sembrava un’azienda di patatine, più che un politico.

Federico Lenzi

(da Fuori dalla Rete, Dicembre 2018, anno XII, n. 6)


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