C’è chi dice …
…. che ogni volta che cerchiamo di ragionare, in questo paese, di una prospettiva futura, molte volte siamo costretti ad accontentarci di piccoli ed insignificanti momenti di riflessione, il più delle volte scadenti e inclini al gossip. Questi forse sono dovuti alla pochezza dei contenuti, anche se il pensiero va oltre, perché i contenuti vanno discussi sempre, anche se si tratta di paesi, fatti anche di questo: il chiacchiericcio. Che si distingue a volte anche per le proprie falsità, in politica poi non è nuovo, non è di primo pelo. Per scardinare questo sistema di oppositori non delicati, ma soprattutto non certamente favorevoli al bene comune, servirebbe azzerare tutto. Far ripartire la giostra e farla funzionare, per un determinato periodo. La giostra della politica ha subito in questi anni, non solo in un piccolo paesino come il nostro alle pendici del Laceno, un rigoroso fermo. Un pericoloso divieto di accesso, molto spesso ai giovani, ma non solo, alle varie realtà presenti sul territorio; un sistema che ha chiuso la porta in faccia alla discussione, macinando anni di buio pesto. Bene, questo sistema ci ha portato a discutere ancora una volta di problemi e dei colpevoli. Invece, si dovrebbe discutere della risoluzione dei problemi e non sempre dei colpevoli. L’accusa, prima ancora di essere formulata, dovrebbe avere già pronta una soluzione. Il dialogo, questo sconosciuto e con lui il sentimento poco acclamato. Veniamo da un periodo, psicologicamente complesso, dove è stato possibile concentrarsi solo sulla guerra imminente. Il riarmo è partito soprattutto in questo periodo di caduta a pioggia di denaro da parte di comuni, regioni e stato. In effetti, c’è stato un riarmo delle gendarmerie che non hanno avuto il minimo sdegno nel fermarsi. C’è anche chi ha taciuto su questo argomento, magari avendo sugli occhi un po’ di prosciutto, ma non può essere così. Tacere ci ha fatto pensare, quasi, che lo vogliamo questo sistema. È stato un momento che ancora una volta ha dimostrato che “Chi tiene polvere spara”, mentre noi abbiamo sempre messo, come sempre, “Fiori nei nostri cannoni”.
Oggi potremmo arrivare al punto che la comunità rischia di distrarsi, rischia di non vedere oltre il dito, rischia di non arrivare a determinate conclusioni, perché annebbiati da chissà che cosa. E questo mi fa specie. Mi rende ancora più nervoso, tanto che mi faccio distrarre anche io. Ma poi penso al futuro di un paese sempre più fermo e sempre più spinto dal senso di impotenza che ci contraddistingue. Ascolto con piacere quello che si dice, ma a volte mi perdo a capire il senso.
Per quel poco che ancora ci resta prima di varcare la soglia dell’inutile, dobbiamo fare qualcosa. Non si deve pensare che abbiamo dunque bisogno di traduzioni a quello che la gente vuole e non deve esistere per il futuro la presunzione di avere la cura ad alcuni problemi. Ma bisogna provarci. Come sempre a parlarne e ad essere sempre più inclusivi per disarmare chi è armato e per comprendere il paese. Costruire l’alternativa di una visione di paese deve essere sicuramente il principale obiettivo di tutti facendo autocritica e magari, pensando addirittura di essere noi stessi tra quelli che commentano sul web e basta: coloro che si lasciano influenzare dalla massa. C’è bisogno di una distinzione netta e chiara. C’è bisogno di non farsi prendere per fessi nemmeno da chi ogni volta è presente, ma che invece è assente. I ritorni sono belli solo ad agosto e non tutte le volte o no?
Giovanni Nigro
(da Fuori dalla Rete, Agosto 2020, anno XIV, n. 4)