“L’ultimo non chiuda la porta…” è il libro di Luciano Arciuolo che nel corso dell’estate è stata presentato in diversi paesi dell’Alta Irpinia (a Bagnoli il 22 agosto).
E’ una raccolta di racconti brevi e il ricavato della vendita è devoluto alla associazione “Malala Fund”, creata da Malala Yousafzai, la ragazza, premio Nobel per la pace nel 2014, che a 14 anni subì un attentato da parte dei Talebani solo perché andava a scuola.
Il Malala Fund costruisce scuole per bambine nei posti più disagiati e pericolosi del mondo (Pakistan, Iran, Nigeria, Gaza…).
Quella che segue è la presentazione del libro, curata dalla professoressa Annamaria Prudente.
“Gli ultimi saranno i primi nel Regno dei Cieli”, ma sulla Terra il più delle volte gli ultimi sono e resteranno gli ultimi: sono gli emarginati, sono gli sradicati che insieme alla loro terra d’origine, da cui sono stati costretti ad allontanarsi, sentono di aver perduto anche la loro dignità di uomini, sono le persone sole, le persone di cui ci ricordiamo quando le vediamo o ne sentiamo parlare, provandone una momentanea commiserazione e, talvolta, versando anche qualche lacrima.
L’ultimo può essere chi chiude una fila, l’alunno che siede all’ultimo banco per sfuggire agli sguardi degli insegnanti, chi occupa l’ultimo posto per vergogna o per timidezza.
Ma l’ultimo nella società e della società può essere un anziano solo di un piccolo paese, un lavavetri di colore, un depresso, un uomo che crede in un’ideologia che non esiste più, un reietto che medita il suicidio, una donna incinta appena sbarcata in una terra straniera. L’ultimo può diventare anche un territorio trasudante di valori veri, di tradizioni, di genuinità, ma avviato alla “desertificazione umana” da scelte politiche poco lungimiranti.
Questi sono gli ultimi che nel libro di Luciano Arciuolo ci parlano di se stessi, ci raccontano la loro condizione di vita dettata non solo da uno status economico, che li costringe a subire offese pur di guadagnarsi da vivere e a vivere in un modo poco dignitoso; ma dettata soprattutto da un habitus psicologico, che porta i personaggi a sentirsi ultimi nell’indifferenza degli altri, pur non avendo le sembianze di coloro che nell’immaginario collettivo sono gli ultimi.
La scelta narrativa di dar voce direttamente ai protagonisti è già un modo per sottolinearne la dignità di esseri umani, perché così sono considerati non oggetto di analisi e di studio, ma soggetti pensanti, animati da sentimenti e progetti di vita.
“L’ultimo non chiuda la porta…” si presenta sotto la forma di prosimetro, inserendosi in questo senso in una nobile e antica tradizione letteraria: ogni storia inizia con una poesia, che trova la sua spiegazione nella narrazione della storia stessa.
Luciano Arciuolo attraverso le storie degli ultimi affronta le problematiche, le “malattie” e le dicotomie di una società moderna sempre più asservita alla logica del denaro, del bieco interesse personale, senza curarsi minimante del fatto che si possa calpestare l’altro, che finisce per essere sempre il più debole, l’ultimo.
Nelle pieghe del racconto si possono leggere il pensiero, il punto di vista, i sentimenti dell’autore: la nostalgia per il modus vivendi del passato; l’amarezza per un presente vessato in special modo da diverse problematiche (precariato, senso di solitudine, alienazione, discriminazione, frustrazione, ecc.), che conducono alla “depressione, la quale prima o poi colpirà tutti e che a tutti toglierà la voglia di vivere”; la speranza in una vera globalizzazione, non solo economica, ma soprattutto etnica, nella nascita di una consapevolezza che “tanti colori, diversi, arricchiscono la vita di un paese”.
In ogni singola pagina trapela soprattutto lo spessore umano di Luciano Arciuolo: la sua profonda sensibilità, la filantropia, l’agape verso l’altro, che non rimane una semplice esternazione poetica e prosaica, ma si materializza in gesti concreti, come la devoluzione del ricavato di questa pubblicazione all’organizzazione “MALALA FUND”, che si prefigge il fine di garantire un’istruzione a bambine e ragazze di tutto il mondo, che rappresentano le ultime tra gli ultimi.
L’immagine tenera di Ahmed, un neonato di colore che succhia il latte dal seno della madre da poco approdata in Italia, chiude il libro, ma apre la porta della speranza che il futuro per Ahmed e per l’intera società possa essere migliore; che quel bimbo, nutrito dall’amore della madre, che si è esposta a rischi enormi non per se stessa, ma (se ne rende conto solo dopo) per preparare un futuro al figlio, possa riscattare tutti gli ultimi, avere la forza di pensare a ciò che sta intorno, perché non “ha fame e sete” né di ritagliarsi un posto nella società, né di guadagnarsi egoisticamente il diritto ad avere dei sogni; non penserà solo a se stesso, ma a se stesso insieme agli altri.
Garanzia del riscatto degli ultimi sarà la solidarietà, la solidarietà anche degli ultimi tra di loro, la solidarietà, che è comportamento necessario per una società più umana e più giusta e che permette di pensare con fiducia al domani.
La possibilità di nutrire aspettative per il futuro, pur nella presenza di tanti mali che affliggono l’oggi, è il filo conduttore di questo lavoro di Luciano Arciuolo.
L’apertura alla speranza si nasconde già nel titolo, “L’ultimo non chiuda la porta…”, perché c’è sempre la necessità di far entrare un ultimo che ha bisogno di essere accolto.
Annamaria Prudente
(da Fuori dalla Rete, Agosto 2021, anno XV, n. 4)