La protesta degli allevatori, Rudy Varallo: «Quindici ore di lavoro al giorno ma non lascio il mio allevamento»

Gianluca Glasso - Il Mattino 02.02.2023

«Dalle 5 di mattina alle 8 di sera, tutte di fila. Tranne per una breve pausa pranzo. Sono queste le mie ore di lavoro. Sia chiaro: sette giorni su sette, per 365 giorni all’anno. A Natale, Pasqua e Ferragosto la musica è sempre la stessa».

Rudi Varallo, 42 anni, padre di due figli (“quattro anni la femminuccia e nove mesi il maschietto”) è un allevatore di Montella, in provincia di Avellino, sul percorso che porta all’Altopiano del Laceno. «Gestisco un’azienda zootecnica che produce carne e formaggi di primissima qualità. La specialità è il caciocavallo. Qualcosa di fantastico», dice con orgoglio. Ora è tra coloro che sono arrabbiati, tanto arrabbiati, ma non s’arrendono di fronte le misure europee relative al comparto. «Già stavamo con i fazzoletti bagnati sulla fronte. Ci mancavano queste ulteriori novità. Il green deal, la riduzione dei sussidi per il gasolio, la rotazione delle colture, una parte del terreno da non destinare alle coltivazioni. Sapete che c’è? Che così ci affossano. Così la situazione si fa davvero complicata per tutti noi. Non siamo tutelati per nulla», sottolinea Varallo che guida un’azienda messa su dai suoi avi, allevatori di mucche allo stato brado.

STUDIO E LAVORO

Lui è un operatore moderno, chimico-biologico, ma ha deciso comunque di proseguire la tradizione di famiglia appena completati gli studi alle scuole superiori. Comunque, si è sempre rimboccato le maniche per aiutare i suoi. Sin da piccolo. «Una passione straordinaria, difficile da spiegare – racconta con fierezza – Sono cresciuto in questa realtà. E mi è sempre piaciuta sin da bambino. Una realtà stupenda che si occupa anche di trasformazione, quindi carne, latte, formaggi. Ma tutto questo richiede lavoro, lavoro, lavoro. Sono sacrifici per me e per i miei familiari».

Varallo ha ancora forza e determinazione. E non potrebbe essere altrimenti: è un tipico agricoltore delle aree interne della Campania. Di quella Irpinia fatta di montagne aspre, ma dal terreno fertile e dall’acqua buona (la provincia di Avellino disseta buona parte del Mezzogiorno). E dalla gente genuina. Una “terra tosta” che produce, oltre ai tre vini Docg (Fiano di Avellino, Taurasi e Greco di Tufo), tante altre eccellenze.

Per il caciocavallo prodotto in alcune zone della provincia – tra cui quelli di Montella e Bagnoli Irpino – la gente, da Napoli fino a Roma, va pazza. Ormai le richieste giungono da ogni posto. Tanto che qualcuno s’è inventato l’adozione di questo formaggio, da quando viene prodotto fino alla maturazione che si sceglie. L’interessato segue le varie fasi con tanto di report anche fotografico (sic!). «Ma dietro ci sono sacrifici – rimarca Varallo – E non so fino a che punto potremo ancora reggere».

L’allevatore montellese snocciola due conti: «Tra gasolio, aumento delle materie prime, costi dell’energia in generale, già eravamo in condizioni precarie. C’è ora questa mazzata delle misure europee che rischia di metterci in ginocchio».

I «PICCOLI»

Il suo ragionamento va oltre. Fa una riflessione più ampia che riguarda l’Irpinia. Spiega: «Nella nostra provincia esistono tantissime micro-realtà che producono alta qualità, ma che non possono soddisfare le richieste dell’Europa. Non siamo ancora pronti. I nostri sono territori montani e vanno considerati per la loro unicità. Purtroppo, dobbiamo anche capire che sarà sempre e solo l’Europa a dettare le regole e ci dobbiamo adeguare. Ma a quale prezzo?

Il futuro in questo momento – ammette l’allevatore di Montella – non riesco a vederlo». Non nasconde lo sconforto. «Non vedo le cose che vanno per il verso giusto. Certamente non mi fa piacere quando si spreca il danaro pubblico. Mi fa molto rabbia. Per quanto mi riguarda continuo a lavorare con la stessa passione e determinazione.

Chi me lo fa fare? L’amore per questa terra, per l’azienda di famiglia», evidenzia. Le nubi all’orizzonte non mancano. «Che cosa resterà ai miei figli? Non lo so. Ammetto di avere qualche preoccupazione. Intanto, andiamo avanti. E si fa bene a protestare, mettiamo in strada i nostri trattori. Devo dire che le associazioni di categoria qualcosa irpinia

anno ottenuto. Non dobbiamo fermarci. Proseguiamo nella lotta e continuiamo a fare il nostro dovere», è la posizione di Rudi che parla di tutto questo continuando nelle sue mansioni quotidiane.

Una delle giornate di lavoro senza sosta, cominciata quando il freddo ti taglia il volto e intorno è tutto bianco per il ghiaccio. Quest’anno ancora niente neve dalle parti dell’Alta Irpinia, a parte una timida spruzzata giorni addietro, e pochissima pioggia. I contadini dovranno fare i conti – ancora una volta – con questo clima pazzo. E con l’Europa.

Gianluca Glasso – Il Mattino 02.02.2023

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