La storia di provincia che emoziona

di Antonio Cortese

Recuperare, recuperare, o meglio capire meglio. Le definiamo tutti nuove generazioni e così sia, ma almeno il valore della patria glielo dobbiamo ricordare. Quasi tutti i paesi in Italia hanno un monumento ai caduti e agli uomini illustri con statue bronzee o marmoree che però vengono travisate da questi ragazzi cresciuti cinicamente quali esempi da cui fuggire.

Perché la storia crudele dei secoli bui, e illuminati un tantino propriamente da questi uomini immortalati, come si poteva con la scultura e la pittura, non ha dato loro alcun scampo dall’ignoranza generale che sceglie Barabba.

E invece no; una controtendenza pedagogica, quanto vera e basilare, che sia significativa dei principi simboleggiati da questi monumenti, si  voglia ripristinare senza scadere nell’ottuso nazionalismo.

Altrettanti simboli dei nostri patrioti non sono opere d’arte, come possono sembrare ormai nelle cartoline virtuali e non, o per ricordare un’innocente scampagnata con foto ricordo in giro nelle belle regioni del bel paese.

Sono punti cardine e pietre angolari di cui siamo testimoni semplicemente vivendo e che dobbiamo riconoscere, ricordandocene senza forse esagerare nella loro integerrimità o severità di intenti e buoni propositi, ma almeno facendone felice ed entusiasmante monito.

La predica se non fatta più dagli uomini pii, che sia almeno laica e lucida da parte di chi ne ha il potere, sopravvivendo a chi degenera; perché a buon intenditore, si dice, bastano poche parole; e le nuove generazioni, del resto, adoperano gli “emoticons”. Un po’ come i cinesi, da millenni.

Antonio Cortese


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