Il mio amico Mimmo, uno che gira, lo dice da anni: « ….La “Vacca di Fuoco” deve essere rivalutata ….. c’è la possiamo giocare…». Sono d’accordo. La manifestazione è una dei più lucidi ricordi della mia infanzia su cui le testimonianze sono (sembra) solo orali.
Un vecchio articolo pubblicato su PT39 riporta: «…E’ una tradizione antica che rivive ogni anno. La festa si colora di folklore con questo evento, un tempo forse legato alla tradizione pagana per ringraziare o per propiziare il raccolto. La vacca di fuoco è una rappresentazione in cartapesta dell’animale, dove vengono applicati fuochi d’artificio. Essa viene trasportata nella piazza centrale, dove viene accesa. La vacca gira per tutta la piazza, in un tripudio di colori, suoni e spari…».
Il rito che ancora si conserva, grazie agli sforzi negli anni, della Commissione per San Rocco, sembra avere radici nel passato troppo remoto, tant’è che quasi nessuno riesce a collocarlo nel tempo. Anche in un testo molto specifico che per caso ho trovato su internet col titolo “Fantocci nei rituali festivi” (Edizioni SMiL) di un autore pugliese, un certo Gabriele Tardio,si riporta solo la notizia citando la festa a Bagnoli (a proposito per la suddetta citazione il testo potrebbe essere meritevole di essere ricompreso tra quelli che parlano del nostro paese e quindi inserito tra quelli che “Bagnoli è Amore” ha sapientemente catalogato).
La vacca, da sempre, simboleggia l’abbondanza e la fertilità, così come nel sogno del Faraone interpretato da Giuseppe (sette vacche grasse e sette vacche magre -Genesi 41-). I romani in varie cerimonie facevano sacrifici di animali in particolare durante i Fordicidia ed i Parilia. Questa feste fanno parte di un insieme di cerimonie che in primavera dovevano provvedere alla fertilità. Secondo Ovidio la festa è destinata a stimolare la fecondità del bestiame, ma forse anche quella umana e dei campi, secondo una associazione di idee che si trovano di frequente “Noi siamo, dice Ovidio, nel momento in cui tutto è gravido, la terra con le sementi, così come gli animali; ecco perché, alla terra piena, si offre una vittima piena”, in virtù della regola simbolica che vuole che ad una divinità si offrano delle vittime che siano omologhe, ma anche per fornirle quello che deve produrre, sotto un’altra forma, ed assicurarsi così anche la fertilità della terra.
Nella vasta casistica di usanze e riti festivi della penisola ho scovato un paesino come il nostro della Calabria, San Pietro in Guarano (CS), dove la sera del 16 di agosto, in occasione della festività di San Rocco, dopo la processione, i cerimonianti trasportano per le vie del paese un fantoccio gigante fatto di canne e cartapesta che alla fine del rito viene bruciato per esorcizzare il male (“U Dirroccu”).
Anche quest’anno la festa di San Rocco ci ha consegnato una bella “Vacca di Fuoco”, forse la più bella degli ultimi anni. La manifestazione, come sempre, ha attratto tanta gente sedotta dalla sua unicità e dalla sorprendente coreografia dei fuochi.
Allora amici e se questa nostra manifestazione singolare la usassimo come volano turistico? Dal 10 al 16 di agosto abbiamo già una buona affluenza turistica, creiamo un grande evento. La “Vacca di Fuoco” può diventare l’evento clou di una manifestazione più grande, più ricca, più duratura, che dovrà operare come grande attrattore estivo. Con il contributo dei giovani, degli operatori, delle Commissioni, delle associazioni della Pro-Loco, dell’Amministrazione Comunale, si può riempire di contenuti e di eventi una settimana con un paese in festa .
Quale migliore prologo per la sagra di ottobre? Quale occasione migliore per mostrare le nostre bellezze? La materia prima su cui plasmare i contenuti non ci manca. La proposta, in questa sede solo abbozzata, è la creazione di un comitato per la valorizzazione della “Vacca di Fuoco”, sotto l’egida dell’Assessorato al turismo, che però operi con ambiti più grandi e che faccia da centrale unica per amalgamare e mettere in rete le energie del nostro paese.
Nello Memoli
Foto: di Giuseppe Polvere
(da Fuori dalla Rete, Settembre 2019, anno XIII, n. 4)