Larve e buoi dei paesi tuoi

di Gianpiero Mastandrea

Mangereste mai uno di questi insetti?
Probabilmente, già la sola idea vi disgusterebbe.

Eppure, decine di milioni di persone nel mondo li consumano regolarmente, ritenendoli una prelibatezza, assieme a vermi e larve. Gusti da Terzo Mondo? Non proprio, dato che sulle nostre tavole possiamo trovare molti invertebrati, alcuni strettamente imparentati con gli insetti: crostacei come gamberi, granchi e (solo per qualcuno) aragoste; o molluschi marini, come vongole, cozze e ostriche, e di terra, come le lumache. Perché questi animali vanno bene per il nostro palato e gli altri no? Cosa rende tanto stomachevoli pietanze quali formiche o grilli fritti?

Il disgusto è una sensazione umana pressoché universale: molti studi scientifici hanno dimostrato che persone provenienti da culture e aree del globo diverse reagiscono allo stesso modo quando la provano e, davanti a fotografie di altri individui disgustati, sono capaci di riconoscere immediatamente questa sensazione.

Il disgusto alimentare riguarda esclusivamente le sostanze di origine animale: i vegetali possono non piacere, ma non suscitano lo stesso tipo di rigetto. Una possibile spiegazione è che questa sgradita sensazione sia comparsa, nel corso della nostra evoluzione, per ridurre le probabilità di essere contaminati da sostanze nocive: se piante e funghi possono essere velenosi (una caratteristica a cui, spesso, si associa il sapore amaro di questi alimenti, che funge, appunto, da segnalatore di potenziale tossicità), molti materiali biologici di origine animale possono rappresentare pericoli assai grossi: feci, urina, sudore, sangue e secrezioni sessuali possono veicolare malattie e parassiti, mentre un pezzo di carne andato a male rappresenta un ricettacolo di agenti patogeni. Un meccanismo che tenga lontani tutti questi fattori di rischio non ha potuto fare altro che diffondersi tra i nostri antenati.

Si spiega così l’origine biologica del nostro senso di repulsione, ma non il motivo per cui troviamo repellenti alimenti (come gli insetti) che, sotto ogni punto di vista, sono perfettamente commestibili. In questo caso, entra in gioco l’alimentazione a cui siamo sottoposti nei primi anni di vita.

Come si sa, i bambini piccoli tendono a mangiare di tutto, mettendo in bocca ogni cosa che trovano. Nel corso di una serie di studi, numerosi ricercatori hanno provato ad osservare il comportamento di soggetti di età inferiore ai 2-3 anni davanti ad alimenti assolutamente edibili, ma, per i loro stessi genitori, disgustosi, come cioccolatini a forma di sterco di cane e insetti di vario genere. Con loro grande ribrezzo, i figli non hanno avuto alcuna remora nel mangiare tutto ciò che veniva loro proposto.

Ripetendo l’esperimento con bambini più grandi, questi si mostravano disgustati esattamente come i genitori e rifiutavano il cibo. Perché? Perché avevano raggiunto l’età nella quale termina il processo di “sperimentazione” dei cibi e in cui si inizia a distinguere tutto ciò che si può mangiare da tutto il resto che, invece, non è edibile.

Se nei primi anni di vita si mangiano insetti e il loro consumo è accettato e incentivato dai genitori, il bambino, una volta cresciuto, non li troverà affatto disgustosi. Viceversa, se ogni volta che si mangia una determinata cosa papà e mamma sgridano il figlioletto, questi crescerà escludendo quella determinata cosa (commestibile o meno che sia) dalla propria alimentazione.

Ma perché un bambino dovrebbe essere psicologicamente tanto predisposto a seguire le linee guida dei genitori? Be’, per il semplice motivo che loro sono vivi e sono arrivati all’età adulta: se sono sopravvissuti mangiando solo determinati alimenti e non altri, vuol dire che hanno scelto quelli buoni mentre gli esclusi potrebbero essere nocivi.
Se in certe culture si mangiano animaletti schifosi (per noi) è perché questi rappresentavano una buona risorsa alimentare e fin da piccoli si è educati a mangiarli. Allo stesso modo, una tagliata di carne o delle costate di maiale potrebbero essere per loro assolutamente disgustosi.

E’ un po’ come nella famosa barzelletta dei due amici che vanno a mangiare al ristorante: uno dei due ordina una lingua di vitello, disgustando il suo commensale che, dopo aver affermato che mai e poi mai mangerebbe una cosa che sia stata in bocca ad un animale, finisce per ordinare un uovo.

Gianpiero Mastandrea

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