Ciao amici di Pt39, oggi ho deciso di dedicarmi all’ozio mentale, sedermi al sole, sulla piccola veranda di casa, versarmi un bicchiere di Sauternes, un vino dolce francese e cercare di liberare la mente da “Covid e tutto ciò che comporta questa bestia”.
IL VINO! Il bicchiere…ora quasi vuoto, mi ha dato l’idea di scrivere su un’argomento piuttosto leggero, anche perchè più di 10 anni fa, avevo iniziato un “blog” su questo tema, da cui ho preso spunto.
Questo mio articolo non vuole descrivere le varie trasformazioni delle divinità dall’antichità all’età moderna, né il loro impatto sull’arte e la filosofia: NON NE SAREI CAPACE. No, vorrei solo volgere uno sguardo, tra il (poco) serio e il faceto (molto), a quel “nettare degli dei” che noi mortali chiamiamo semplicemente VINO!
Dal XIV secolo in poi la produzione, la diffusione e il consumo di vino in Europa aumentarono notevolmente. Questo fenomeno, parallelamente alla rinascita dell’interesse per l’antichità, caratteristico del Rinascimento, ha determinato prepotentemente una rinnovata produzione di storie letterarie e immagini delle divinità del vino, con miti legati soprattutto al dio greco DIONISO, chiamato dai latini BACCO, che i romani raffiguravano solitamente con una coppa di vino in mano e in testa una corona di pampini e di edera a circondare i suoi riccioli.
Le Muse, figlie di Zeus e Mnemosine, ammoniscono che tre sono i sommi piaceri donati dagli Dei agli uomini: la DONNA, la POESIA, il VINO.
Alcèo, poeta lirico dell’antica Grecia canta: “Dioniso, il figlio di Semele e di Giove, dio del vino, dell’ebbrezza e dell’estasi, che insegna agli uomini la viticoltura, piantando viti e inebriandosi dell’ “umòr che da essa cola”, ha concesso ai mortali il VINO, oblio degli affanni”.
ll suo nome, presso i romani divenne presto Bacco: “colui che strepita al divertimento e al piacere dei sensi”!
Dioniso-Bacco che spesso era in giro per le campagne a caccia di lepri e fagiani, un giorno fece la scoperta che lo rese celebre all’eternità: la vite, o meglio i grappoli d’uva. Incuriosito dal frutto, li raccolse, li premette in una coppa d’oro e ne fece uscire un liquido color porpora… Assaggiato, la prima impressione fu di un nuovo nettare che fa dimenticare la stanchezza e le pene. Era nato il VINO!
Un’altra leggenda racconta che Bacco in viaggio, stanco e affamato, chiede ospitalità a un vecchio pastore del Massico di nome Falernus. Ben cordiale e ignaro della sua divinità, il pastore offre al viandante frutta, latte, favi di miele e pane.
Bacco, commosso e soddisfatto da tanta generosità, premia il contadino trasformando tutto il latte ottenuto dalla mungitura in vino. L’indomani lo stesso Bacco fece nascere, tra le pendici del monte Massico e l’Ager Falernus, una terra prediletta della “Campania Felix”, viti lussureggianti.
Nacque così il “Vinum Falernum”, un vino rinomato nell’impero romano, soprattutto nel bacino Mediterraneo, eternato dalla letteratura latina classica, raccontato da Plinio, dai versi di Virgilio, Marziale e Orazio.
Un nettare talmente pregiato, che nel tempo divenne un segno di distinzione sociale. Un gran vino corposo, fruttato, dal colore ambrato e bruno, da bere dopo ben 10 anni d’invecchiamento. Costantemente presente ai banchetti imperiali, tanto da meritarsi l’appellativo di vino degli imperatori.
Peccato che Caravaggio in quel suo dipinto, dove Bacco ostenta una coppa di vino, non lascia intendere che fosse riempita di Falerno: l’unico vino degno di essere bevuto anche dagli Dei.
Il Falerno non era un vino per tutte le borse. La plebe, infatti, non poteva permettersi un tal vino a causa del prezzo.
A Pompei, sul muro di una taverna è stato ritrovato una scritta, un vero “listino prezzi” del costo di un bicchiere di vino.
“Edoné fa sapere: qui si beve per 1 asse; se ne paghi 2, berrai un vino migliore; con 4, avrai vino Falerno”.
Per ben altri motivi, nell’antica Roma il vino non era concesso alle donne. Perche al gentil sesso era proibito toccare l’alcool?
La donna, infatti, doveva rispettare alcuni divieti: uno di questi era quello di non bere vino, in quanto avrebbe potuto farla sparlare un po’ troppo, screditando il marito, o addirittura annebbiare la ragione e compiere tradimento.
E così tra miti e leggende…di generazione in generazione, il Falerno ai giorni nostri è tale da esser stato uno dei primi vini nel mondo ad aver avuto la denominazione DOC!
Ma che importa… Il buon vino, bianco, rosato, o rosso che sia, ci è quotidiano come il pane; il vino lietifica; è presenza indispensabile nelle feste, sostiene, rincuora nelle ore difficili, offre larga ispirazione a poeti, musici e amanti, ed è un mezzo lecito di seduzione e conquista.
Il vino non è immortale come la Poesia e non presenta tutte le complessità e le contraddizioni della Donna.
Il vino è sinonimo di civiltà. Le popolazioni che mettevano a dimora la vite, che impiega quattro, cinque anni prima di dare i suoi frutti, intendevano abitare attorno alle colline prescelte; costruivano villaggi, coltivavano campi, allevavano bestiame, erigevano mura difensive, vivevano di caccia e di pesca e bevevono vino.
Come si beve il vino? In compagnia, la migliore possibile, ma non da soli; la buona bottiglia va divisa, gustata, chiacchierata magari, sorseggiata e mai tracannata. Solo l’acqua si può tracannare quando si torna da assolate fatiche estive.
Avanzando negli anni, risveglia memorie assopite, riacuisce sensazioni ovattate dallo scorrere del tempo, fa riaffiorare ricordi dolci.
Il vino È e deve restare un piacere, assaporare il sentore che ci offre e mai berlo a dismisura.
Gli antichi greci descrivevano la fragranza del vino, fino a provocare uno stato di godimento spirituale e saper smettere di bere prima dell’ubriacatura. Bere con esagerazione trasforma il piacere e il bevitore in un Girella.
Gustate, quindi, lietificatevi col vino, non fuggitelo. Guardatevi dagli astemi e adattate l’adagio:
“PAVENTO GLI ASTEMI ANCHE QUANDO SEMBRANO RECAR DONI”.
La storia, magistra vitae, ce li addita: Cromwell e Ravaillac non toccavano vino; rigidamente astemi erano Robespierre, Bresci, così come quei due angioletti di Hitler e Pinochet. C’è chi ha considerato peccato mortale bere vino, tal Khomeini, Gheddafi, Ben Laden. Trump asserisce di non aversi mai fatto un “bicchiere”!
E allora amici, guarnite la vostra tavola di buon vino, sia esso bianco, rosso… e bevetelo con moderazione; assaporate i suoi aromi, lasciatevi rallegrare e allietare la mente dei vostri commensali… e salute!
Gino Di Capua