Si racconta che, alle falde delle montagne di Fontigliano, dopo l’anno mille, fu ricostruito ad opera del Vescovo Amato, un Monastero di Benedettini Neri ridotto ormai a rudere. Il convento fu “condiviso” dalla popolazione di Nusco e Bagnoli fino al 1460, quando, per un complotto nuscano, ordito del Feudatario e il Vescovo, in combutta fra di loro, fu soppresso e incorporato alla Mensa Vescovile della Diocesi.
A dispetto di tale decisione, Bagnoli si diede da fare per averne uno tutto proprio. Verso il 1485, dopo aver edificato una Chiesa a Santa Maria di Loreto, grazie all’interessamento delle due nobildonne Margherita Orsini e Giulia Caracciolo, ottenne l’autorizzazione di costruire un Monastero Domenicano dal superiore Bartolo Comatto di Bologna. A pesare non poco su tale decisione fu anche la presenza radicata a Bagnoli di fermenti eretici e di una comunità ebraica.
Come è noto, i Domenicani furono maestri assoluti in tale opera di conversione ed inquisizione. Ma a fare le fortune del Monastero fu la benevolenza e protezione del predicatore Ambrogio Salvio, potente prelato e confessore di Carlo V. Grazie a lui il convento fu ampliato e fornito di biblioteca e studentato. E dato che l’appetito vien mangiando, verso gli inizi del 1600 i Domenicani pensarono di edificare un convento per le suore e ricorsero ad un miracolo ottico spettacolare per spillare soldi alla popolazione.
Nel punto dove volevano costruire il Monastero misero un altare. Durante la messa celebrata dal Vescovo di Nusco il domenicano Lazzaro Pellizzaro, apparve una piccola stella che luminosa disegnò una scia sull’altare per poi scomparire. Si gridò al miracolo e si raccolse una bella somma in denaro. Dopo una decina d’anni in Convento era stato completato, ma venendo meno le rendite per sostenerlo dopo un secolo di vita dovette chiudere.
Rifondato da Lionardo Pallante nel 1725 fu avviato solo nel 1769 come Conservatorio per Donzelle dedicato a Santa Caterina da Siena. Il vescovo Francesco Bonaventura, impegnato a rilanciare il Seminario di Nusco, non vedeva di buon occhio tale iniziativa e tentò di subordinarlo, rivendicando per sé l’amministrazione temporale oltre quella spirituale: cioè il possesso delle chiavi e il potere di decidere sulle ammissioni. La situazione divenne esplosiva quando Bonaventura, giunto a Bagnoli per una visita, trovò la porta del Monastero ben serrata e dovette ritornare a Nusco.
Il fattaccio rese la situazione complicata: nel settembre del 1770 due suore Serafina Coppola E Maria Crocifissa Del Calvario chiesero di poter rientrare a Napoli. La controversia sembrava destinata ad inasprirsi, ma, 1772, fu lo stesso Re Ferdinando IV a porre fine alla diatriba: il vescovo poteva fare visita al collegio solo per la parte spirituale senza preoccuparsi né delle ammissioni, né delle chiavi e né del governo temporale che spettava alla Priora, ai Governatori e all’Università. Niente doveva pregiudicare il carattere laicale delle donzelle che non erano soggette a clausura.
Il povero vescovo Bonaventura fece buon viso a cattivo gioco, anche se gli attriti restarono ancora per anni. Nel 1791, ad esempio, alla bagnolese donna Anna Pecchenedda fu rifiutato il posto gratuito per suo figlio nel Seminario di Nusco. Come è noto, nei piccoli paesi rancori e risentimenti hanno radici lunghe.