Le tradizioni pasquali del mio paese 

di Emidio Maria Di Giovanni (classe V B)

E’ arrivata la Pasqua, ma la scuola non è stata riaperta.

La settimana scorsa abbiamo letto un testo informativo sulle tradizioni legate alla Pasqua di vari paesi europei. Dopo aver letto, bisognava scrivere un testo in cui raccontare le tradizioni delle proprie famiglie o del proprio territorio e confrontarle con quelle dei miei compagni.

Ho pensato, avendo la fortuna di avere una prozia Crescenzina Rossi (sorella della mia bisnonna) di chiedere a lei di raccontarmi qualcosa sulle tradizioni pasquali di Bagnoli Irpino ai tempi della guerra. Successivamente mi è stato suggerito di intervistare il professore Dell’Angelo Giuseppe.

Entrambi sono stati contattati telefonicamente e mi hanno inviato le loro risposte con audio Whatsapp. Ringrazio mia zia, il professore Dell’Angelo, le mie maestre che nonostante tutto ci invogliano ad andare avanti e il sig. Ernesto Dell’Angelo che ha dato alla nostra maestra la foto della “pizza palomma e Panariello” realizzati da sua figlia Lucia che frequenta la III. Un grazie anche alla redazione dell’associazione Palazzo Tenta 39 per averci dato la possibilità di essere presenti.


Intervista al Professore Dell’Angelo Giuseppe

Professore Dell’Angelo, sono Emidio un bambino di 11 anni molto curioso. Le ordinanze restrittive dovute al coronavirus, ci impediscono di andare in giro per i centri commerciali a comprare colombe ed altri dolciumi tipici. Mamma e nonna i dolci li hanno fatti in casa. Potresti raccontarmi quali erano le tradizioni pasquali ai tempi della guerra?

Emidio, devi sapere che nel periodo di guerra mancavano le materie prime come farina, zucchero ecc, e le persone si arrangiavano con quello che si teneva in casa o si coltivava. La cosa che si consumava di più, per la Pasqua, era la verdura: il primo motivo era perché la potevano raccogliere tutti e il secondo perché rappresentava la primavera e quindi la rinascita. Durante l’inverno si conservava tutto ciò che rappresentava la carne e uova, perché per tutto il tempo della Quaresima non potevano essere consumati; quindi a Pasqua si preparava una bella “minestra maritata” ossia verdura (nello specifico cicoria selvatica) arricchita da cotica, noglia, salsiccia, pzzentu e prosciutto crudo. Un’altra bella tradizione era la “pizza palomma” e il “panariello” che venivano realizzati con la pasta dei biscottini bianchi e regalati ad ogni bambino della famiglia. La pizza palomma veniva realizzata stendendo la pasta, rappresentando la figura di una donna con le mani ai fianchi, un fazzoletto in testa detto, maccaturu, e un uovo sul ventre con una croce di pasta. All’inizio era un uovo di colombo perché la colomba era ed è simbolo della pace, della Pasqua e quindi della Resurrezione, ossia rinascita della terra e dell’uomo. L’uovo poteva essere sostituito anche da altre uova. Questo dolce veniva consegnato alle bambine perché nella pancia della donna si genera la vita rappresentando la nascita. La parola <pizza palomma>  deriva dalla colomba.  Al bambino veniva consegnato il “panariello”, realizzato sempre stendendo la pasta a forma di cestino con delle uova, in particolare uno veniva posizionato al centro dello stesso rappresentando la fertilità, quindi l’uovo che porta alla vita. Questi due dolci potevano essere consumati a partire dal suono delle campane e precisamente, dalle ore 12 del giorno di Pasqua, il suono della Gloria. Alcuni bambini preferivano conservarli per il giorno di Pasquetta, per il grande cummitu ossia pic-nic, una festa dove si consumavano gli avanzi del giorno prima.

Intervista a mia zia Crescenzina

Cara zia Crescenzina, stiamo attraversando un periodo molto strano, non possiamo uscire per comprarci le delizie pasquali che oggi troviamo nei negozi e centri commerciali; parlando con mamma, mi ha detto che un giorno gli avevi fatto notare che si stava meglio in tempo di guerra che oggi. Mi spieghi in che modo trascorrevate la Pasqua e quali erano i simboli alimentari delle tradizioni pasquali?

Caro nipote ai tempi della guerra non c’era niente, ma non mancavano i nostri sorrisi, i nostri abbracci e i nostri baci, oggi tutti questi segni di affetto sono proibiti perché c’è il virus. Ti spiego in poche parole quello che facevamo. Si conduceva una vita piuttosto attenta, non bisognava uscire nei momenti dei bombardamenti, in quell’occasione noi ci rifuggiavamo nelle caverne, un posto abbastanza sicuro. Non avevamo molto cibo a disposizione, ma avevamo lo spirito di arrangiarci, infatti per la Pasqua preparavamo pietanze molto semplici ma abbastanza grasse con tutti gli alimenti che avevamo conservato nell’inverno: come la “minestra maritata”, pasta preparata in casa, sughi con carne di maiale (salsiccia, cotechino, trcchiuleddu ecc), taralli con finocchio e dolci ossia i cosiddetti biscuttini bianchi per il latte (c’era chi li imbeveva anche nel vino) e per i bambini la pizza palomma e lu panariellu. Questa era la nostra Pasqua ed eravamo molto contenti.

Emidio Maria Di Giovanni (classe V B)

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