La definizione del dogma dell’Immacolata Concezione è stata la conclusione di una millenaria vicenda dottrinale e la ratifica di una tradizione assai lunga nella storia della Chiesa; infatti la liturgia ha visto sorgere in Oriente intorno all’VIII sec. una festa, ispirata agli apocrifi, intitolata al ‘Concepimento di Maria da parte di S.Anna’, festa che passò poi nel IX sec. in Occidente e che troviamo fissata all’8 dicembre nel X sec. in Inghilterra. Nell’Europa della fine del Medioevo e del Rinascimento, la devozione mariana, già molto ricca nelle epoche precedenti, continuò ad ampliarsi, così come si moltiplicarono le Confraternite ad essa legate. Di conseguenza la presenza di Maria nell’arte è straordinariamente grande, dalla pittura alla scultura alla tappezzeria. Frequenti, però, sono le critiche dei Riformatori per l’espandersi di questo culto e numerose sono le controversie teologiche riguardanti Maria, fra cui quella sull’Immacolata Concezione.
Tutti gli esseri umani nascono con il peccato originale tranne Maria che, assieme a Cristo, era nata senza macchia. Il cammino della teologia e del Magistero per giungere alla definizione del dogma è stato lungo e difficile, e pertanto non poteva essere facile l’evoluzione e lo stabilizzarsi di una iconografia adeguata a rappresentare una dottrina così complessa e difficilmente esprimibile per immagini. Anche se a partire dal XVI secolo Maria diviene la figura sacra più rappresentata, l’idea di Maria concepita senza peccato si è imposta lentamente alla pietà, alla liturgia e alla teologia e a lungo ha cercato un’espressione figurativa, esprimendosi, lungo i secoli, in molteplici modi.
Un primo tentativo fu in chiave simbolica, mediante la rappresentazione dell’Incontro di Anna e Gioacchino alla Porta d’Oro di Gerusalemme, sulla base di narrazioni popolari tratte soprattutto dai Vangeli apocrifi, dallo Speculum Historiae di Vincenzo di Beauvais e dalla Legenda aurea di Jacopo da Varagine. Questa iconografia ha la sua fonte in Oriente, dove la verginità di Maria era collegata con la particolare santità del matrimonio dei suoi genitori. Il medioevo latino, infatti, ha sempre sostenuto che il peccato originale si trasmette con l’atto generativo e come ha avuto la tendenza a spiegare la santità del Salvatore mediante la sua concezione verginale e quindi miracolosa, allo stesso modo ha cercato di tradurre la santità originale di Maria risalendo ai suoi genitori. Intanto, a partire dalla fine del XV secolo S.Anna era una delle sante più venerate d’Europa anche se nella Bibbia non è neppure nominata e le sue raffigurazioni sono basate sul Protovangelo di Giacomo del II sec.. Secondo uno di questi racconti il suo matrimonio era rimasto senza figli per colpa del marito e Gioacchino dalla vergogna si era nascosto nel deserto. Un giorno un angelo gli predisse la nascita di una figlia: Gioacchino tornò a Gerusalemme e incontrò Anna presso la Porta d’Oro. Il momento dell’abbraccio/bacio tra i due sposi, secondo gli scrittori medievali, segnò il momento dell’Immacolata Concezione di Maria:…ed ecco Gioacchino arriva con il suo gregge, Anna sta alla porta e lo vede arrivare e accorrendo verso di lui lo abbraccia dicendo: “ora riconosco che il Signore mio Dio mi ha abbondantemente benedetta, perché ecco che la vedova non è più vedova e che io che ero senza figli concepirò nel mio seno”.
A volte, nella rappresentazione dell’Incontro, compaiono a destra e a sinistra Adamo ed Eva, che con una mano porta alla bocca la mela, mentre con l’altra copre la sua nudità, come nella miniatura del “Livre d’Heures à l’usage de Màcon” del XV sec. o in una tela di Giulio Taraschi nella Chiesa di S.Martino a Bologna, evocando la caduta accanto alla promessa della redenzione. I progenitori appariranno poi in una tipologia più tarda, quella di Maria-Nuova Eva.
Come la dottrina dell’Immacolata si definisce gradualmente, così anche l’arte si evolve di conseguenza: comincia ad affermarsi l’iconografia dell’Albero di Jesse, in riferimento al testo di Isaia: “Un germoglio spunterà dal tronco si Jesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici” (Is.11,11). Principale motivo ispiratore nel Medioevo è la discendenza reale e sacerdotale di Maria, preannunciata dai profeti. Maria è spesso rappresentata mentre sorge da un giglio (Os.14, 6), come una nuova creazione. Maria-radice di Jesse è stato uno fra i simboli biblici che ha conosciuto una lunga fortuna per tutto il medioevo anche se la genealogia del Messia non riceve un senso mariano se non dopo che i Dottori della Chiesa riconoscono all’unanimità l’Immacolata Concezione di Maria, ma scompare quasi del tutto alla fine del XVI secolo, salvo che in qualche altare barocco, come quello della Consolata di Torino o nell’Abbazia cistercense di Stams in Tirolo (1613). .
Anche l’immagine del roveto ardente è stata usata per porre l’accento sulla integrità verginale di Maria, rimasta sempre intatta come il roveto di Mosè. Nel ‘Piccolo Ufficio della S.Vergine Maria’ si trova un testo che può giustificare questa immagine: “Rubum quem viderat Moyses incombustum, conservatam agnovimus tuam laudabilem virginatem sancta Dei Genitrix”.
Già alla fine del 1300, nell’iconografia oltremontana, si sviluppano quei motivi che dovevano diventare canonici per l’immagine definitiva dell’Immacolata, cioè la Donna e il drago tratti dall’Apocalisse, come negli Arazzi di Angers del 1380.
La Donna dell’Apocalisse ha tre segni: è vestita di sole, con la luna sotto i piedi e coronata di 12 stelle; un’iconografia semplice, ma che diventa ben presto popolare. Il tema appare a cavallo fra la fine del ‘400 e i primi anni del ‘500. Il prototipo della Vergine dell’Apocalisse come Immacolata si trova nelle incisioni di Dürer del 1498. Se nelle figurazioni della Vergine dell’Apocalisse si tolgono le ali della donna, la scena del Bambino portato via dall’angelo, e se al posto della bestia a sette teste si mette il serpente dell’Eden con spesso in gola il frutto della tentazione, si avrà un’immagine dell’Immacolata che a partire dal XVI sec. si moltiplicherà all’infinito. Il tipo iconografico che si afferma è quello di Maria in piedi, giovane e bella, con i capelli sciolti, con il Bambino in braccio, che poggia sulla falce lunare. Maria è illuminata dai raggi del sole nascosto dietro di lei: le dodici stelle sul suo capo diventano un’aureola o una corona.
Un ulteriore elemento matura, però, nell’arte italiana del Rinascimento: l’Immacolata Concezione è presentata come la contropartita e il riscatto del peccato originale, poiché nell’Annunciazione Maria, con il suo ‘sì’, è l’antitesi della disobbedienza di Eva.
Un’altra via fu la rappresentazione dell’Hortus conclusus: in un giardino recintato da un muro o da uno steccato Maria è circondata dai simboli della purezza tratti dal Cantico dei Cantici (fontana sigillata, trono di Davide, giglio tra i cardi, eletta come il sole, bella come la luna), dal Siracide (cedro cresciuto, olivo maestoso, pianta di rose), dalle prefigurazioni veterotestamentarie (roveto ardente, bastone di Aronne, vello di Gedeone, ecc). Il giardino chiuso diventa il simbolo più autentico dell’Immacolata Concezione.
Una rara immagine simbolica si trova in una miniatura dei “Chant Royaux du Puy de Palinods” di Rouen, opera di una accademia artistico-letteraria del XVI sec. legata al culto dell’Immacolata e di S.Anna: qui si vede, in un ambiente sontuoso un nobile personaggio, Dio stesso, che tiene nella mano destra la ‘Perla preziosa’, simbolo dell’Immacolata Concezione, posta in una ricca incastonatura. Si credeva, infatti, che la perla nascesse dalla rugiada discesa dal cielo: essa simboleggiava l’immunità originale della Vergine, così come S.Anna era la conchiglia perlifera , che generava la perla per eccellenza, Maria. Una simbologia simile si ritrova nel 1669 in una incisione del gesuita H. Engelgrave per il quale il mistero dell’Immacolata Concezione appare sotto forma di una perla e lo stesso autore spiega: “Non ho scelto la luna come figura di Maria, perchè la luna ha eclissi e variazioni; non ho scelto il sole, perchè ha delle macchie; ho scelto la perla che non riceve niente dal mare e che ne esce senza la minima sporcizia”.
Intanto nel Nord Europa si sviluppa l’iconografia della ‘Tota pulchra’, dove la Vergine sta sospesa in aria sopra un fantastico suolo cosparso di simboli mariani. Secondo Màle, uno dei massimi esperti di iconografia cristiana, questo tipo iconografico appare alla fine del XVI secolo con le seguenti caratteristiche: “è una ragazza molto giovane, i cui lunghi capelli coprono le spalle; tiene le mani giunte e sembra sorgere tra cielo e terra; galleggia come un pensiero che non è mai stato espresso, perchè essa non è ancora che un’idea nella mente divina. Dio si mostra sopra di lei e pronuncia, creandola così pura, le parole del Cantico dei Cantici. Per rendere sensibile questa bellezza e purezza della donna che Dio ha scelto, l’artista pone intorno a lei le più belle metafore della Bibbia: il giardino chiuso, la torre di David, il giglio, ecc...” Tutto quello che l’uomo ammira nel mondo non è che un riflesso della sua bellezza verginale. In queste immagini Maria appare con o senza Bambino, a volte circondata da una corona di rose e da piccole immagini che illustrano gli appellativi delle Litanie. Spesso indossa un abito bianco e blu, per simboleggiare la verginità e la castità. Ella è in piedi su una mezzaluna, col capo coronato di stelle e tiene le braccia tese come un’orante o giunte sul petto. E’ la bella sulamita del Cantico dei Cantici, come è spesso provato dai cartigli che riportano il versetto “Tota pulchra es, amica mea, et macula non est in te” (Ct.4,7).
Un convegno di santi sotto l’immagine di Maria è in Italia l’iconografia più comune, in relazione all’Immacolata, nella seconda metà del XV secolo. Moltissimi artisti, infatti, rappresentarono quella che è chiamata la ‘Disputa dell’Immacolata Concezione’. La Vergine è librata in aria o inginocchiata sulle nuvole davanti al Padre Eterno, che la tocca con la sua verga e la esenta dal peccato originale; angeli portano fronde o mostrano pagine della Scrittura, mentre in basso un’assemblea di Dottori, teologi e santi, in rapporto col culto mariano, discutono sulla concezione di Maria. A volte i profeti o gli apostoli si uniscono ai teologi e la Chiesa stessa esibisce i testi liturgici; anche i Padri della Chiesa discutono sulla Vergine senza peccato, come nella Pala di Carlo Maratta a S.Maria del Popolo a Roma e
La Controriforma manifesta una predilezione per il tema della Vergine Maria che schiaccia o trafigge il demonio. I riformatori per affermare l’unicità della salvezza ad opera di Cristo, leggono nel Protovangelo non Ipsa, ma Ipse, concludendo che a spezzare la testa del serpente non è la Madre, ma il Figlio. Caravaggio, che nella ‘Madonna dei Palafrenieri’ (Galleria Borghese di Roma XVII sec.) raffigura una scena di carattere domestico dove, però, si vede Maria col Bambino che mette il proprio piede sopra quello della Madre nell’atto di schiacciare il serpente del peccato originale alla presenza di S.Anna. E’ una maniera elegante di far coincidere l’Ipse con l’Ipsa.
Nel XVI secolo si sviluppa il tema della ‘Vergine predestinata’, cioè della Vergine concepita dall’eternità nel pensiero divino, prevista indipendentemente dalla caduta di Adamo ed Eva e quindi preservata dal peccato originale in previsione dei meriti del Verbo incarnato in lei. La Vergine viene collegata con l’immagine della Sapienza che collabora con Dio alla creazione del mondo: “Il Signore mi ha creato all’inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, fin da allora” (Prov.8,22). Un’opera particolarmente interessante è la tela che si trova sull’altare maggiore della Chiesa di S.Filippo Neri a Perugia, opera di Pietro da Cortona (1562), che unisce insieme la missione da parte dell’Eterno, e l’iconografia di tipo spagnolo.
Dalla Predestinata si passa all’Immacolata Ideale presentata nella sua bellezza al di fuori del tempo, senza più bisogno di simboli. Da almeno tre secoli, infatti, esiste una corrente sempre più forte, che non è soddisfatta da nessuna immagine, nè realistica, nè simbolica, nè dogmatica e che cerca una impossibile rappresentazione del mistero nella semplice evocazione di una figura che dia l’impressione dell’immaterialità. Si giunge così, anche sulla spinta delle indicazioni tridentine e con l’esplodere nella cattolicità della devozione a Maria, al tipo iconografico definitivo dell’Immacolata Concezione: vengono eliminati i simboli delle Litanie e Maria, circondata solamente dagli angeli, scende come una manifestazione luminosa, raggiante, incoronata di stelle; al di sotto il globo terrestre sospeso nello spazio cui è avvinghiato il
Il panorama dell’iconografia mariana nel ‘600 e ‘700 è vastissimo. Il trionfo della Madonna viene sancito su ogni versante: nella liturgia, nella devozione, nella politica e nelle arti e l’Immacolata Concezione è forse la raffigurazione mariana più diffusa nell’area cattolica europea, specialmente dopo gli orientamenti post-tridentini, le cui formulazioni fanno sì che domini l’iconografia dell’Immacolata-Donna dell’Apocalisse e dell’ Immacolata-Assunta.
La tipologia che comunque si impone da XIX secolo è quella che deriva dalla ‘Purissima’ spagnola e ha grande diffusione in stampe e immaginette, soprattutto dopo la proclamazione del dogma nel 1854, con la Bolla “Ineffabilis Deus” di Pio IX, ma ancor più diffusa sarà poi quella legata alle apparizioni, soprattutto a quelle in cui Maria stessa si presenta come l’Immacolata Concezione.
O Immacolata!
Tu sei oltre le stelle, oltre le gerarchie,
oltre la vita, oltre la morte, oltre…
Risplendi tu nelle nostre coscienze,
e guidale là dove tutto l’effimero si cancella,
là dove è solo silenzio!
(David M. Turoldo)