Il nostro spunto per migliorarci arriva dall’Emilia Romagna, dal progetto “Turismo Esperienziale dei Cammini e delle Vie di Pellegrinaggio” che oggi ha un portale dedicato. Ci sono delle cose in comune con la nostra provincia. I borghi, i santuari, i paesaggi, le vie – l’Appia e la Francigena – le associazioni che si occupano di trekking. Quello che non abbiamo è la volontà di investire sullo sviluppo turistico, perché la Regione non guarda oltre le spiagge e il mare delle più famose località campane ma neanche oltre i finanziamenti a pioggia per i grandi eventi: ci manca qualcuno in grado di far valere delle serie politiche di turismo che puntino anche sull’escursionismo per scoprire arte, cultura ed enogastronomia. Eppure non mancano esponenti irpini che potrebbero intestarsi una discussione sul tema, volendo.
Ci sono terre attraversate dai viandanti, da pellegrini, da turisti e appassionati di trekking. Terre segnate con cammini e percorsi dalla natura e dalla storia.
Una di queste è l’Emilia Romagna. Il nostro spunto per migliorarci, questa volta, arriva dal progetto “Turismo Esperienziale dei Cammini e delle Vie di Pellegrinaggio”lanciato nel 2015 grazie alla collaborazione fra Regione Emilia Romagna, Apt e le rispettive associazioni che gestiscono i relativi cammini. Nel 2016 è stata siglata una convenzione per la valorizzazione delle produzioni agroalimentari lungo i cammini, poi c’è stata la stampa della cartoguida “Lungo le Antiche Vie dei Pellegrini in Emilia Romagna”, fino ad arrivare – qualche settimana fa – alla messa on line del nuovo sito, in italiano e in inglese, interamente dedicato ai cammini e consultabile da computer e smartphone. Nel sito sono presenti le schede dettagliate che descrivono ogni cammino, le singole tappe e le relative informazioni: si va da dove dormire (oltre 4.700 le strutture ricettive presenti nel portale), cosa fare e cosa vedere, e dover poter acquistare i prodotti tipici.
Se andiamo a guardare quali sono le Vie dei Pellegrini che attraversano l’Emilia-Romagna, troviamo: la via degli Abati, la via Francigena, la via di Linari, la via Romea Nonantolana, la via Romea Strata-tratto Romea Longobarda, la via degli Dei, il cammino di Sant’Antonio, il cammino di Assisi, la via Romea Germanica, il cammino di San Vicinio, la Piccola Cassia, il cammino di Dante, e la via di San Francesco. Un intreccio di sentieri e mulattiere lungo più di 2mila chilometri che conduce il camminatore attraverso piccoli borghi, suggestivi e panoramici scorci, paradisi naturali, santuari e naturalmente anche verso una genuina ed indimenticabile esperienza gastronomica.
Ci sono delle cose in comune tra questa area interna della Campania e quella dell’Emilia Romagna. I borghi, i fiumi, i laghi, le chiese, i panorami mozzafiato, le vie – l’Appia e la Francigena – abbiamo anche associazioni che hanno centrato le loro attività sul trekking e sui cammini, abbiamo una regione con il mare e le montagne. Quello che invece non abbiamo è la volontà di investire sullo sviluppo turistico delle nostre Aree Interne e chiaramente non abbiamo una Regione che riesca a guardare oltre le spiagge e il mare delle più famose località turistiche campane ma neanche oltre i finanziamenti a pioggia per i grandi eventi, in sostanza ci manca qualcuno in grado di far valere delle serie politiche di turismo che puntino anche sull’escursionismo per scoprire arte, cultura ed enogastronomia. Ma non ci mancano – al contempo – esponenti irpini che potrebbero intestarsi una discussione sul tema, volendo.
Perché a guardare bene è un peccato non riuscire a creare un sistema integrato che ci faccia finire – magari – su quell’Atlante digitale dei cammini (il nuovo portale del Mibact per chi sceglie di intraprendere un viaggio slow lungo l’Italia) che al momento ci vede assenti, oppure a creare come l’Emilia Romagna un portale dedicato Eppure c’è chi ha scelto di impegnarsi perché sia reale quel concetto di turismo lento su cui si è deciso di puntare per il 2019. Però lo sappiamo soltanto noi – e qualche appassionato – perché come giustamente ci ricordava Tonino Maffei dell’associazione Irpinia Trekking: «Servirebbero le risorse per fare delle pubblicazioni, la difficoltà maggiore non sta nel percorrerli ma nel far conoscere i nostri sentieri. Non esistono neanche le brochure da lasciare ad esempio all’aeroporto di Napoli o nelle stazioni con le mappe e i cammini. Serve la possibilità di rendere noto questo lavoro, in modo che non ci sia sempre bisogno delle guide o di un tour organizzato, il trekking è soprattutto spirito di avventura, questi percorsi dovrebbero poter essere affrontati in autonomia attraverso un’apposita cartografia che dovrebbe essere reperibile nei punti turistici, invece ad Avellino non esiste nemmeno un info point, per essere inclusi nella programmazione del MiBACT abbiamo bisogno della volontà politica, c’è davvero molta strada da percorrere in questo senso».
E ora sappiamo che anche i giovani di Vis Sapientiae che gestiranno il Convento di San Marco a Sant’Angelo – affidato in concessione gratuita dal Demanio – hanno intenzione di presidiare i cammini della Via Appia e della Via Francigena ed è a quel target che guardano con l’Osteria, la foresteria e il punto di fisioterapia per il rilassamento muscolare di chi attraversa il territorio a piedi.
L’iniziativa esiste, come la consapevolezza di essere un territorio in grado di rispettare le aspettative sul turismo esperienziale dei Cammini: c’è quello di San Guglielmo da Montevergine all’Abbazia del Goleto, la Via Appia e la Francigena che abbiamo ricordato e intercettiamo anche il percorso europeo europeo E/1 che da Capo Nord arriva in Sicilia passando per Senerchia, altri ce ne sono da scoprire e da valorizzare, da rendere fruibili e da mettere in rete con il sistema dell’accoglienza e con il settore dell’enogastronomia. E’ la parte più difficile, quella in salita, che però non dovrebbe spaventare i camminatori di montagna.
Maria Fioretti