Ovvero: La lezione che viene dal passato contro ogni forma di suprematismo.
“Dalla pandemia ci salveremo tutti insieme o non ci salveremo “
Papa Bergoglio 2021
In questi difficili mesi, segnati dalla pandemia, lo spazio dedicato dai media a raccogliere le lamentele di ristoratori e commercianti senza clienti, o a rincorrere politici in crisi d’identità e a caccia di poltrone in un nuovo esecutivo, è stato infinitamente più grande di quello concesso nel testimoniare le indicibili sofferenze dei migranti nelle gelide rotte balcaniche o in quelle infuocate dei deserti africani. La quasi totale indifferenza con cui sono accolte le immagini di esseri umani esposti al gelo, in attesa di varcare il confine dell’Europa comunitaria o al rischio di annegamento nel mare di Sicilia è la conferma su quanto ancora c’è da lavorare nell’animo di tutti per smantellare l’inconfessabile che c’è in ognuno di noi. Quella che emerge è un’Italia schizofrenica, in continua distonia tra il partecipare, commuovendosi, alle giornate di Theleton e il rinchiudersi negli interessi egoistici.
Doni da Bagnoli Irpino, 85 anni fa, al Museo Irpino.
Il primo documento che vi propongo è un articolo apparso 85 anni fa, sul Giornale d’Italia nell’aprile 1936 in cui si annunciavano donazioni di reperti e beni di valore al Museo Irpino di Avellino, appena inaugurato.
Tra i donatori irpini citati, i signori Bucci di Bagnoli Irpino (e del cui gesto il paese dovrebbe andare fiero), ma anche un personaggio che influenzò significativamente il regime fascista nell’emanazione delle leggi razziali e la complicità nell’Olocausto. Mi riferisco al professor Giovanni Preziosi, (nato a Torella dei Lombardi), uno dei maggiori teorici delle teorie razziste, suprematiste e antisemite con cui il fascismo cercò di avvelenare la mente degli italiani, a partire dai più giovani.
Una scelta, quella del Preziosi, che lo portò a divenire ministro nella Repubblica Sociale e poi, alla sua disfatta, a suicidarsi nel 1945.
In quest’articolo Giovanni Preziosi ci appare come un munifico filantropo, amante della numismatica e della sua Irpinia, anelante di vedere il Museo Irpino riempirsi di memorie di un passato da cui andare fieri.
Quanto l’animo umano sia pieno di contraddizioni è noto a tutti, ma anche come esso sia molto condizionabile, quando viene a mancare la libertà del professare la propria opinione. Il regime fascista con la sua macchina di propaganda, alla quale contribuì l’opera dell’irpino Giovanni Preziosi, giustificò nelle menti degli italiani la politica aggressiva contro altri popoli perchè ritenuti inferiori, come avvenne tra gli anni 30 e 40 nei confronti di etiopici, spagnoli, greci, slavi e russi, e di discriminazione di minoranze etniche e religiose, quali ebrei e zingari.
Il secondo documento risale a cinque anni dopo, esattamente 80 anni fa, nel gennaio 1941, rinvenuto tra i documenti scolastici dell’archivio della signora Marisa Cione, di Bagnoli irpino e facenti parte del fondo Domenico Cione – Anna Melillo.
Si tratta di un opuscolo stampato dall’’ufficio di Propaganda del Partito fascista, e inviato al personale scolastico, da far leggere o dettare agli alunni, avvelenando le loro menti con messaggi di superiorità razziale. Opuscolo messo in circolazione, paradossalmente, proprio in quel tragico gennaio 1941, quando la piccola Grecia, cui si sarebbero dovute spezzare le reni, metteva in ginocchio l’esercito italiano, ridicolizzando Mussolini e i suoi gerarchi.
Riporto qui di seguito i brani in cui è trasmessa l’idea razzista di “un popolo greco non più il popolo di razza ariana che aveva dato vita a Sparta e Atene, bensì un immondo rimescolio di razze inferiori, tra quelle di origine ebraica”. Messaggio infausto che con l’occupazione congiunta con i nazisti si tramutò nella deportazione e lo sterminio di qualche centinaio di migliaia di ebrei greci e tra questi la folta comunità di Salonicco, insediatasi nel Medioevo in fuga dalla cattolicissima Spagna così com’era avvenuto a Bagnoli Irpino.
“Giornale d’Italia , 4 aprile 1936 ( Arch St. B Petrone, fondo Irpinia)
Nuovi doni per il Museo Irpino
AVELLINO, 3. — li Prefetto gr. uff. Enrico Trotta, non pago d’aver dato alla nostra provincia un Museo ricco di interessanti cimeli e di opere d’arte di particolare interesse, concorre, con amore di irpino e con particolari doni, al suo incremento. Ha sopra Inviato, per la raccolta di minerali, un pezzo di cinabro ricco di mercurio, offertogli, nell’occasione dì una sua visita alle minie demaniali di Idria (Gorizia) nel giugno 1933. Ha poi voluto che si conservasse nel Museo l’atto che segna II primo passo per la sua fondazione: la lettera da lui fatta il 12 novembre 1933 al Preside della Provincia e al Podestà del capoluogo,nella quale faceva rilevare la necessità e l’utilità di una istituzione atta a documentare la storia e le vicende della nostra regione.
Dopo appena un anno il Museo era un fatto compiuto e si inaugurava II 28 ottobre 1934; il 14 settembre 1935, rapidamente sviluppatosi oltre ogni aspettativa, meritava la visita augusta di Umberto di Savoia. Intanto continuano ad affluire doni numerosi e spontanei. Il dott. Giovanni Preziosi, che tra le molteplici e nobili sue fatiche ha sempre vivo il ricordo e la passione per la sua Irpinia, ed è presente in tutte le iniziative che concorrono ad elevarne il tono morale e intellettuale, ha voluto mostrare Il suo fervido consenso per il Museo Irpino, cosi come incoraggiò e sorresse fin dall’inizio la Biblioteca Provinciale. Egli ha offerto una pregevole moneta della Magna Grecia: un didramma d! argento di Velia nella Lucania, fondata dai Foresi nel 540 a. C. La moneta è del IV periodo della coniazione velitina (anni 400-350), corrispondente att’età aurea dell’arte dell’incisione, come lo prova anche la sigla che con tutta probabilità è quella dell’artista Filatone, che fu con Cleorioro tra i più noti incisori di coni.
La famiglia Bucci di Bagnoli Irpino ha fatto ancora un nuovo pregevole dono al Museo, consistente in due monete auree assai rare.
Il Podestà di Pratola Serra dr. Antonio Arcone ha inviato un bel gruppo di monete di varie epoche.
A mezzo del cav. Cario Pandiscia, Podestà di Monteverde, il signor Antonio Gervasio ha donato quattro monete di bronzo. Il signor. Giovanni Cesa di Avellino, una moneta di bronzo della Magna Grecia.
Il commerciante dott. Francesco Iacuzio, podestà di Forino, ha ancora offerto tre statuette di bronzo, imitazioni perfette di sculture classiche e la riproduzione in bronzo di una lucerna pompeiana.
Il podestà di Montecalvo, cav.Ercole Caccese ha aggiunto al costume popolare da uomo già consegnato al Museo, un completo costume da donna con antichi bottoni di argento. Il podestà di Morra, De Sanctis cav. Ettore Sarni, ha inviato un costume da donna già in uso presso quelle popolazioni; due dipinti, quattro vasi di terracotta e sei monete antiche.
Il comm. Michele Rossi, podestà di Montemiletto, ha completato il bellissimo costume popolare da donna.
Il signor Tommaso Spagnuolo, podestà di Manocalzati, ha offerto un fucile con canne di bronzo, e il sig. Vittorio De Biasio di Avellino un fioretto antico”.
Bastardi mediterranei:
“ Se incontri un greco e un lupo, spara al greco e lascia il lupo. Proverbio siciliano”
Opuscolo a cura del Partito Nazionale fascista, gennaio 1941.
“La Grecia, fu definitivamente conquistata dai Romani nel 146 av. Cr. Ma già a quell’epoca, a più che duecento anni dalla scomparsa della civiltà periclèa, gli antichi elleni di pura razza ariana, che si erano affermati gloriosamente non solo nella Grecia propriamente detta, ma sulle coste joniche dell’Anatolia e soprattutto in quella Magna Grecia, che sfolgorò nell’Italia meridionale, erano, più che scomparsi, sostituiti in rapido avvicendamento da elementi semiti venuti dall’Oriente. …Si trattava, fin da allora, all’epoca, cioè, della cattura romana di Corinto, di una popolazione razzialmente degenerata…Che i greci odierni siano quanto di più degenere e di più contaminato si possa immaginare, lo dimostra il loro stesso carattere vacuo, ciarliero, presuntuoso, inconcludente. I più consumati conoscitori della Grecia moderna sono concordi nel dichiarare che vivendo nelle sue città si ha il senso di una vita senza base, labile e instabile, parassitaria e incongrua.
…Razzialmente degenere, storicamente e moralmente fedifraga, politicamente insincera e sleale, la Grecia odierna fa del puro e millantato credito quando si ricollega a tradizioni così sfacciatamente tradite. Chi ha visitato la Grecia d’oggi, ben conosce, nei suoi porti, le pietre consunte da un traffico immondo, le a mani tese dei mendicanti , il rìso ambiguo dei prosseneti …”-
Eppure quei mendicanti, quella razza degenere furono capaci di resistere e sconfiggere le aquile romane e i fasci littori delle legioni fasciste e poi organizzare una Resistenza accanita all’occupante nazifascista.
Antonio Camuso, Archivio Storico Benedetto Petrone
(da Fuori dalla Rete, Marzo 2021, anno XV, n. 1)