Al Museo PalaFrido di San Severino Lucano (PZ) una scultura di Maria Rachele Branca: la sua Vacca di Fuoco è stata presentata (anche) in ricordo di Maria Adalgisa Nicolai
Il PalaFrido, nascente Museo della Scultura in Terracotta e della Maiolica d’Arte Moderna e Contemporanea di San Severino Lucano, vede ora esporre, in via permanente, un’opera della scultrice irpina Maria Rachele Branca (Bagnoli Irpino, 1965). Andando ad implementare il corpus del Museo, la sua Vacca di Fuoco è stata presentata ed acquisita contestualmente ad altre opere di scultori meridionali che si confrontano con la materia ceramica. Nella promozione del Direttore Francesco Dattoli e di Dino Vincenzo Patroni, ideatore della rassegna tenutasi in concomitanza alla XIX Giornata del Contemporaneo, la collezione del PalaFrido intende dunque valorizzare la lavorazione contemporanea della ceramica «che diventa sempre più una forma d’arte nobile e non più la ‘Cenerentola’ delle arti visive, impropriamente ed ingiustamente considerata ancora da alcuni tra le arti minori», come dichiarato dallo stesso Patroni.
Effige antropomorfa modellata nell’argilla refrattaria, l’opera donata da Maria Rachele Branca racconta del territorio d’appartenenza con un acclarato sottotesto mitologico. Evocato dal folklore locale, che celebra l’antico legame tra l’uomo e il vigoroso animale dall’indole mansueta, il designato titolo “Vacca di Fuoco” va ad enunciare il proprio riferimento a Bagnoli Irpino e ai suoi caratteristici -quanto in origine brutali- festeggiamenti in onore di San Rocco. Qui, da tradizione, il 16 agosto, tra petardi e fuochi d’artificio, una vacca (ora) in metallo viene trainata da giovani mandriani in una sfilata in corsa a più giri tra le vie del paese. Ed è nel retaggio di questo patrimonio culturale dell’Irpinia che l’antropomorfismo al femminile della Vacca di Fuoco rimanda all’ancestrale culto di Iside, la dea-sacerdotessa della mitologia egiziana iconograficamente ritratta con le corna dell’animale, decontestualizzandone l’archetipo, simbolo di fertilità e maternità, in un’articolata disamina di genere. La silhouette della donna–vacca è infatti leggermente arcuata in avanti, a mostrarne i maltrattamenti subiti; le braccia, invece, sono protese a coprire il seno, come per proteggere quella fonte di vita che si vorrebbe umiliare.
In tal senso, la Vacca di Fuoco si rivela emblematicamente connessa anche al territorio di San Severino Lucano, in quanto terra d’origine di Maria Adalgisa Nicolai, la ricercatrice della Federico II di Napoli tristemente nota per una delle pagine più nere nella cronaca dei femminicidi: era il 27 luglio 2020, quando, a Portici (NA), l’ennesimo uomo si è arrogato il diritto di togliere la vita alla sua ex compagna e con una rara efferatezza le ha dissezionato il cuore. E proprio al suo ricordo, per l’occasione, Maria Rachele Branca ha voluto dedicare l’opera.
Rossella Della Vecchia
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